laR+ Calcio

‘38 anni fa scrivemmo una storia bellissima’

I festeggiamenti per i 120 anni dell’Acb sono culminati lunedì con la cena di gala, dove fra i molti invitati illustri spiccava il brasiliano Paulo Cesar

In sintesi:
  • La cena di gala per il 120° compleanno dell'Ac Bellinzona è stata l'occasione per incontrare il brasiliano Paulo Cesar, prolifico attaccante granata della seconda metà degli anni Ottanta, che ha ricordato con piacere quei tempi ormai lontani in cui al Comunale accorrevano anche 10-15mila persone
  • Fra i presenti anche Pier Tami, direttore tecnico delle squadre nazionali, che da giocatore vestì le maglie di Chiasso, Lugano, Locarno e Bellinzona quando tutte militavano nella massima serie, una cosa oggi semplicemente inimmaginabile
11 dicembre 2024
|

«Ringrazio Paulo Cesar per avere accettato il nostro invito. Ho visto la nostra gente, i veri tifosi granata, davvero felicissima di rivedere un amico come lui dopo tutti questi anni».

Parola del patron granata Pablo Bentancur, raggiante per essere riuscito a fare un bel regalo ai supporter del Bellinzona in occasione dei festeggiamenti per il 120° compleanno del sodalizio, culminati lunedì con la cena di gala all’Espocentro, dove tutti i posti sono stati occupati ovviamente dagli invitati, ma soprattutto dai tifosi più fedeli, che hanno deciso di stare vicini al club anche in questo modo.

Stella dell’happening, oltre che ospite d’onore, è stato proprio Paulo Cesar, che da giovedì scorso e fino a stamani è rimasto in città, stringendo moltissime mani e rievocando una stagione vissuta all’ombra dei Castelli davvero indimenticabile, quella del 1986-87 (30 presenza e 20 gol per lui), quando i granata giocavano in Serie A e richiamavano al Comunale anche 10 o 15mila spettatori, cifre oggi inimmaginabili.

La serata, impeccabilmente condotta dall’attrice e produttrice cinematografica Daniela Scalia, ha visto interventi di varie personalità sportive e politiche, e soprattutto ha permesso agli appassionati di rivivere quelle antiche emozioni.

‘Con Kubi ottima intesa’

«La città mi ha accolto benissimo, sono molto felice», ha confessato l’ex attaccante brasiliano, oggi 64enne. «È quasi impensabile vedere ancora tutto questo affetto, considerando che ho giocato qui una sola stagione e che sono passati quasi 40 anni. Sto vivendo un’esperienza magnifica». Ma cosa ricorda di quella squadra formazione granata? «Scrivemmo tutti insieme una bellissima storia, con molta allegria e togliendoci molte soddisfazioni. La squadra era composta da moltissimi giocatori ticinesi, un gruppo collaudato e compatto che aveva appena ritrovato la Serie A. Oltretutto, cercavamo di fare risultato attraverso un calcio gradevole, e dunque i tifosi erano doppiamente contenti». Vogliamo fare qualche nome? «Ricordo tutti i compagni. C’era molto impegno, molta voglia di vincere. Io mi sono trovato benissimo in attacco con Philippe Fargeon, che poi in dicembre ci lasciò per andare al Bordeaux. Ma mi intendevo a meraviglia pure con Kubilay Türkyilmaz, che prese il posto del francese e che ebbe lo spazio che meritava. Si vedeva che avrebbe fatto una grande carriera. E poi ricordo ovviamente il mio connazionale Mario Sergio».

Un pensiero per l’amico Mario Sergio

Gran bel giocatore anche lui, poi purtroppo vittima 8 anni fa dello schianto dell’aereo che trasportava la squadra brasiliana della Chapecoense, in viaggio verso Medellín per la finale della Coppa Sudamericana contro l’Atlético Nacional. «Un episodio davvero triste, una serata maledetta. Oltretutto, fu colpa grave dei piloti che, per risparmiare, non imbarcarono abbastanza benzina. Fra le vittime c’era un’altra persona che conoscevo bene, un giocatore passato dal mio Botafogo. Con Mario Sergio c’era un rapporto davvero speciale. Avevo giocato con lui già nel San Paolo, prima di ritrovarlo a Bellinzona. La sua morte mi ha reso davvero triste».

Dopo quella memorabile annata 1986-87, Paulo Sergio venne ingaggiato dal Grasshopper. «Al campionato svizzero sono rimasto molto affezionato, guardo sempre i risultati. Seguo soprattutto il Bellinzona, e spero che possa tornare nella massima serie, la gente lo meriterebbe. Dopo il grande successo in Coppa contro il San Gallo, credevo che allo stadio per Bellinzona-Vaduz arrivassero almeno in 3-4mila, invece erano molto meno. La squadra però mi è piaciuta, ho visto qualità». Degli anni trascorsi a Zurigo, invece, cosa ricorda? «Bella squadra, vincemmo campionati e Coppe, ma non riuscii a legarmi alla città e alla gente come feci qui a Bellinzona. Abitavo a 20 chilometri dal centro, coi tifosi era impossibile avere un rapporto. Frequentavo solo Ciriaco Sforza, che abitava vicino a me, Raimondo Ponte e Luca Pedrotti: con tutti e tre potevo parlare italiano, ma anche Andermatt si faceva capire in questa lingua».

