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Nel regno dei Grandi Vecchi, in attesa di Cooper Flagg

Scatterà questa sera la stagione della Nba che, accanto ai Celtics campioni in carica e a celeberrime star, propone nuovi protagonisti in rampa di lancio

In sintesi:
  • Come da tradizione, l'ultima settimana di ottobre torna di scena l’Nba, il campionato di basket più prestigioso al mondo
  • Si riparte con Boston – detentrice del titolo – di nuovo favorita per il successo finale, anche se non mancano gli outsider
  • In attesa della definitiva consacrazione di Victor Wembanyama e dell'approdo – l'anno prossimo – dell'astro nascente Cooper Flagg, la Lega vive ancora del carisma e della classe di grandi protagonisti sulla scena ormai da 15-20 anni
22 ottobre 2024
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Stasera molto tardi, praticamente già nella notte, col derby della Costa est tra Boston Celtics e New York Knicks riparte l’Nba, stagione di grazia 2024/25. Sta più o meno tutta qui la notizia: dopo 127 giorni di pausa, con in mezzo un’Olimpiade da brividi per Team Usa, torna la Lega di pallacanestro del Nord America, il basket-che-si-gioca-oltreoceano, quello in cui – secondo i detrattori – non si difende, non si passa, ma si tira da tre, si salta e basta.

Si salterà e basta, e la stagione regolare col suo lungo circo da 30 squadre e 82 partite (totale 1’230) potrà anche essere snervante e difficile da seguire, ma l’Nba rimane uno degli spettacoli più affascinanti e unici nel mondo dello sport. Un campionato pieno di atleti irreali e personaggi carismatici, giocato in arene storiche o fantascientifiche, con le stelle del cinema sedute in prima fila e i canestri sulla sirena sparati da 9 metri come contorno.

Insomma, un campionato con tanti difetti, ma che sa coinvolgere e stupire. Seguirlo dall’Europa può essere difficile, con le partite di notte e la mole di squadre, giocatori e storie su cui informarsi per restare sul pezzo. Quanto segue è una piccola guida a temi, che non vuole essere esaustiva, per arrivare alla prima palla a due, non dico preparati, ma quanto meno con un’idea di cosa dobbiamo aspettarci.

La favorita

Nelle ultime sei stagioni nessuno è riuscito a ripetersi dopo aver vinto l’anello. Ci riusciranno i Boston Celtics? La scorsa stagione hanno dominato, ma in Nba tutto può cambiare molto in fretta. Ci sono voluti anni, sconfitte dolorose e scelte coraggiose, ma oggi nessuno ha un quintetto migliore di loro: Jrue Holiday, Derrick White, Jaylen Brown, Jayson Tatum e Kristaps Porzingis hanno distrutto gli avversari con una pioggia di triple e una difesa asfissiante e promettono di continuare, allenati benissimo da Joe Mazzulla.

Certo, non è gratis: il costo totale degli stipendi di questi cinque è di oltre 163 milioni di dollari solo per quest’anno, e con le regole salariali in arrivo non sappiamo quanto possono durare ancora. Anche per questo motivo Boston è chiamata a vincere ora, perché del domani non c’è certezza. Per la regular season basterà il pilota automatico, ma le incognite non mancano. La più grande è sotto al ferro: Porzingis, di per sé prono agli infortuni, si è operato alla caviglia sinistra e starà fuori per un po’, mentre Al Horford è arrivato alle 38 primavere e non può reggere minutaggi troppo lunghi.

Alle loro spalle però c’è un po’ il vuoto. Sono comunque problemi che vorrebbero avere tutti, e l’obiettivo è solo uno: un altro anello, per staccare ancora di più i Los Angeles Lakers nell’eterna rivalità che muove l’Nba (al momento siamo 18 a 17 a favore dei biancoverdi del Massachusetts).

Un podcaster può allenare?

I Lakers non possono essere considerati tra i favoriti per la vittoria del titolo (e neanche tra gli outsider mi viene da dire), ma in qualche modo anche quest’anno si parlerà di loro. A mettergli tutti gli occhi addosso è stata la sorprendente scelta di licenziare Darvin Ham per affidare la panchina a JJ Redick.

