Calcio

Pazienza Lugano, il Barça è un'altra cosa

La mancanza di risultati e la pretesa di un gioco migliore non devono far dimenticare quanto fatto di buono, anche da mister Celestini.

24 settembre 2019
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L’ultima stagione iniziata e finita dal Lugano con lo stesso allenatore? Quella 2015/2016 targata Zdenek Zeman, colpo a sorpresa del presidente Angelo Renzetti per il ritorno, dopo 13 anni di assenza, nella massima serie del calcio elvetico. Allora era stato il boemo a lasciare Cornaredo dopo la salvezza conquistata all’ultima giornata (e una finale di Coppa Svizzera persa). Poi una lunga serie di avvicendamenti a stagione in corso voluti da uno scontento numero uno bianconero: da Manzo a Tramezzani (che a sua volta disse addio a fine campionato dopo aver guidato la squadra al terzo posto sinonimo di Europa League) a metà 2016/2017; da Tami (il quale aveva però in maniera clamorosa ma piuttosto chiara “favorito” il suo esonero con dichiarazioni autolesioniste) ad Abascal nell’aprile 2018; dallo spagnolo a Celestini già nell’ottobre dello stesso anno.

E adesso? La storia si ripeterà? Dopo una prima stagione in cui la coppia Celestini-Renzetti è sembrata una delle più affiatate di sempre, tanto da superare una lunga serie di risultati negativi (8 partite senza vittoria) per riportare il club al terzo rango e in Europa, l’idillio è già finito e ci sarà l’ennesimo cambio in corsa? Molto lascerebbe presumere di sì, a cominciare dai precedenti appena elencati, così come dalle dichiarazioni dello stesso numero uno bianconero, che in particolare ha criticato la mancanza di gioco della squadra (la stessa che era costata il posto ad Abascal). Sempre nelle parole di Renzetti, tanto dopo la partita di Europa League a Copenaghen quanto dopo il pareggio di domenica con il Lucerna, ci sta però la speranza che per una volta – spinto anche dall’anno e mezzo di contratto che ancora rimane al tecnico vodese (differenza sostanziale rispetto ai suoi predecessori, tutti “prenotati” per un solo anno) – l’imprenditore locarnese conceda tempo e fiducia supplementari al suo allenatore. «Ho ricevuto un messaggio importante, la squadra c’è e credo nell’allenatore, non conto certo le sconfitte per esonerarlo», ci aveva detto venerdì, mentre domenica a ben vedere più che su chi stava in panchina ha puntato il dito contro chi è sceso in campo: «A sbagliare le rimesse sono i giocatori, il primo tempo è stato inguardabile» e «quando faccio le mie valutazioni guardo il quadro generale». Poi certo, Renzetti rimane Renzetti e dal “près” ci si può aspettare di tutto, per cui intuire se e quando deciderà di esonerare Celestini è forse esercizio impossibile e alquanto inutile. Più giusto forse allora provare a capire se effettivamente una tale mossa avrebbe senso adesso, e in questo caso la risposta è più no che sì. Innanzitutto, trovare una valida alternativa rapidamente e con così tante partite ravvicinate (4 in 10 giorni) non è per nulla scontato, oltretutto considerando che la qualità si paga e ci sarebbe appunto anche il contratto del vodese da onorare fino a giugno 2021. Ma non è nemmeno corretto ridurre il tutto a una questione pratica/finanziaria, perché comunque se è vero che in questo momento i risultati latitano (un solo successo nelle ultime 7 partite e vittoria in campionato che manca ormai dal 4-0 a Zurigo nell’esordio stagionale del 21 luglio), in particolare a inizio stagione si sono visti sprazzi del Lugano che tanto aveva convinto nel passato campionato concluso solo alle spalle di Young Boys e Basilea, meritando elogi un po’ da tutti (presidente compreso). E non stiamo parlando del calcio champagne che di colpo qualcuno vorrebbe vedere a Cornaredo ma che in fondo nessuno ha mai promesso, bensì di un’organizzazione difensiva solida e delle verticalizzazioni su cui lo stesso Celestini fin dal suo arrivo ha puntato (“papam”, aveva ripetuto fino alla noia ai suoi giocatori nel suo primo allenamento), guarda caso arma vincente anche di Alioski, Sadiku e compagni nell’altra storica cavalcata valsa il terzo rango e l’Europa nel 2017.

Tutto cancellato nel giro di pochi mesi? Impensabile, piuttosto l’innesto di nuovi giocatori (ben 8 di cui 4-5 titolari) ha richiesto di ricreare l’amalgama alla base del successo dell’anno passato, un processo – così come l’idea del tecnico di fare un passo avanti proprio nel gioco, ambizione che sarebbe ridicolo usare “contro” di lui – rallentato però (anche) dalla mancanza di risultati. E segnali in questo senso sono arrivati pure dalle dichiarazioni di capitan Sabbatini, colui che il gruppo lo conosce meglio di chiunque altro e che si è apertamente schierato accanto al suo allenatore nell’accusare alcuni elementi (appunto i nuovi) di non avere l’atteggiamento giusto. Come dire che anche cambiando allenatore, il problema rimarrebbe e anzi, se davvero ci fosse una spaccatura all’interno dello spogliatoio, rischierebbe solo di enfatizzarsi e il Lugano dovrebbe ripartire da zero, con tutti i rischi del caso. Meglio quindi credere in Celestini e in quello che oggettivamente ha creato (un gruppo solido con una precisa idea di gioco, sì) in quasi un anno alla guida della squadra, concedendogli il tempo di continuare a lavorare e magari ripetere il miracolo. Già, perché per quanto buona possa essere la rosa bianconera, il Barcellona è un’altra cosa...