Il ticinese alla guida della Svizzera U21 ci svela il segreto di una selezione capace di vincere 9 partite su 9 e staccare il biglietto per i prossimi Europei
Per una Svizzera (quella di Vladimir Petkovic) che non vince da ormai sette partite e che sta lottando per non retrocedere, ce n’è un’altra che sta vivendo un momento diametralmente opposto ed esaltante, reduce da nove successi in altrettante partite e con già in tasca un biglietto per gli Europei di categoria del prossimo anno. Già, proprio quella rassegna continentale U21 che la selezione giovanile rossocrociata aveva raggiunto per l’ultima volta nel 2011 in Danimarca, dove si era inchinata solo in finale contro la fortissima Spagna. A guidare quella squadra, guarda caso un tecnico ticinese, Pier Tami.
«È una bella casualità che però sottolinea come in Ticino abbiamo ottimi allenatori – afferma sorridendo l’attuale guida tecnica della Svizzera U21, l’ex attaccante del Bellinzona e della nazionale rossocrociata Mauro Lustrinelli –. La formazione in Svizzera è sempre di altissimo livello, tanto che per ogni torneo di qualificazione a un grande appuntamento abbiamo la possibilità di presentare una selezione competitiva che se la può giocare. Negli ultimi anni per svariati motivi non era andata bene, ma questo non significa che i giocatori non erano validi. Basta guardare come molti di quegli elementi – ad esempio i vari Zakaria, Embolo, Edimilson Fernandes, Ajeti, Elvedi, Itten – oggi giocano nella selezione maggiore. I nostri successi sono un'ulteriore conferma di come in Svizzera si stia lavorando bene a livello di formazione».
Un lavoro che come detto è finalmente tornato a rispecchiarsi nei risultati, ottenuti certo grazie a individualità importanti – su tutti i vari Racioppi, Cömert, Bamert, Lotomba, Domgjoni, Toma, Okafor e l’attacco stellare con Guillemenot (2 gol in questa campagna), Ndoye (4) e Zeqiri (9) –, ma anche e soprattutto grazie alla forza del gruppo… «Abbiamo voluto costruire qualcosa di importante con questa generazione, investendo davvero tanto nel nostro progetto, che abbiamo denominato “mission 21” e che rappresenta molto più di un obiettivo, è uno stile di vita. In particolare abbiamo puntato molto sul gruppo squadra e sulla sua identità, volevamo dare ai giocatori la possibilità di potersi identificare in qualcosa di molto forte, che va oltre al vincere o perdere e che potesse unire ragazzi con origini e lingue differenti. L’obiettivo primario è stare bene insieme e solo come conseguenza di questo riuscire poi a prepararci al meglio per provare ad andare oltre ai nostri limiti e vincere le partite. Direi che ci siamo riusciti, visto che proprio la forza del gruppo è il principale atout di questa squadra e un paio di vittorie – ad esempio l’ultima con l’Azerbaigian, ottenuta nel finale contro una formazione molto organizzata e avendo la qualificazione già in tasca, per nulla evidente – sono state prettamente frutto di questa forza».
Un’unione costruita partendo dalla fiducia e attraverso un lavoro che va oltre gli sporadici raduni durante una stagione… «Sin dall’inizio abbiamo capito che questi giocatori avevano grande fame e voglia di raggiungere qualcosa di importante e bisogna dire che sono stati bravi a fidarsi subito di me e dello staff, ci hanno creduto e insieme, aiutati evidentemente dai buoni risultati, siamo riusciti a costruire tutto questo. Come? Non è facile, stiamo insieme circa 40 giorni all’anno, ma questi rappresentano solo la punta dell’iceberg. Il lavoro più grande viene effettuato fuori da queste “finestre”, quando i giocatori sono nei rispettivi club: ci teniamo costantemente in contatto con loro, li osserviamo, li sosteniamo. Personalmente mi sento una sorta di mentore nei loro confronti, sono sempre informato in quanto i contatti sono praticamente settimanali. E questo da ormai due anni. Tutto ciò ha portato a creare un’empatia e a un rapporto tale che quando i giocatori vengono in nazionale sanno già cosa devono fare ma soprattutto lo fanno con piacere, hanno voglia di tornare in gruppo. E non mi riferisco solamente ai 23 convocati a ogni partita, bensì al gruppo nella sua totalità, che comprende una trentina di giocatori (lo stesso numero di elementi scesi in campo durante queste qualificazioni) che seguiamo da vicino. Abbiamo voluto far sentire coinvolti nel progetto tutti e non è un caso se chi è entrato a partita in corso quasi sempre è risultato decisivo. Chi fa parte di questo gruppo sa che può essere determinante in ogni momento e l’obiettivo era proprio creare un’identità tale da poter sopperire alle varie assenze, tra convocati con la nazionale maggiore e infortunati, senza appunto modificare l’identità della squadra».
