Ex giocatore e allenatore di football, il fondatore della Nike – e responsabile della diffusione del jogging – morì il 24 dicembre di 25 anni fa
Fu nel corso della notte di Natale di un quarto di secolo fa che Bill Bowerman venne a mancare. Aveva ottantotto anni, e la sua era stata una vita intensa. Era nato a Portland (Oregon) nel 1911 e, quando aveva appena due anni, aveva perso il fratellino gemello, che non sopravvisse a un incidente in ascensore. Da adolescente, brillante studente della high school dove conobbe la futura moglie, coltivò diverse passioni, soprattutto quella per il football americano, disciplina che gli valse una borsa di studio per la University of Oregon. E fu in quell’ateneo che, oltre a studiare giornalismo e a lanciare la palla ovale, cominciò a praticare anche la corsa.
Divenuto in seguito coach della squadra di football dello stesso college, che condusse al titolo statale, nel dicembre del 1941, dopo l’attacco di Pearl Harbour da parte dei giapponesi decise di arruolarsi. Sbarcato nell’Italia meridionale, risalì poi la Penisola combattendo i nazifascisti e, alla fine del conflitto, verrà congedato come maggiore, grado che gli permise, al rientro all’università, di diventare responsabile dell’intero dipartimento sportivo. E fu proprio in questa nuova veste che Bowerman iniziò a svolgere nel seminterrato della sua casetta ricerche su vari materiali: voleva sviluppare calzature che potessero giovare al massimo alle prestazioni.
Nel 1964, insieme al suo ex pupillo Phil Knight, Bowerman fondò la Blue Ribbon Sports, società di importazione e distribuzione di scarpe da corsa, disciplina che ormai – anche grazie alle sue numerose pubblicazioni – negli States aveva preso sempre più... piede. Non solo fra i giovani, ma pure fra i podisti amatoriali: Bill è considerato infatti fra i padri del jogging. Apportare modifiche a calzature prodotte da terzi, però, non gli bastava più: un bel giorno decise così di fabbricarsele da solo, e la Blue Ribbon fu ribattezzata Nike, brand destinato a dominare il mercato planetario degli accessori sportivi.
Nel 1972 a Monaco di Baviera è al nostro Bill, allenatore fra i più considerati al mondo, che l’atleta israeliano Shaul Ladany – sfuggito ai terroristi palestinesi che stavano perpetrando la strage al villaggio olimpico – si rivolse nel cuore della notte affinché qualcuno desse l’allarme. Ed è proprio grazie alla prontezza di riflessi dell’ex soldato Bowerman nell’attivare i soccorsi e nella protezione di altri atleti ebrei, fra cui il leggendario Mark Spitz, che era nel mirino dei tagliagole, se il bilancio delle vittime non fu ancor peggiore.
L’unico rimpianto del vecchio Bill? Non aver mai potuto correre – ironia della sorte – neanche un miglio calzando le sue iconiche creature: ossessionato dalla ricerca della massima leggerezza e di un grip estremo, lavorava in locali poco ventilati e a contatto di colle e solventi, e finì per contrarre una malattia al sistema nervoso che lo rese claudicante e assai rallentato nella deambulazione.