Partito con ambizioni di promozione, il Bellinzona si ritrova in una situazione molto delicata, in cui più che avanti dovrà guardarsi alle spalle
Spiegare le ragioni della crisi in cui da qualche mese è sprofondato l’Acb non è, per diversi motivi, un compito facile. E forse è addirittura impossibile. Innanzitutto perché la stagione dei granata – neopromossi nel campionato cadetto – era partita lo scorso luglio con grandi e giustificate ambizioni. Società, staff tecnico e giocatori infatti, al momento di illustrare gli obiettivi, parlavano apertamente di promozione nella massima serie. La formula rivoluzionata della Challenge League – che rende più facile l’accesso alla Super League – e la qualità dell’organico allestito dalla dirigenza lasciava margine per sognare. Gli acquisti estivi – e i ritocchi apportati in corso d’opera fino alla chiusura settembrina del mercato – avevano portato sotto i Castelli giocatori di comprovato valore. Souza, Chacón, Cortelezzi, Pollero, Berardi, Tosetti e Mihajlovic – per citarne solo alcuni – sarebbero titolari in molte squadre del nostro massimo campionato. Eppure questi uomini, che presi singolarmente avrebbero tutti i requisiti per ambire al salto di categoria, a livello di collettivo non sono mai riusciti a diventare una vera squadra. Ad esempio, non si è mai visto un autentico leader, benché gli elementi di personalità non manchino. Specie nei momenti di difficoltà – che sono stati tanti – mai nessuno ha avuto il coraggio o l’interesse di caricarsi l’intero gruppo sulle spalle, urlando e spronando i compagni per dare loro fiducia, per aiutarli o per responsabilizzarli.
Di chi è la colpa? Di certo, nessuno dei molti allenatori succedutisi in stagione sulla panca granata è finora riuscito a trovare la quadra, né a livello tattico né a livello di gestione di leader e comprimari. Del resto, quando le cose cambiano così spesso, la vita non è facile per nessuno, né per chi parte né per chi resta. Il problema dei troppi gol subiti, ad esempio – manifestatosi già dalle primissime giornate – non è mai stato risolto benché si sia più volte stravolto il modo di difendere e malgrado l’innesto di nuovi giocatori in retrovia. Il difetto, per quanto grave, nei primi mesi veniva mascherato dal fatto che, comunque, la squadra riusciva poi a metterci una pezza andando a segno a sua volta con una certa regolarità. Ma poi, purtroppo, le bocche di fuoco sono andate spegnendosi inesorabilmente, e ai gol presi non si è più stati in grado di porre rimedio.
Ai granata, va detto, non hanno certo giovato gli infortuni – specie quelli occorsi ai portieri e a capitan Cortelezzi – e nemmeno gli errori arbitrali, che in un certo periodo della stagione parevano verificarsi con una frequenza a dir poco sospetta. A lungo l’Acb ha pure mostrato il difetto di non trovare continuità nei risultati: l’alternarsi fra prestazioni buone e pessime ha infatti caratterizzato il cammino granata lungo quasi tutto il girone d’andata. Ora, è vero, il problema della discontinuità non si ripropone più, ma solo perché da qualche mese a una sconfitta segue immancabilmente un’altra débâcle!
I numeri, del resto, sono impietosi: l’ultimo successo del Bellinzona risale all’ormai lontanissimo 30 ottobre 2022, 2-0 in casa contro il Vaduz. Dopodiché, nelle seguenti sette partite, sono arrivati un solo pareggio e ben sette sconfitte, con tre misere reti all’attivo e ben 14 incassate. Con un simile ruolino di marcia, dalle zone alte della classifica i granata sono inevitabilmente precipitati nei bassifondi, al terzultimo posto, col secondo peggior attacco del campionato e con la peggior difesa in assoluto.
Ai dirigenti granata si può forse segnalare il fatto di non essersi finora troppo integrati nel tessuto cittadino – e di fare tutto in totale autonomia – ma certo alla famiglia Bentancur non si può rimproverare nulla dal punto di vista dell’impegno finanziario: tutto ciò che hanno realizzato era volto al bene del Bellinzona, alla crescita del club e della squadra, che avrebbero tanto voluto riportare nell’élite del calcio nazionale già al primo tentativo, centrando una doppia consecutiva promozione.
Allo stato attuale delle cose, però, pare evidente che i sogni di gloria vadano riposti nel cassetto e che, anzi, si debba cominciare a guardarsi alle spalle. Ora i granata sono come detto terzultimi, con cinque lunghezze di vantaggio sul Vaduz e dieci nei confronti dello Xamax fanalino di coda. Il margine pare ancora rassicurante, e probabilmente lo è davvero, ma nel calcio – si sa – può succedere di tutto, lo abbiamo visto molte volte, specie quando sei ormai entrato in una serie negativa che pare non finire mai e alla quale si fatica a trovare una via d’uscita. Lottare per non arrivare ultimi – ed evitare dunque lo spareggio per non retrocedere contro la terza della Promotion League – non è mai facile, e lo è ancor meno se avevi cominciato la stagione con ambizioni ben diverse, praticamente agli antipodi. Giocatori di valore a Bellinzona – e tempo per invertire la rotta – ce n’è in abbondanza, la seconda metà dell’annata in fondo è appena iniziata, e dunque lo spauracchio della retrocessione è davvero lontano.
L’importante, a questo punto, sarà soprattutto non farsi trascinare ulteriormente nella spirale nefasta in cui i granata hanno già infilato un piede. Fondamentale sarà il lavoro del tecnico Maccoppi, che è esperto e preparato. Più che a livello tecnico, dovrà agire sugli stimoli e sulla personalità degli uomini di cui dispone. Da ognuno dovrà saper cavare il meglio, e soprattutto dovrà scegliere un modulo che dia solidità alla fase difensiva per evitare di continuare a subire gol – e quindi a perdere partite – per colpa delle palle ferme, pecca mostrata quest’anno in troppe occasioni. Risolto questo problema, bisognerà però ritornare a fare i gol (zero nelle ultime quattro gare), senza i quali, per forza di cose, lontano non si può andare.