Con i conti che tornano, i biancoblù guardano avanti. 'Il futuro? Molte cose che non possiamo influenzare. Ma c'è tanta comprensione dai nostri tifosi'
«Senza pubblico sarebbe deleterio». Sulla ventilata ipotesi di un inizio di stagione con un massimo di mille spettatori (o addirittura a porte chiuse), il direttore generale dell'Ambrì Piotta Nicola Mona è d'accordo con la stragrande maggioranza degli altri dirigenti dei club di National League (probabilmente tutti): «Quello del numero di spettatori ammessi è un aspetto che non dipende ovviamente direttamente da noi, ma, comunque, sarebbe impensabile iniziare una stagione con la limitazione a mille spettatori a partita. Da una parte c'è la Lega, che detterà un concetto di sicurezza per quel che concerne l'aspetto operativo del campionato e delle singole partite, e dall'altro c'è l'autorità, Federale su tutti ma anche quella dei singoli Cantoni, che emanerà le sue disposizioni relative alle norme di sicurezza per il pubblico. In parole semplici, la Lega ci dirà come precedere per proteggere giocatori, arbitri e staff e quant'altro, mentre in ultima istanza il Cantone ci dirà con quanto pubblico si potrà giocare. Premesso che, appunto, con gli attuali soli mille spettatori ammessi alle grandi manifestazioni sarebbe impensabile cominciare il campionato, qualora venissero decise restrizioni di pubblico alle partite, logica vuole che la priorità la daremmo ai nostri abbonati».
Di fronte a questa prospettiva, l'eventualità di giocare davanti a curve senza spettatori, par di capire, non è qualcosa di così remota... «Oggi come oggi è prematuro fare questo genere di ipotesi. Il limite attuale è di mille persone per evento, e resterà in vigore fino al 30 agosto; e questa è la sola certezza che abbiamo. Ciò che succederà dopo quella data non lo sappiamo invece ancora...». Ma una decisione su come e, non da ultimo, quando iniziare il campionato, la Lega dovrà prenderla prima di quella data... «Ovviamente, e per questo è auspicabile che le autorità (federali prima e, in cascata, cantonali poi) si esprimano sull'argomento con un certo anticipo. Sono tutti aspetti che non possiamo influenzare direttamente, ma con cui siamo confrontati e che hanno il loro peso sulle decisioni che saremo chiamati a prendere in prima persona. In ogni caso cerchiamo di gestire la situazione con una filosofia proattiva, senza fasciarci la testa prima di averla (eventualmente) picchiata: sappiamo che sul tavolo ci sono diversi scenari, e faremo in modo di essere pronti per ognuno di questi. Come, appunto, nel citato caso che il campionato si inizi con un numero limitato di spettatori, privilegeremo gli abbonati».
E come stanno vivendo questo momento di incertezza i tifosi (segnatamente per quel che concerne il numero di spettatori che saranno effettivamente ammessi alle partite)? «Una prima incoraggiante risposta la stiamo avendo dall'andamento delle prevendite degli abbonamenti stagionali. Ho comunque avuto modo di constatare molta comprensione da parte di tutti i nostri tifosi, tanto quelli delle tribune, quelli delle lounge, o quelli appartenenti alla tifoseria organizzata: tutti hanno capito la particolarità della situazione e che, in ogni caso, ora come ora non abbiamo le risposte ai grandi punti interrogativi che gravano sulla prossima stagione. Il dialogo con i nostri sostenitori è costante: abbiamo avuto vari incontri con la nostra tifoseria organizzata, affrontando diversi temi, sia legati alla stagione entrante, sia più a medio termine, come l'occupazione degli spazi nel nuovo stadio».
È a metà agosto che la Lega deciderà se iniziare la stagione come previsto a metà settembre o se posticiparne di qualche settimana (o mese) l'ingaggio d'apertura. «E, se vogliamo, quel termine per certi versi è anche oltre il limite ragionevole se si considera che praticamente per tutte le squadre il training camp inizia nei primi giorni di agosto: quelle, secondo la normale tabella di marcia, sarebbero le ultime sei settimane di lavoro, lavoro a quel punto mirato specificamente all'inizio del campionato».
Il conto alla rovescia è innescato. Quella che dovrebbe iniziare a settembre (il condizionale è d'obbligo), per l'Ambrì Piotta sarà (e qui, invece, il condizionale non c'è...) l'ultima stagione alla Valascia. Che si apre con quali premesse? «Con un grande punto interrogativo, che è ovviamente quello della data di inizio del campionato. Cosa che, naturalmente, non dipende da noi... Siamo ormai in un contesto di incertezza generale, nell'impossibilità più assoluta di controllare direttamente le cose. Ciò che possiamo fare, e lo stiamo facendo, è valutare e preparare possibili scenari in modo da potere attuare quello più opportuno quando necessario. A questo proposito vediamo con molto piacere che c'è davvero parecchia solidarietà e supporto da tutti gli ambiti che ruotano attorno alla società, sia in termini di sponsoring, sia per quanto attiene alla vendita di tessere per la nuova stagione. Tra l'altro già da qualche giorno abbiamo superato quota duemila abbonamenti venduti. C'è un po' di prudenza da parte di tutti, è logico, ma il fatto che, nonostante l'incertezza dettata dalla pandemia, la prevendita delle tessere stagionali sia in linea, anzi, leggermente superiore alla passata stagione è da salutare come un ottimo risultato».
