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Gli occhi di Murat che guardano già oltre

Massimo Immersi e Francesco Gabriele spiegano il lavoro degli scout rossocrociati incaricati di seguire le possibili avversarie negli ottavi di finale

(Luigi Pisino, Massimo Rizzo, Francesco Gabriele, Sasha Stauch, Massimo Immersi e Ilija Borenovic)
22 giugno 2024
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Manca un ultimo, piccolo passo, domenica a Francoforte contro la Germania, ma la Svizzera ha già più di un piede negli ottavi di finale di Euro 2024. Al momento attuale, si prefigurerebbe un secondo derby consecutivo: dopo quello con i padroni di casa, una prima sfida a eliminazione diretta contro l’Italia. Tuttavia, al termine della fase a gironi manca ancora un turno e molte cose potrebbero mutare. Murat Yakin e il suo staff tecnico, di conseguenza, devono essere preparati per ogni evenienza, anche perché lo spazio a disposizione tra una partita e l’altra non è mai molto, per quanto tra l’impegno di domenica a Francoforte e l’ottavo di finale trascorreranno come minimo sei giorni. Utilizzati da Yakin e dai suoi collaboratori per analizzare lo scouting dell’avversario e scegliere la tattica più appropriata per affrontarlo. E da dove arrivano le indicazioni necessarie? Dal lavoro svolto da sei allenatori delle selezioni giovanili, di stanza a Düsseldorf e impegnati a girare la Germania per carpire tutti i segreti delle squadre potenzialmente sul cammino della Svizzera. Sascha Stauch (U21), Ilija Borenovic (U19), Massimo Rizzo (U18), Luigi Pisino (U17) e Massimo Immersi (U15) rappresentano gli occhi di Murat Yakin e Giorgio Contini negli stati di Euro 2024.

«Ognuno di noi – afferma l’ex direttore tecnico del Team Ticino – si è fatto carico di una selezione che la Svizzera potrebbe affrontare negli ottavi di finale. Inoltre, ci sono altri cinque o sei analisti che lavorano direttamente dalla Svizzera».

«Loro – precisa Francesco Gabriele, ex tecnico del Bellinzona e coordinatore del vivaio rossocrociato – non hanno un vero compito di analisi dell’avversario, sono piuttosto incaricati di preparare il tagging a livello di immagini, in particolare nel caso in cui dovessimo chiudere al terzo posto di gruppo, perché in quel caso il ventaglio delle possibili avversarie si amplierebbe e da qui noi non le possiamo seguire tutte. In quel caso, lo staff tecnico dovrebbe rivedersi le partite, ma avrebbe per lo meno a disposizione delle sequenze già tagliate inerenti le squadre potenzialmente sul cammino elvetico . Se invece, come tutti speriamo, dovessimo chiudere al primo o al secondo posto avremo un confronto diretto con lo staff tecnico, al quale presenteremo le nostre valutazioni e le analisi delle prime tre partite. Alla fine, tramite una piattaforma apposita messa a disposizione dall’Uefa, raggrupperemo una settantina di momenti ritenuti indicativi delle caratteristiche di gioco dell’avversario, grazie ai quali evidenzieremo le situazioni tattiche, così come quelle tecniche dei singoli giocatori».

Un lavoro con doppia finalità

Il compito del gruppo di scout è in primo luogo di sostenere il lavoro dello sfaff rossocrociato nel contesto di Euro 2024, ma riveste anche una finalità a più ampio respiro… «È un progetto esistente da tempo, ma che nel corso degli ultimi anni si è sviluppato ed evoluto. Oltre a facilitare il compito di Yakin, per noi è importante provare a riconoscere tendenze nell'evoluzione del calcio moderno, per capire quali potranno essere le sfide del futuro, provare a dar loro una risposta e portare le conclusioni in seno alle selezioni da noi dirette. Nelle squadre di club ogni allenatore possiede le sue idee, ma oggi come oggi è fondamentale avere un’idea precisa di dove sta andando il calcio a livello internazionale. Occorre saper fondere la propria identità di gioco con quelle che sono le esigenze del calcio moderno».

Tutte le grandi federazioni da anni applicano una filosofia di gioco che sale dalle selezioni giovanili fino alla Nazionale maggiore. La Svizzera non è da meno… «Nonostante le differenze linguistiche e culturali – aggiunge Immesi – da noi è forse più facile rispetto ad altre realtà. Non possiamo pretendere che San Gallo e Servette giochino allo stesso modo, la mentalità è ovviamente diversa. Tuttavia, la federazione ha un’idea generale di come desidera lo sviluppo di un giocatore. Non si tratta di imporre un modello unico, ma di indirizzare le società verso un metodo di lavoro che, pur garantendo autonomia decisionale, raggiunga il risultato voluto dalla federazione».

L'erba del vicino non sempre è più verde

Sempre a proposito dello sviluppo delle nuove leve del calcio elvetico, la Svizzera forma soprattutto calciatori eccellenti a livello tattico, ma sono pochissimi i ragazzi che si illustrano per tecnica e fantasia… «Sono convinto che sia un aspetto culturale e sociale – prosegue Immersi –. Questo tipo di giocatori arriva dalla strada, sono degli istintivi che trascorrono le loro giornate con il pallone tra i piedi. Noi ne abbiamo pochi e, tutto sommato, può essere considerato un bene, in quanto ci dice molto su come è strutturata la nostra società. In altre nazioni, con contesti sociali e culturali diversi, questo tipo di giocatori cresce più facilmente. È un tipo di talento che a noi manca, ma questa carenza non ci ha impedito di qualificarci per otto delle ultime nove fasi finali. C’è da chiedersi cosa sia preferibile: prendere parte a tutte le grandi manifestazioni o avere un colpo di genio di quando in quando? Io opto per la prima».