‘Lo stile verdeoro? Scomparso’

E della sua carriera in Brasile, cosa ricorda con maggior piacere? «Nel mio cuore ci sarà sempre il Botafogo, la squadra che mi ha cresciuto e lanciato a poco più di 15 anni. Ancora oggi abito vicino al suo stadio. Ma sono molto legato anche al Corinthians e al San Paolo, dove ho giocato con campioni come Oscar, Serginho, Renato, Zé Sergio e il bravissimo uruguayano Dario Pereira, tutta gente che ha giocato i Mondiali. Vincemmo due campionati regionali e una volta chiudemmo il campionato brasiliano al secondo posto». Oggi chi sono i giocatori che guarda più volentieri? «Quelli dotati di classe, Neymar, Messi e De Bruyne».

Nell’ultimo anno e mezzo, Paulo Cesar ha allenato una piccola squadra, e oggi è in attesa di offerte per sedersi su un’altra panchina. Ma perché, gli chiediamo, il Brasile non vince più la Coppa del mondo da oltre vent’anni? «I nostri ragazzi più bravi partono per l’Europa troppo presto, giocano troppo poco con il tipico stile brasiliano, diventano a tutti gli effetti giocatori europei, e dunque è andata quasi scomparendo la nostra scuola. Sarebbe meglio se in Nazionale facessimo giocare i ragazzi rimasti in Brasile, ma purtroppo vengono convocati i più famosi, quelli che hanno firmato all’estero, i quali però hanno perso le nostre caratteristiche tipiche».

Tornerà di nuovo a Bellinzona? A rispondere è Pablo Bentancur: «Sarò felicissimo di invitarlo ancora. L’amore reciproco fra lui e la città è stupendo, lo dimostra anche questo Espocentro strapieno di gente. Volevamo rinfrescare un po’ la grande storia granata, e Paulo Cesar è senz’altro fra i giocatori più importanti fra quelli che hanno vestito la nostra maglia. Sono molto contento di questa presenza massiccia, e ringrazio tutti i presenti. Ho visto i bambini chiedere al papà o al nonno chi fosse questo signore, e loro potevano spiegare ai nipoti un po’ della storia granata proprio grazie alla presenza di Paulo».

Pier Tami: ‘Oggi tutto è cambiato’

Fra le personalità di spicco presenti all’evento, il direttore tecnico delle squadre nazionali Pier Tami: «Serbo bei ricordi di ogni squadra ticinese in cui ho giocato, e dunque anche dell’Acb. Ho avuto la fortuna di vestire le 4 maglie ticinesi sempre in Serie A. Quello in granata fu un bellissimo periodo, io arrivai poco l’anno di Paulo Cesar, ma era comunque una squadra vincente. C’erano Türkyilmaz, Mapouata, Hannes e Fregno. Con Depireux in panchina facemmo davvero un gran campionato. Oggi è tutto un altro calcio, ed è difficile immaginare per l’Acb gli stessi scenari. Noi giocavamo con un ambiente ultra entusiasta, davvero in grado di trascinarci, mentre oggi è il contrario: è la squadra che deve trascinare il pubblico al Comunale. Comunque, con 12 squadre in A e 10 in B, i granata oggi fanno pur sempre parte dell’élite, senza dimenticare che salire in Super League non è facile. Ci vogliono prima di tutto le infrastrutture, sia per giocare sia per allenarsi, ed è impensabile che ci sia qualcuno disposto a investire in una realtà senza stadio, e men che meno che metta i soldi per costruirne uno.

Le ambizioni devono dunque essere adeguate alla realtà». E Chiasso e Locarno, entrambe alle prese con la risalita dagli inferi, come son messe? «In Ticino c’è spazio al massimo per due squadre ad alto livello, anche se per me, idealmente, anche Lugano e Bellinzona dovrebbero collaborare, Quindi Chiasso e Locarno, giocoforza, devono dimenticare certi palcoscenici». Del Team Ticino, invece, cosa possiamo dire? È stato un mezzo fallimento oppure qualcosa da salvare c’è? «Il Team Ticino è stato una necessità, perché tutti i club erano falliti, e dunque per salvare i settori giovanili era indispensabile fare qualcosa. Affinché funzioni, il Team Ticino necessita di unità di idee e di progettualità. Non abbiamo abbastanza talenti per giustificare 4 settori giovanili, forse nemmeno 2. I migliori devono allenarsi e giocare coi migliori. Il Team Ticino ha fatto dunque il suo dovere, specie nei momenti in cui i club presentavano grosse difficoltà economiche».

Galia: ‘Coi giovani lavoriamo bene’

E visto che si parla di talenti, diamo parola anche a Roberto Galia, che in casa granata si occupa proprio della formazione: «Qui in Svizzera mi sono sempre trovato bene, ho sempre avuto buone sensazioni. A Chiasso, come qui nella capitale, ho trovato autentici amici». Oggi l’ex juventino ed ex nazionale italiano è responsabile di Footeco, culla dei talenti del settore giovanile granata. «Con questi ragazzi stiamo lavorando bene, dando un senso a ciò che facciamo e cercando di far crescere i giovani nel miglior modo possibile, tenendo ben presenti le linee guida della Federazione».

Fra le vecchia glorie granata, protagonista dell’ultimo grande periodo del Bellinzona, c’è anche Alessandro Mangiarratti, oggi tecnico dell’Yverdon: «È davvero una bella occasione per rivedere i vecchi compagni di squadra. Mi spiace un po’ constatare che ci sono diversi assenti, ma gli assenti hanno sempre torto. Per il 120° compleanno auguro alla squadra e alla società di ritrovare una grande solidità a livello strutturale. E poi vorrei che ci fosse un riavvicinamento coi tifosi. Sul campionato in corso, mi piacerebbe che il gruppo restasse attaccato al treno di testa fino alla fine. La classifica è corta, in Challenge League può sempre cambiare tutto velocemente: basta vincere 2-3 partite di fila per tornare a scalare la classifica, specie se hai una squadra di valore come il Bellinzona di quest’anno».