E come procede il cantiere per la costruzione del nuovo stadio? «Siamo molto soddisfatti dell'avanzamento del cantiere. Logicamente la pandemia e il conseguente lockdown hanno condizionato l'avanzamento dei lavori in primavera, ma siamo riusciti a mettere in atto delle misure correttive per recuperare questo ritardo sulla tabella di marcia (operai impiegati in due sciolte, impegnate anche il sabato): ora come ora siamo in linea con quanto previsto. Anche a livello di budget».
E proprio in materia di conti, sabato sopra la Valascia, in un cielo ingrigito dalla pandemia di coronavirus e da tutti gli strascichi che si porta appresso, si è rivisto un po' di sereno. Uno squarcio d'azzurro portato dalle notizie positive scaturite dall'assemblea degli azionisti dell'HC Ambrì Piotta SA. La stagione che si è appena conclusa i leventinesi l'hanno infatti terminata con disavanzo d'esercizio di 180 mila franchi, migliorando sensibilmente il risultato del campionato precedente (quando la perdita operativa era stata nell'ordine di 750 mila franchi). E questo nonostante un campionato monco, privato cioè dell'intero post-season e con una partita di stagione regolare (contro il Davos), giocata a porte chiuse. «E alla luce anche di queste premesse, il risultato d'esercizio per la gestione 2019/20 è da ritenere estremamente positivo: possiamo dirci più che soddisfatti - sottolinea Nicola Mona -. Questo risultato è da leggere come una progressione del trend positivo in atto da diverse stagioni. Sappiamo però anche che non siamo ancora arrivati dove vorremmo, ragion per cui c'è ancora da lavorare».
Il riferimento, ovviamente, è a quell'anelato pareggio di gestione che, forse, se non si fosse messo di mezzo il coronavirus, sarebbe già potuto divenire realtà nel campionato concluso in fretta e furia a fine febbraio... «Ciò che questa gestione ha dimostrato è che, comunque sia, alla Valascia questo traguardo è tecnicamente possibile. E ciò, logicamente, ci fa ben sperare per quel che concerne il futuro più prossimo e per quello a medio termine». Soprattutto in previsione del trasloco nel nuovo stadio, previsto prima dell'inizio del campionato 2021/22: «Con la nuova struttura il potenziale e le possibilità per fare un ulteriore passo avanti dal profilo economico sono ancora maggiori».
Non ci fosse stata la pandemia a guastare la festa, non solo quella sportiva, la chiusura gestionale in parità sarebbe stata un obiettivo alla portata? «Abbiamo discusso a lungo di questo tema, e ovviamente la controprova non l'avremo mai, ma c'erano buone probabilità di raggiungere questo obiettivo. Tutto sarebbe dipeso da quante partite avremmo giocato dopo il ranking round: ci fossimo fermati lì (cosa che sul piano sportivo rappresentava ovviamente il miglior scenario possibile), probabilmente il risultato non si sarebbe discostato di molto da quello effettivo, ma se avessimo giocato un paio di partite in più alla Valascia, al di là dello stress sportivo di dover ancora giocare per conquistare la salvezza, ci saremmo avvicinati ulteriormente alla parità gestionale, con discrete possibilità di ottenerla».
«Champions League e Coppa Spengler sono state prima di tutto un investimento sul piano sportivo. Tanto in Europa quanto a Davos ci siamo andati soprattutto per motivi di orgoglio sportivo e di prestigio, e dunque per maturare esperienze a livelli con cui non si è confrontati in una stagione normale. Non sapendo nel dettaglio cosa aspettarci, a Davos ci siamo andati adottando tutti gli accorgimenti atti a rendere interessante la missione Coppa Spengler. E, a conti fatti, è stata sicuramente una grande esperienza per tutti; del resto, se quest'anno ci torniamo qualcosa vorrà pur dire... Ma che l'avventura nei Grigioni abbia contribuito in modo significativo al risultato d'esercizio della passata stagione non lo posso dire. Sul piano sportivo, come pure dal lato organizzativo, pure la Champions League è stata un vero e proprio investimento: abbiamo imparato tantissimo da questo torneo. Chiaramente spostare una squadra e tutto il suo staff in giro per tutta Europa ha i suoi costi, non indifferenti, per giunta con compensi per le squadre decisamente modesti, se così vogliamo dire...».