Dopo l’addio di Vettel, l’arrivo di Porsche in Red Bull e la conferma di Alfa in casa Sauber, prima di una domenica su un circuito vecchia maniera
I quattro titoli mondiali lo rendono uno dei grandi piloti della Formula 1, e chi vi scrive può affermare per esperienza personale che il Circus perde un uomo profondamente perbene, molto sensibile sui temi sociali, attaccato in modo inconsueto alla famiglia, vero amatore del mondo delle auto anche come fattore culturale. Quando entrò in Ferrari e gli fu chiesto chi fosse il suo pilota preferito di un tempo, lui rispose Wolfgang von Tripps. Poi con candore ammise che il suo mito fosse Schumacher, di cui conservava ancora il poster affisso nella sua cameretta di giovane pilota di kart.
Sebastian Vettel è stato un fenomeno sin dagli esordi in F1 su Bmw in America, a Indianapolis, dove andò subito a punti. Sulla Toro Rosso che tanto aveva amato vinse poi il GP di Monza nel 2008, sotto un vero e proprio diluvio, grazie alla classe e al talento. È stato troppo spesso additato per avere vinto 4 Mondiali solo con la Red Bull inventata da Adrian Newey. Pari enfasi di detrazione non ha invece colpito la dominazione Hamilton con la Mercedes-Benz, parimenti perfetta.
Ora che ha deciso di ritirarsi alla fine della stagione, non si sa se Vettel resterà a vivere nell’amatissima e verde Turgovia, dove i figli vanno a scuola, ma conosciamo bene il suo attaccamento alle radici e alle relazioni. La ferita che mai sarà sanata di questo Signore delle piste è stata il comportamento beffardo e sleale di Mattia Binotto e della Ferrari nei suoi confronti, quando è venuto a sapere dai media di non far più parte del team. È qualcosa che va ben oltre i contratti e la forma, ma rientra semmai nel rispetto delle relazioni.
Per Vettel la Rossa era tutto, e il non essere riuscito a vincere lo ha addolorato profondamente. Lui che di carattere è meticoloso, preciso fino alla noia. E se qualcosa non quadra – questo il suo limite – perde la calma, diventa nervoso e, per usare un termine calcistico, persino falloso. In questo, il clima alla Red Bull e alla Toro Rosso lo ha sempre fatto sentire bene. Esattamente l’opposto del corridoio ministeriale nel quale ogni pilota Ferrari è costretto a vivere, con uno stile di conduzione del management molto differente per stile e cultura. Un rischio che anche la Sauber spesso corre con uno sponsor italiano. Rosberg ci ha detto una volta quanto la Ferrari sia il sogno di ogni pilota, ma parimenti che il sogno possa diventare un incubo per una fatica di galleggiamento che nessuno immagina.
Ora Vettel smette, onore a lui e alla dedizione dimostrata nel cercare di portare a buon livello Aston Martin, ove sognava di prendersi qualche rivincita verso Maranello che in lui non credeva. Non è andata così. Ma di lui restano imprese e risultati di specchiato valore: grazie, Seb.
Ci sono però anche altre notizie che hanno animato la viglia del GP d’Ungheria. La prima è che presto sarà annunciato che Porsche entrerà anche nell’azionariato di Red Bull F1, nella misura del 50%, e quindi intende non solo essere presente e mettersi in gioco come motorista, ma tornare ad assumere un ruolo molto attivo e presente con il marchio. Ciò che politicamente deve essere letto con particolare attenzione è che la casa di Zuffenhausen fosse molto coinvolta della Formula E, e abbia pure prodotto la Taycan, eppure dopo molte considerazioni abbia ritenuto che il palcoscenico ideale fosse quello della massima formula.
Di ieri invece l’annuncio del rinnovo della Alfa Romeo per il 2023 in Sauber: in verità il contratto ha scadenza nel 2024, ma è soggetto a decisione di rinnovo unilaterale ogni anno da parte dell’azienda franco-italiana, che proprio nella giornata odierna ha fatto la sua comunicazione ufficiale. E il suo Ceo ha affermato che se i risultati di ritorno dell’investimento non fossero all’altezza delle attese, nel futuro la decisione potrebbe cambiare. In questo senso va anche letto l’interesse per due team da parte di Audi, e uno dei due è quello di Hinwil. Non ci permettiamo di dire a che punto siano le trattative, ma le trattative comunque esistono e per molti trovano proprio nel team elvetico lo sbocco più adatto.
Infine, interessante la dichiarazione di Max Verstappen che ha incontrato il consenso di molti: il campione del mondo in carica parla di massimo 16 Gran Premi come format ideale per il Mondiale. Ha certamente ragione, in realtà la crescita esponenziale delle gare sottende alle richieste economiche proprio dei team, che a suo tempo (specie quelli minori) chiesero l’annullamento dei test privati molto costosi, rendendo de-facto il pre-gara il luogo ove provare le monoposto, risparmiando – e molto – sui budget.
Intanto a Budapest scordatevi i sorpassi, se non per il Drs, su una pista vecchia maniera, d’altri tempi, poco manutenuta. E per i piloti – ma solo alcuni – notevoli distrazioni a livello di curve, non in pista però.