Matteo Tosetti, dopo che il presidente del Locarno ha detto di voler lasciare, riflette sul presente del club, sulla sua carriera e sulla sua nuova vita
All’indomani dell’assemblea dell’Fc Locarno in cui il presidente Mauro Cavalli ha comunicato l’intenzione di abbandonare la carica con la fine dell’anno solare, abbiamo contattato Matteo Tosetti, che la scorsa estate – dopo una lunga e intensa carriera – ha deciso di lasciare il professionismo, di cui cominciava a non più sopportare certi aspetti, e di tornare a giocare per le Bianche casacche, facendo in pratica ritorno dove tutta la sua avventura sportiva era cominciata.
La squadra come ha preso la notizia comunicata dal presidente e dal comitato, anch’esso dimissionario in blocco?
Gran parte di noi giocatori era presente all’assemblea, durante la quale mi sento di dire che non sono state prese decisioni definitive. Ovviamente il presidente Cavalli ha espresso la voglia di staccarsi dal club, ma parrebbe che potrebbe anche ripensarci. Lui ha fatto un lavoro enorme, portando praticamente soltanto con le proprie forze la squadra dalla Quinta lega alla Seconda interregionale. Ma ora è giunto a un punto in cui è davvero combattuto fra ciò che dice la testa e ciò che dice il cuore. Insieme al presidente, anche tutto il resto del comitato era dimissionario, quindi l’intenzione del club è quella di chiudere con la fine di dicembre tutto quanto fatto dalla presente composizione societaria. In realtà, Cavalli si è preso ancora qualche settimana per valutare 3 o 4 eventuali progetti e scenari che possano far pensare a uno spiraglio per poter continuare insieme, oppure se sarà il caso di cedere del tutto la mano, a patto che si tratti di un subentrante solido, cosa che al presidente sta molto a cuore. Cavalli è molto combattuto, queste saranno settimane decisive, si è preso il tempo per ascoltare e riflettere sul da farsi. Noi, come giocatori, cercheremo di convincerlo a restare almeno fino al termine di questo campionato, che vorremmo ovviamente coronare con la promozione, un altro passo verso la rinascita definitiva del Locarno, un regalo che lui davvero meriterebbe. E poi, se ancora lo vorrà, d’estate potrà perfezionare il passaggio di consegne societario. Lui ha davvero a cuore il club, lo ha dimostrato in mille occasioni. Lo conosco solo da pochi mesi, ma col presidente ho un ottimo rapporto. So che soffre, perché non è mai facile portare avanti da soli una società, in ogni categoria calcistica.
A livello personale, cosa puoi dirci di questi primi mesi in una nuova realtà, assai diversa da quella del calcio professionistico in cui si è svolta l’intera tua carriera?
Quella di continuare a giocare scendendo di alcune categorie è stata una scelta ponderata e condivisa con le persone che più mi stanno vicino. E ha permesso di togliermi di dosso davvero un grandissimo peso. Il mondo del calcio d’élite mi stava sempre più stretto, mentre ora vivo molto meglio le mie giornate, senza tutta quella pressione e tutto il marcio del calcio professionistico, un mondo che non mi sta mancando per niente. La transizione è dunque andata molto meglio di quanto potessi immaginare. Sono felicissimo della scelta fatta, non ho il minimo rimpianto, anche se in realtà potevo dare ancora tanto, visto che stavo molto bene fisicamente.
Immagino ci fosse parecchia delusione anche per com’erano andate le cose nelle ultime due stagioni al Bellinzona.
Certo, quei mesi sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma era già qualche anno che vedevo la direzione ormai presa dal calcio professionistico, e certo non mi piaceva. Al calcio ho dato tanto, e dal calcio ho ricevuto molto, non voglio certo sputare nel piatto dove ho mangiato per anni e che mi ha garantito la possibilità di praticare la mia passione. Gli ultimi tempi, però, per questioni non legate a ciò che avveniva in campo, sono stati abbastanza pesanti. Dover lottare anche per i diritti di noi calciatori – e per cercare di far funzionare le cose – era diventato un carico eccessivo. E così, anche per stare meglio a livello personale, ho preferito mettere fine al professionismo.
Definitivamente? Oppure è una possibilità che vuoi mantenere aperta, magari per ripensarci dopo un periodo di riflessione e di scarico delle negatività accumulate?
Non lo so: io amo troppo il calcio, quindi non è facile staccarsi del tutto. Anche per questo motivo ho voluto continuare col Locarno, proprio per ritrovare il piacere del gioco e della condivisione. Tengo aperta la possibilità di diventare allenatore, anche perché ho fatto tutti i patentini. Ma non è ancora il momento, devo staccare per un po’, e poi vedremo più avanti come muoverci. Del resto, ho anche un ottimo piano alternativo: lo scorso agosto una compagnia assicurativa mi ha contattato proponendomi di diventare suo collaboratore, soprattutto nel ramo della previdenza. Ho accettato al volo, anche per potermi staccare del tutto dal calcio. Questo lavoro mi ha preso parecchio, ho studiato intensamente, e mi piace davvero, anche perché ha a che fare con le persone e con una parte importante della loro vita e delle loro scelte. Sono stato fortunato di aver ricevuto un’offerta del genere, così come ringrazio la Rsi per l’opportunità che mi dà di collaborare sempre più spesso come opinionista nell’ambito del calcio. Oggi ho uno stile di vita del tutto diverso rispetto al passato, ora le mie giornate sono davvero piene, idem le serate per via dei miei impegni coll’Fc Locarno. Il cambiamento ci voleva proprio, mi sento davvero rinato.
Che bilancio puoi stilare dei tuoi anni da professionista? Credi di avere avuto tutto ciò che meritavi oppure ti manca qualcosa?
So di avere sempre dato il massimo, ovunque giocassi, anche se poi le cose non sempre vanno come si spera. Tirando le somme, sono orgoglioso di quanto fatto, anche perché non è facile per un ticinese imporsi per tanti anni nel massimo campionato. L’unico piccolo rammarico è non avere fatto un certo salto di qualità dopo le stagioni positive a Thun.
Intendi magari un’esperienza in un campionato estero?
Esatto, soprattutto per potermi confrontare a realtà e mentalità diverse dalle nostre, oltre che per verificare davvero il mio livello – e quello del calcio svizzero – rispetto a quello di altri Paesi.
Non sono arrivate le offerte o quelle giunte non valevano la pena?
Il problema è che qualche club ha tenuto nascosto le offerte ricevute, oppure non le ha accettate. Hanno fatto il loro interesse, e ci può stare, ci mancherebbe. Tante volte sono rimasto in una società e vedevo partire tutti gli altri, e un po’ mi faceva male. Del resto, è più difficile privarsi di un giocatore che crea gioco rispetto a qualcuno che la butta dentro. Comunque ripeto: mi ritengo fortunato e soddisfatto della mia carriera.
Oltre al Mondiale U17 vinto nel 2009 insieme a Xhaka, Rodriguez e compagnia bella, quali sono stati i momenti più importanti?
Ho raccolto soddisfazioni, grandi o piccole, in diverse stagioni. Può essere una salvezza raggiunta, oppure la promozione con la maglia del Lugano o ancora la gioia di giocare (pur perdendole entrambe) due finali di Coppa Svizzera. A livello personale, invece, sono fiero di essermi imposto come miglior assistman della Lega nelle stagioni a Thun, le migliori della mia carriera.