Gruppo del quale fa parte anche un ticinese, il centrocampista del Lugano Stefano Guidotti, che dopo aver esordito a marzo 2019 in amichevole contro l’Italia U20 si è seduto in panchina nel 4-1 inflitto alla Slovacchia lo scorso settembre, prima di rimanere di picchetto nelle ultime convocazioni… «Stefano fa parte del nostro gruppo, per il resto al momento non ci sono altri ticinesi nella nostra orbita, ma questo non significa che in Ticino non si stia lavorando bene, anzi. C’è inoltre da dire che di giovani ticinesi che giocano in Super League non ce ne sono tantissimi e lo stesso Lugano pur avendo anche dei giovani interessanti in rosa – di picchetto dei bianconeri c’è anche Christopher Lungoyi – punta molto sull’esperienza, di conseguenza non è facile per i ragazzi del nostro cantone emergere e farsi trovare pronti per giocare a certi livelli. In ogni caso siamo molto attenti e la porta è sempre aperta per chi sta facendo bene e potrebbe portare qualcosa al nostro gruppo».
Ultimo step prima del salto tra i "grandi", in casa U21 si guarda con attenzione a quanto capita alla Nati... «Con la nazionale maggiore c’è un filo diretto, una sorta di complicità, perché è dove questi ragazzi vogliono arrivare e dove giocano già alcuni U21. Guardiamo sempre assieme le partite e chiaramente si soffre quando la si vede fare fatica, ma bisogna anche tenere in considerazione la forza dell’avversario e anche il fatto che ci sono dei periodi in cui pur facendo tutto bene, i risultati non arrivano. Come U21 è anche utile analizzare quello che succede alla selezione maggiore e prendere spunto, anche perché lì le cose vanno molto più veloci che da noi ed è giusto che i ragazzi se ne rendano conto».
Veloce, ne siamo certi, si andrà anche questa sera a Caen (ore 21) dove i rossocrociatini sfideranno la Francia, che li insegue a tre punti di distanza dopo il 3-1 in favore di Zeqiri (doppietta) e compagni scaturito all'andata a Neuchâtel. Entrambe le formazioni hanno già in tasca il biglietto per Euro 2021, ma "Lustrigol" si aspetta comunque un match molto combattuto (per difendere il primato gli elvetici devono evitare di perdere 2-0 o con 3 o più reti di scarto)... «È una partita molto attesa da ambo le parti, perché ci si gioca il primo posto ma soprattutto in quanto molti elementi delle due selezioni giocano assieme in Francia ed è già da diverse settimane che si punzecchiano. Una sfida molto bella tra due squadre che hanno fatto benissimo finora ed è un peccato che si disputerà senza pubblico. In ogni caso come sempre scenderemo in campo per vincere e senza fare calcoli».
Poi, si potrà cominciare a pensare alla fase finale che si disputerà in Ungheria e Slovenia in due momenti distinti: dal 24 al 31 marzo le sedici qualificate si sfideranno suddivise in quattro gironi da altrettante squadre e le prime due di ogni gruppo accederanno alla fase finale a eliminazione diretta in programma dal 31 maggio al 6 giugno 2021.... «La fase finale è vicina ma allo stesso tempo, anche per colpa di questa storia del Covid, molto lontana. Il dieci dicembre ci sarà il sorteggio, vedremo le nostre avversarie e poi proveremo a fissare un obiettivo. E a pensare a come vincere anche quelle tre partite».