Jonathan Sabbatini, ex capitano del Lugano, sbarca a Bellinzona con sincero ottimismo e una gran voglia di essere ancora protagonista
«Proprio ieri, alla prima conferenza dei club a Berna, il Ceo del Thun ci ha detto: “Abbiamo capito chi dobbiamo temere quest’anno”, riferendosi ovviamente al Bellinzona. Lo ha detto un po’ ridendo, ma ha subito aggiunto: “Con Sabbatini, avete fatto un vero colpaccio”». È il presidente granata Brenno Martignoni ad aprire, con queste parole, la presentazione ufficiale del centrocampista uruguagio, che si è accordato con l’Acb per una stagione con opzione di rinnovo per un’ulteriore annata. Ed è proprio il Thun la squadra che, fino all’ultimo, ha tentato in tutti i modi di strappare una firma all’esperto giocatore. «Con Jonathan», ha aggiunto il dirigente, «vogliamo vincere dando spettacolo, per poter coinvolgere più possibile il nostro pubblico, che vuole tornare a sognare e a emozionarsi. I presupposti per andare lontano ci sono tutti».
E altrettanto ottimista sulle potenzialità del gruppo granata si mostra Sabbatini, nelle sue prime parole ufficiali da giocatore granata. «Sono davvero felice di essere qui, e ho moltissima voglia di fare bene. Spero che possa essere un anno importante per tutti». Il 36enne giunge sotto i Castelli da ex bandiera luganese… «Fra Lugano e Bellinzona c’è grande rivalità, com’è giusto che sia, ma devo dire che il Ticino intero mi ha sempre apprezzato e rispettato. Ogni volta che venivo a Bellinzona, magari per vedere una partita, venivo sempre accolto benissimo. A ogni modo, due squadre ticinesi competitive a livello nazionale possono fare soltanto del bene a tutto il movimento cantonale».
Com’è stato l’impatto col gruppo granata? «Conoscevo già molti dei ragazzi. In squadra avevo già alcuni amici, e spesso venivo a vederli giocare». E come sono stati i mesi intercorsi fra l’addio al Lugano e l’approdo al Bellinzona? «Fino a giugno si è trattato di un periodo particolare, perché eravamo ancora molto vicini a quanto era accaduto nella finale di Coppa persa contro il Servette. Sarà difficile dimenticare come si è conclusa quella partita. Io sapevo già, comunque andasse, che la mia avventura in bianconero sarebbe terminata, ma era impossibile nascondere il dispiacere che avevo dentro a causa di quel risultato».
Dopo Berna, hai ripensato più volte al tuo rigore sbagliato o al rigore che vi hanno negato in zona Cesarini? «Al mio errore, sicuramente. Il rigore negatoci era netto, ma in campo ci siamo detti che, se il Var non era intervenuto, significava che non c’era, e abbiamo continuato a giocare. Certo, vedere in seguito le immagini non è stato per niente bello. Ma a fallire le chance per vincere siamo stati noi, sbagliando ben tre rigori. E, magari, avremmo potuto sbagliare anche quel rigore all’ultimo minuto, se ce l’avessero concesso. Ora comunque, ripeto, sono molto tranquillo e contento di aver scelto Bellinzona. Tengo a sottolineare che la gente di Lugano mi è stata vicino sia per quanto successo a Berna sia anche adesso, quando ho deciso di varcare il Ceneri. Tutti sanno che ho sempre dato il massimo, e sanno pure che sono un professionista che deve fare delle scelte. L’importante è che tutti continuino a farmi sentire a casa, com’è sempre stato per me qui in Ticino».
Dove può arrivare questo Bellinzona? Il gruppo pare molto unito malgrado d’estate abbia subìto parecchi cambiamenti… «I presupposti per fare bene ci sono, la società ha fatto degli sforzi. C’è molta qualità, ci sono tanti giovani con carattere e personalità. Un squadra, poi, deve sempre essere accompagnata da una società forte e da uno staff importante, che sappia lavorare bene. A Bellinzona non manca nulla di tutto questo, e ciò rende molto tranquillo me e tutti i miei compagni. Noi ci crediamo, pur sapendo che ci sono altre squadre – come ad esempio il Thun – che possono ambire a fare un campionato importante. Resteremo coi piedi per terra, dunque, ma senza nascondere le nostre ambizioni, perché potrebbe essere davvero un anno importante».
Il club ripete da tempo che intende ristabilire i legami con la gente, con la città. Tu sei uno che ha saputo unire l’intero Ticino: la tua figura sarà importante anche in questo senso? «Spero di poter dare una mano. Creare un buon legame fra club e popolazione, fra squadra e piazza, è importante per tutti. Per avere un’altra squadra di alto livello in Ticino serve non soltanto la qualità in campo, ma anche la compattezza fra società e pubblico».
Passare dalla Super League al campionato cadetto, per un giocatore, è per forza un passo indietro? «No, anzi, è una cosa che a me mette ancora maggior pressione. So bene che, se gioco male un paio di partite, i tifosi cominceranno a dubitare di Sabbatini, ed è giusto che sia così. E sono pronto a queste eventuali critiche, anche se ovviamente farò di tutto affinché ciò non accada. Personalmente – e l’ho detto sia alla società sia all’allenatore – non sono venuto qua per fare una passeggiata, e tanto meno pretendo di avere un posto garantito da titolare. Non lo facevo a Lugano e non lo farò nemmeno qui. Ma di certo posso garantire che quel posto farò di tutto per guadagnarmelo».
Se Pablo Bentancur non fosse il tuo procuratore, oggi saresti ugualmente qua al Bellinzona? «Sì. Del resto, se non si fosse concretizzato il passaggio all’Acb, io a quest’ora vestirei la maglia del Paradiso, e questo ve lo può confermare il presidente Caggiano. Poi, è vero, con Bentancur ho un ottimo rapporto personale oltre che professionale. Lui mi ha dato tanto, è innegabile, ma entrambi sappiamo che ci sono cose che dobbiamo mettere da parte quando si tratta di lavoro. Io volevo continuare a giocare in Super League, ma la mia famiglia – specie i miei figli – hanno spinto per poter restare qua in Ticino».
L’accordo con l’Acb prevede la possibilità di avere un futuro come allenatore: significa che nel mondo del calcio, in futuro, ti vedi solo come tecnico o non escludi la possibilità di diventare magari dirigente o agente? «L’idea è fare l’allenatore. Aver giocato a un certo livello, però, non significa per forza diventare un bravo tecnico: ci sono esempi di giocatori fuoriclasse che hanno poi fallito da allenatori. Di certo, vorrei restare nel mondo del pallone: ho fatto il calciatore tutta la vita, questo è il mio ambiente, è ciò che conosco meglio».
Intanto, a margine della presentazione del nuovo numero 4 granata, Pablo Bentancur ha rivelato che il club è in trattativa con un altro giocatore assai interessante: si tratta di Frédéric Veseli, 32 anni da compiere, 45 presenze nella Nazionale albanese. In possesso del passaporto rossocrociato (ha fatto tutta la trafila nelle Nazionali giovanili elvetiche), è cresciuto nell’Yverdon ed è poi transitato fra l’altro da Manchester City, Manchester United, Ipswich, Lugano, Empoli e Salernitana. Svincolato, ha giocato l’ultima stagione in Turchia.