«Non credo che in Svizzera potrà mai nascere un Messi – aggiunge Gabriele –, è un fatto culturale, la nostra società non è quella argentina. Come aveva affermato Dany Ryser dopo il trionfo della U17 ai Mondiali 2009, da noi non sarà mai il singolo ad avere successo, bensì la squadra. A cosa serve avere a disposizione un Haaland se poi non ci si qualifica mai per una fase finale? Purtroppo, abbiamo spesso la tendenza di andare alla ricerca di ciò che non possediamo, perdendo di vista ciò che invece abbiamo. Con la Francia siamo l’unica Nazionale europea ad essersi qualificata per gli ultimi cinque ottavi di finale. Sono dati dei quali troppo spesso ci scordiamo. E non dimentichiamo neppure che da noi i ragazzi maturano più tardi, lo si vede in tutti gli sport. Quando una squadra di Super League schiera un 21.enne ritiene di aver mandato in campo un giovane, per altre realtà come il Barcellona, i giovani hanno 16 o 17 anni. Attualmente, con la U21 stiamo ottenendo successo perché tutti militano in squadre di Super o Challenge League, ma nelle categorie inferiori vediamo la differenza con altre nazioni nelle quali il 17.enne o il 19.enne gioca con regolarità in tornei professionistici, ti accorgi subito che è più smaliziato e abituato a un contesto di livello superiore. Sono convinto che di ragazzi pronti ce ne sarebbero anche da noi e il Lucerna quest’anno lo ha dimostrato, con 14’000 minuti “regalati” a giocatori U21: purtroppo, però, la seconda classificata in questo ranking è ferma a 4’000 minuti e questo, ovviamente, non aiuta la crescita dei nostri giovani».

L'intensità avversaria e come arginarla

Ma torniamo al lavoro di scouting. Per quanto il torneo non sia ancora al giro di boa, è già possibile individuare qualche tendenza? «È presto per poter giudicare – prosegue Gabriele –, ma mi sembra che vi sia un certo ritorno alla difesa a tre, messa un po’ da parte dopo i Mondiali 2018. E c’è senza ombra di dubbio la conferma della centralità dell’intensità. L’Atalanta, ad esempio, da anni percorre con successo questa strada e mercoledì la Scozia ci ha messo in difficoltà proprio grazie alla pressione portata sulla nostra uscita palla, con la marcatura a uomo su Xhaka. In futuro, se le squadre dovessero continuare a pressare alto, si creerebbero degli uno contro uno su tutto il campo e allora si tratterebbe di capire come attuare la prima uscita di palla: contro la Serbia, ad esempio, l’Inghilterra ha deciso di andare lungo e affidarsi alle capacità di Kane di difendere palla anche sui lanci da 70 metri di Pickford».

«Questo per noi è un seminario a cinque stelle – afferma ancora Immersi –, una possibilità di crescita a livello sia personale, sia professionale. Una full immersion nel calcio, dalla quale raccogliamo una serie di spunti da riportare poi nella nostra realtà, nei club con i quali siamo sistematicamente confrontati».

I sei allenatori edll’Asf hanno la possibilità di assistere dal vivo alle partite di questo Europeo, tuttavia al giorno d’oggi non sarebbe strettamente necessario… «Ci sono sensazioni che puoi cogliere soltanto allo stadio, ma è vero che la tecnologia moderna permette di preparare analisi strutturate anche con il solo apporto delle immagini video. Uefa e Fifa mettono a disposizione su una piattaforma specifica le immagini televisive di tutte le telecamere disponibili, una partita può essere analizzata partendo da mille angolazioni diverse. Per il compito di scouting la nostra federazione si affida a noi allenatori, altre hanno idee diverse. Ad esempio, l’Italia possiede uno staff di scout impiegati a tempo pieno, i quali si occupano altresì di tenere i contatti con le selezioni giovanili e scoprire eventuali talenti. L’Asf ha preferito fornire i club con una telecamera per la technical review con la quale filmano le partite per poi caricarle su una piattaforma che al lunedì mattina ci permette di avere a disposizione tutte le immagini dalla U16 alla U21. E se un allenatore mi segnala un certo giocatore, in cinque minuti ho tutte le informazioni necessarie».

Gli scout hanno un protocollo ben preciso su quelle che sono le necessità dello staff tecnico… «Sappiamo esattamente cosa e chi osservare, in base alle direttive forniteci. Una volta tornati in albergo, tutto viene inserito sulla piattaforma apposita e si passa alla preparazione delle immagini significative della partita, delle analisi tattiche e delle valutazioni dei singoli giocatori. Detto così sembra poca cosa, ma un lavoro ben fatto occupa un’intera giornata».

Nella speranza che tutto il materiale raccolto non serva soltanto per aggiornare Murat Yakin in vista dell'ottavo di finale, ma torni utile pure nei turni successivi, perché no fino al 14 luglio…».