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Anche stavolta Lugano a secco. ‘Servirà pazienza e tempo’

Due volte in vantaggio sul Friborgo, poi di nuovo battuto in rimonta. Come contro il Davos. Luca Gianinazzi: ‘Ma non credo sia un problema di condizione’

E dire che la doppietta di Bennett sembrava promettere bene...
(Ti-Press/Golay)
15 ottobre 2022
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Non bastano gli applausi che piovono dagli spalti. Dopo che già non erano bastati gli sforzi. Esattamente come il sabato prima contro il Davos, il nuovo Lugano dell’era Gianinazzi alla fine è costretto alla resa. Nonostante la pesante doppietta di Kris Bennett, il bomber che non t’aspetti. Il ventiseienne di Brampton, località dell’Ontario nota per aver dato i natali a Todd Elik, oltre che ai ben più affermati Rick Nash e Tyler Seguin, prima fa tutto da solo sfruttando un’improvvisa verticalizzazione di Riva (1-0 al 9’39"), poi con ottimo tempismo tocca alle spalle di Connor Hughes un centro profondo di Josephs dalla destra (2-1 al 33’05"). Quello è il momento migliore in un secondo periodo in cui, invero, è il Friborgo di Christian Dubé a far girare i dischi. Poi, quando sta per arrivare il cosiddetto money time, i bianconeri si piantano. Di nuovo: se contro il Davos il gol partita di Rasmussen era arrivato al 56’16", stavolta è il 53’32" quando Gunderson trova il modo di smarcarsi davanti a Schlegel, per la rete che tutto decide. Rubando il tempo a un Oliwer Kaski che nell’occasione non farà una gran figura, ma che in generale non sembra aver trovato davvero il suo ruolo all’interno del sistema bianconero.

Un vero peccato, perché pure contro il Friborgo il Lugano sembra partire bene, con un’inedita linea molto attiva formata dall’esuberante Zanetti (il giovane numero 11 dimostra di avere davvero dei buoni numeri), dal rientrante Josephs e dal citato Bennett, lo scorer ‘low cost’ ingaggiato per dare una mano ai Rockets, e che invece da quand’è atterrato alla Cornèr Arena in nove partite ha già totalizzato cinque gol (uno più di Granlund e Thürkauf, per capirci). Il problema è che quella buona spinta iniziale, con tanti duelli vinti e puck recuperati, finisce con lo spegnersi cammin facendo, in una serata in cui nel ‘top six’ le cose migliori, al solito, le mostra Markus Granlund, senza però che le prime due linee diano l’impressione di avere la stessa freschezza delle altre due. «Perdere non piace a nessuno, questo sicuramente, ma ho anche visto dei punti positivi, dei passi in avanti in quello su cui abbiamo lavorato durante la settimana, e ciò mi fa essere fiducioso – dice il giovane tecnico bianconero al termine della sua seconda serata in panchina –. Problemi di condizione fisica? Non penso: stavolta abbiamo sofferto molto di più nel secondo tempo che nel terzo, e paradossalmente a livello di gioco. Nel periodo centrale infatti siamo andati in difficoltà, mentre nell’ultimo a livello di occasioni ne abbiamo avute più di loro. Alla fine sono però i dettagli che fanno la differenza in questo sport, e abbiamo finito per pagarli a caro prezzo. Chiaro, dover giocare un altro tipo di gioco rispetto a prima è dispendioso, e noi vogliamo mettere tanta pressione sul disco e sugli avversari: questa abitudine a pattinare tanto va consolidata nel tempo, quindi abbiamo bisogno di pazienza e di tempo per costruire il nostro gioco».

L’ANNOTAZIONE

Porta pazienza

Il cronometro della Cornèr Arena segna tre minuti e quattro secondi di gioco effettivo, quando lo speaker annuncia che c’è un problema alla porta del Friborgo. A quel punto, come sempre accade quando una gabbia esce dai ritti, sul ghiaccio piomba un inserviente armato di trapano, che però nella fattispecie non è l’attrezzo più indicato. Anche perché la porta che dà problemi non è quella di Hughes, che difatti si sta tranquillamente abbeverando appoggiato alla gabbia: il difetto semmai è alla porta della panchina del Friborgo, che non si riesce più a chiudere. Il responsabile del materiale del Gottéron mima un calcione, come se stesse indicando che qualcuno abbia provato a chiuderla con eccessiva energia. Così un altro addetto della pista si mette a sistemare il problema alla bell’e meglio, ma la porta non vuol saperne di tornare al suo posto, quindi è costretto a smontarla e a portarla via per sostituire tutto il pezzo. Sul ghiaccio, intanto, i giocatori ingannano il tempo pattinando, e alcuni tra loro fanno anche quattro chiacchiere, come lo svedese del Friborgo Jacob de la Rose e Brett Connolly: magari uno dei due avrà detto all’altro ‘porta pazienza, prima o poi la riporta’. Invece non passa che qualche secondo e gli arbitri decidono di rispedire le squadre negli spogliatoi. Se al tirar delle somme quella sosta dura meno del previsto, non si può dire altrettanto di un primo periodo interminabile, durato addirittura tre quarti d’ora.