Chi è Redick? Un recente passato da specialista del tiro da 3 in Nba, dopo il ritiro si era costruito una credibilità grazie al suo podcast The Old Man and The Three, in cui spiccava per le capacità di analisi e da divulgatore. Un successo che l’ha portato prima in televisione e poi a condurre un altro podcast, questa volta insieme a LeBron James. In estate, tra lo stupore generale, è arrivato il passaggio dal microfono alla panchina.

Un cambio di carriera davvero inatteso, considerando che in Nba è rarissimo vedere qualcuno diventare allenatore senza passare per la gavetta. Redick non solo lo ha fatto arrivando direttamente dal mondo dei media, ma lo ha fatto per i Los Angeles Lakers, la squadra sportiva più famosa al mondo, o quasi.

Come se non bastasse ci è arrivato da amico di LeBron James, spesso accusato di questa tendenza all’amichettismo, e in concomitanza dell’approdo in squadra del figlio di James, Bronny, scelto al Draft in mezzo a neanche troppo velate accuse di nepotismo. Insomma, ai Lakers la situazione è scoppiettante, e chissà che non possa uscirne fuori qualcosa o di molto bello o di molto drammatico.

New York, New York

«Questo è il nostro anno». Lo ha detto il regista cinematografico Spike Lee, tifoso ossessionato dei New York Knicks, che sogna di vincere un titolo prima di morire. A New York, dopo decenni di vacche magre, c’è speranza. La scorsa stagione la squadra di coach Thibodeau ha stupito e in estate è stata rafforzata come si deve.

Al comando c’è sempre Jalen Brunson, volto e anima di una franchigia che non molla mai, e per fargli da spalla sono arrivati Mikal Bridges e Karl-Anthony Towns. Soprattutto la trade che ha portato l’ex centro di Minnesota a New York in cambio di Julius Randle e Donte DiVincenzo (uno dei favoriti dei tifosi) ha fatto molto chiacchierare, ma quel che è fatto è fatto.

New York è indubbiamente una squadra migliore rispetto alla scorsa stagione, anche se con la partenza di Hartenstein (andato a Oklahoma a firmare il contratto della vita) perde un po’ della sua identità difensiva, e Towns non è certo il centro che sogna Thibodeau per proteggere il ferro. In attacco dovrebbero esserci finalmente le giuste spaziature e almeno tre giocatori con punti nelle mani. Se basterà per arrivare in fondo, lo scopriremo strada facendo.

La corsa all’Mvp

Chi vincerà il premio di miglior giocatore della stagione regolare? Ormai è diventato uno dei temi più chiacchierati, dopotutto è più facile seguire le prestazioni dei singoli che non delle squadre.

Nikola Jokic, che questo premio lo ha vinto già tre volte, e che probabilmente dovrebbe vincerlo ogni anno, considerando che è il miglior giocatore di basket al mondo in questo momento, sembra più interessato a capire come rialzare Denver dopo la pesante eliminazione dello scorso anno e la perdita di Caldwell-Pope. Per farlo potrebbe dare più spazio al suo partner in attacco Jamal Murray per fargli ritrovare la fiducia, sacrificando le proprie statistiche personali (e comunque vincerlo 4 volte è quasi impossibile).

Il favorito allora potrebbe essere il suo amico Luka Dončić. Dopo l’arrivo in finale della scorsa stagione, Dallas deve confermarsi come una squadra di vertice e Dallas è Luka Dončić. Nessuno oggi in Nba ha più influenza sulla squadra, nessuno si prende più responsabilità, tiene di più il pallone, controlla il ritmo. A 25 anni e dopo l’ennesima estate passata a rimettersi in forma, lo sloveno potrebbe decidere di fare la stagione della vita e puntare al premio di Mvp.

