Parigi 2024

Trentasette ‘apolidi’ in gara e mille storie tormentate

Un Team dei rifugiati (comprendente anche Lobalu) per dar speranza a 100 milioni di persone. C'è pure Ramiro Mora, fuggito da Cuba con un circo itinerante

Svizzero a Roma, rifugiato a Parigi
(Keystone)
24 luglio 2024
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C‘è una nazione di 100 milioni di persone, tutte apolidi, ai Giochi di Parigi 2024, e il Cio le concede l'onore di sfilare alla cerimonia di venerdì prossimo dietro la Grecia, culla dell'olimpismo: è la nazione dei rifugiati, rappresentata nelle gare olimpiche da un team di 37 atleti per 12 discipline, breakdance compresa. Iran, Afghanistan, Sud Sudan, Eritrea, Camerun, Congo, Cuba, Venezuela, Darfur, Etiopia: Paesi in guerra o sotto il peso di regimi e di leggi autoritarie, atleti che fuggono in cerca di una vita migliore.

Saranno 23 uomini e quattro donne, la maggioranza (ben 13, oltre un terzo) provenienti dall'Iran. La prima volta fu a Rio 2016. Da allora il Cio ha ampliato il programma di assistenza, e la squadra per Parigi è cresciuta nei numeri.

Per loro, c’è il supporto di un programma specifico: quattro giorni prima di sbarcare a Parigi sono stati ospiti della Normandia e martedì, con il presidente Cio Thomas Bach, hanno lanciato un appello per la pace.

Tra loro mille storie. C’è Farida Abaroge, 30 anni, cintura nera di karate e calciatrice, scappata a piedi dall'Etiopia via Sudan, Egitto, poi Libia, e rifugiata in Francia; gareggerà nei 1'500 m. C’è Farzad Mansouri, portabandiera dell'Afghanistan a Tokyo e ora, a 23 anni, in gara nel taekwondo da rifugiato, dopo il passaggio per il campo profughi di Abu Dhabi e l'asilo nel Regno Unito: lotterà anche per il compagno di squadra di Tokyo, Mohammed Sultani, morto in un attentato suicida all'aeroporto di Kabul. C'è Ramiro Mora, sollevatore di pesi scappato da Cuba con un circo itinerante, prima di approdare a Parigi. C’è Maniza Talash, 21 anni, che fino ai 17 anni era costretta a praticare l'amata breakdance a Kabul solo a porte chiuse, e ora lo farà di fronte al mondo. C’è Cindy Ngamba, la pugile camerunense arrivata a Bristol a 11 anni e mai più rientrata perché nel suo Paese l'omosessualità è considerata un reato, e ora, secondo gli esperti, in lotta per una medaglia. Del Team dei rifugiati sarà anche la portabandiera nella cerimonia di apertura, assieme a Yahya Al-Ghotani, che sarà in gara nel taekwondo. In gara ci saranno anche due ‘italiani’: Iman Mahdavi, lottatore iraniano trapiantato a Milano, e il suo connazionale Hadi Tiranvalipour, che si allena a Roma per le sue Olimpiadi di taekwondo. Una Roma che ha pure fatto da sfondo alla doppia impresa di Dominic Lobalu, capace di regalare alla Svizzera il titolo europeo nei 10'000 m e il bronzo continentale nei 5'000 m. Ma a Parigi 2024, dove fanno stato altri regolamenti e altri requisiti, il 25enne originario del Sud Sudan andrà a rinfoltire i ranghi del Team dei rifugiati in quanto non ancora in possesso del passaporto rossocrociato.

Per tutti loro, Parigi è un sogno sportivo, per i 100 milioni che rappresentano, una luce di speranza.