Dal Massachusetts, l'ex biancoblù della nuova sfida dopo essere stato scartato (per ora) dai St. Louis Blues. ‘Sono ancora in hotel, ma sto cercando casa’
È atterrato in Missouri con una valigia piena di sogni. Ma un conto è fantasticare, un altro è riuscire davvero a realizzarli. Ci vorrà tempo e pazienza, e questo lo sa bene André Heim, il venticinquenne talento arrivato dal Berna nel 2021 ma sbocciato sul serio sul ghiaccio di Ambrì, dov’è diventato uno degli attaccanti più in luce, dall’alto dei suoi 61 punti (di cui 21 reti) in 97 partite. Dopo che, senza troppa sorpresa, nonostante le sue indiscusse (e indiscutibili) qualità, ha saputo che avrebbe dovuto cominciare la stagione agli Springfield Thunderbirds, il farmteam dei St. Louis Blues, ovvero la franchigia che ha deciso di scommettere su di lui. «Il punto è che non sai mai cosa può succedere – racconta dal Massachusetts il centro bernese –. Cercherò di dare il meglio di me, senza dare troppa importanza all’eventualità di tornare in Nhl. Credo che succederà da sé, se andrò in pista con gioia provando a influenzare il destino con le mie capacità. Per ora mi godo il tempo qui a Springfield: fino a metà mese vivrò in albergo, ma assieme al difensore svedese Leo Lööf (un ventunenne in arrivo dai finlandesi dell’Ilves, ndr) stiamo cercando un appartamento, perché vorremmo trovare un alloggio più confortevole, per sentirci a casa».
Una firma, quella dell’ex ragazzino che aveva mosso i primi passi nel settore giovanile dell’Unterseen di Interlaken, arrivata non proprio come un fulmine a ciel sereno in Leventina. Infatti, in primavera si rincorrevano da settimane le voci sul possibile interessamento dei Blues nei suoi confronti, al di là della semplice presenza di Claude Julien sulla panchina biancoblù in qualità di consulente (lui che degli stessi Blues è scopritore di talenti): infatti, alla Gottardo Arena s’era avvistato anche un altro personaggio noto, l’ex bianconero Tommy Sjödin, che altri non è se non il talent scout europeo di St. Louis – già, com’è piccolo il mondo! – avvistato il 20 gennaio in occasione di Ambrì-Kloten, prima di palesarsi a metà aprile in quel di Visp per l’amichevole internazionale Svizzera-Slovacchia, naturalmente con Heim ovviamente. E meno di un mese dopo – era l’8 maggio – il general manager dei St. Louis Blues, Doug Armstrong, ha ufficialmente annunciato che la franchigia del Missouri aveva offerto un contratto ‘two way’ al venticinquenne bernese, che ha così potuto coronare il sogno di volare negli States senza mai essere stato draftato prima. «E non ci ho pensato due volte – dice l’ex biancoblù –. Quando ho ricevuto l’offerta ho parlato a Nico Hischier e Gaëtan Haas, tra gli altri, i quali mi hanno detto ‘fa ciò che devi’».
Il primo impatto con la nuova realtà non ha posto troppi problemi. «Certo, ho dovuto fare i conti con le piste piccole e mi sono dovuto abituare al gioco, ma sin dall’inizio del campo d’allenamento direi che le cose sono andate bene, pur se ho sempre dovuto giocato all’ala». Del resto, Heim ha avuto l’indiscutibile vantaggio di incontrare al suo arrivo a St. Louis un personaggio che in Leventina non ha bisogno di presentazioni, quel Matt D’Agostini diventato uno dei ‘development coach’ ai Blues. «È stata una bella cosa. Avevo preso contatto con lui già in estate, mentre adesso lo sento regolarmente: è bello sapere di arrivare in un posto in cui conosci già qualcuno: mi ha reso la vita un po’ più facile, anche grazie ai suoi consigli, data la sua grande esperienza».
Poi, però, è arrivato il ‘doloroso’ momento dell’annuncio: André Heim comincerà la stagione in American Hockey League. «Al termine di un allenamento sono stato convocato dallo stesso Armstrong e dal direttore del personale, Tim Taylor, i quali mi hanno comunicato che mi avrebbero mandato a Springfield, dicendomi che avrei dovuto continuare lavorare duramente per giocarmi l’opportunità di tornare a St. Louis, sfruttando ogni occasione, come ad esempio quella di possibili infortuni ai Blues. A quel punto sono tornato in albergo e ho impacchettato le mie cose, poi il giorno dopo sono salito su un volo per Atlanta, e dopo altre due ore di viaggio sono arrivato ad Hartford, dove avrei giocato la mia prima amichevole con la maglia degli Springfield Thunderbirds. Ho dormito in un albergo vicino all’aeroporto, poi il giorno dopo mi sono trasferito allo stadio, che è davvero bello, e gli spogliatoi a dir poco perfetti: lì ho ritrovato parte dei giocatori che erano stati tagliati come me dal campo d’allenamento a St. Louis. Di quella partita, posso dire che è stato un buon match: ho avuto anche la possibilità di segnare, ma soprattutto ho infine avuto la possibilità di fare il centro, dopo aver dovuto sempre giocare all’ala durante il campo d’allenamento. E d’ora in poi spero di giocare come centro, perché è per quel ruolo che mi sono preparato».