La scelta più raffinata è però Shai Gilgeous-Alexander. Gli Oklahoma City Thunder sono lanciati verso un futuro luminoso, ma già dalla scorsa stagione hanno fatto capire di esserci. Sono una squadra giovane, divertente, ricca di talento e Gilgeous-Alexander è indubbiamente il suo leader e uno dei giocatori più imprevedibili e difficili da contenere della Nba. In generale una squadra da guardar giocare, se vi piace il basket.

Gli altri nomi sono i soliti: Giannis Antetokounmpo, e non serve neanche spiegare il perché; Joel Embiid, che però con la crescita di Tyrese Maxey e l’aggiunta di Paul George al roster potrebbe dividere un po’ il fardello di spingere Philadelphia (e gli farebbe anche bene non spremersi in stagione regolare); Anthony Edwards forse è ancora un po’ acerbo, ma ha il carattere per provarci e la cessione di Towns gli darà ancora più spazio palla in mano. Occhio anche a Domantas Sabonis, se Sacramento dovesse andare bene: il lituano è una macchina da doppie doppie.

L’alieno Wembanyama

San Antonio non vincerà e non gioca neanche un basket particolarmente spettacolare, ma ha Victor Wembanyama e tanto basta. Il francese arriva al secondo anno con ancora più attesa, dopo quanto visto ai Giochi olimpici in casa.

Se non lo conoscete, dovete rimediare: un essere umano di 224 centimetri (ufficiali, c’è chi dice siano anche di più) con l’apertura di braccia di uno pterodattilo, che sa mettere il pallone per terra, tirare, passare, segnare, insomma che si muove come se fosse una guardia 30 centimetri più bassa. Inoltre in difesa con quelle braccia copre tutto e in campo è carismatico, esigente, cattivo. San Antonio gli ha messo vicino Chris Paul tipo maestro Jedi e l’Nba punta tantissimo su di lui come volto del futuro. A gennaio con la sua franchigia verrà a giocare due partite a Parigi, dove il suo corpo sarà venerato tipo culto.

La caccia al Golden boy

Magari non lo sapete, ma in Nba (e in generale nello sport degli Stati Uniti) se non puoi vincere sei incentivato a perdere. Più sconfitte hai, infatti, più è probabile pescare la miglior posizione al Draft, ovvero nel momento di scegliere i giovani che arrivano dal College o dall’Europa.

E alla fine di questa stagione, per chi pescherà la scelta numero 1, la ricompensa potrebbe essere di quelle che cambiano il proprio destino. Cooper Flagg è seguitissimo negli Stati Uniti da quando ha 14 anni, ora però – quasi diciottenne – è arrivato il suo momento. Quest’anno giocherà per la Duke University e il prossimo in Nba. In estate ha fatto parte degli allenamenti della Nazionale olimpica stupendo tutti: contro i migliori giocatori al mondo ha fatto un figurone, strappando complimenti.

Flagg è atletico, ha istinto per il gioco, è duro in difesa e delicato in attacco. Poi è un prodotto della classe media degli Stati Uniti, un bianco del Maine con una famiglia felice alle spalle, con la faccia pulita da fidanzato ideale per vostra figlia. Anche per questo l’attesa è altissima. A puntarci saranno le squadre peggiori: Brooklyn, Detroit, Washington, Utah. Altre si faranno ingolosire strada facendo, se le cose dovessero mettersi male. Insomma, non sempre perdere vuol dire perdere.

Veterani straordinari

Ok tutto, il futuro, le favorite, i nuovi talenti. L’Nba rimane però ancora il giardino di Steph Curry, LeBron James e Kevin Durant. Sono loro ad aver tirato la carretta in questi anni e sono ancora loro a dettare le regole. Non vinceranno probabilmente, ma vederli giocare è ancora uno spettacolo. Curry a Golden State continua la sua rivoluzione, Durant a Phoenix rimane l’attaccante più mortifero di tutta l’Nba, mentre LeBron James è LeBron James, il 40enne (li farà il 30 dicembre) più forte di sempre. Avercene. Insomma, lo spettacolo sta per cominciare: mettevi comodi.