Torna lo spettacolo e lo scintillio monegasco, dopo la polemica via social tra Hamilton e Horner e una livrea McLaren-Gulf che ha fatto impazzire la rete
È ovvio e banale affermare che il Gran Premio di Montecarlo rappresenti un'icona della storia della Formula 1: qui si corre dal 1950, praticamente da sempre, e soprattutto per quanto attiene gli anni '60 e '70 attorno c'era quel sapore un poco da film James Bond attorno ai piloti, che spesso erano degli sciupafemmine, fumatori che conducevano una vita diversa al di fuori delle corse, con sullo sfondo il casino, la bellissima Grace Kelly, le star, il denaro e le barche. Insomma una di quelle cartoline che a giusta ragione si sono scolpite in tanta memoria collettiva, pur se ovviamente non certo in quella delle nuove generazioni.
Ma come spesso dice Lewis Hamilton, a Montecarlo non si corre: infatti qui le monoposto si alzano, e i tombini vengono saldati nella speranza di limitare i danni. Qui, grazie al leggendario direttore Nogues, c'è la migliore sicurezza sui circuiti e il team di commissari più affiatato dell'intero Mondiale. Insomma tutto un poco fuori dalla norma, ma del resto Montecarlo lo è già come destinazione senza dubbio, e dunque ad esempio qui il venerdì sono solo chiacchiere e relazioni pubbliche. Mentre i giornalisti con qualche capello grigio rimpiangono il tempo in cui i piloti davvero dicevano qualcosa nelle interviste, e magari si lasciavano andare, dopo aver combinato marachelle nella notte. Oggi invece sono degli automi, inseguiti dal loro addetto stampa con registratore digitale e parlano del loro mestiere con la noia che pochi altri lavoratori a cottimo saprebbero esprimere. Le personalità, poche.
Ma un ma stavolta c'è, ed è la lite epistolare via social media tra Lewis Hamilton e Chris Horner, il team principal della Red Bull.
Il primo come ad ogni prova libera dichiara che la macchina vada così così, per poi regolarmente piazzare la zampata nelle qualifiche ufficiali. Quindi in gara per radio si lamenta di una serie di deficit della monoposto, che poi puntualmente si ripara da sola e per puro miracolo divino alla fine vince. Questa cosa Horner non lo sopporta per nulla, e ieri finalmente, ma anche il giorno prima in realtà, ha sparato un carico come a briscola. In buona sostanza ha accusato il britannico di giochini stupidi che divertono solo lui, e che loro, il team dei bibitari, certe cose non se le bevono. Aggiungendo, semmai, che lo stesso Hamilton deve preoccuparsi della costante ascesa di Verstappen. A onore del vero, nelle libere ha brillato un Leclerc che adora da sempre questo circuito, e che da vero cittadino monegasco, e non solo per ragioni fiscali, qui terrebbe molto a vincere. Ben sapendo che qui partire davanti significa facilmente anche vincere, perché le chance di sorpassare sono praticamente nulle, purtroppo.
In verità, molto bene hanno fatto entrambe le Ferrari, che risultano prime, ma nessuno sa il vero valore della prestazione, del carico, della benzina e via di questo passo: avendo ingegnerizzato a livello parossistico le monoposto, diventa poi molto difficile giudicarle nel loro complesso aerodinamico a occhio nudo, tali e tante sono le regolazioni digitali.
Hanno girato per contro non male le due Sauber, con Giovinazzi che continua ad avere tempi migliori rispetto a un Raikkonen che sente finalmente la pressione di un compagno di squadra a livello di cronometro.
Il marketing, come dicevamo, a Montecarlo è preminente, pur se a volte riesce a partorire una bella azione di comunicazione. La McLaren, che ha Gulf quale sponsor, ha deciso di regalare una mitica livrea azzurro arancio ai tifosi di tutto il mondo, portando una novità a livello visuale per il solo appuntamento monegasco facendo impazzire la rete. Vista sulla mitica Porsche 917 di Le Mans, celebrata dal film di Steve Mc Queen, altra icona storica per gli appassionati, gli stessi Norris e Ricciardo hanno ammesso di avere avuto un tuffo al cuore non appena hanno visto la monoposto con quella speciale livrea.
In fondo Montecarlo è un po' tutta qui: molta immagine, una cura maniacale dell'apparire, molto denaro, poco agonismo puro.
Eppure dal 1950 piace, e convince.