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Testimoni di un disastro. ‘Le ho pure pestato un piede’

La 4x100 rossocrociata pasticcia e chiude sesta, prima di farsi squalificare. Kälin, invece, è quarta: ‘Se me l'avessero detto prima avrei firmato’

Facce che dicono tutto
(Keystone)
9 agosto 2024
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Un disastro. Non tanto per il podio mancato, anche perché era chiaro a tutti che la lotta per le medaglie sarebbe stata dura per la 4 x 100 m, e avrebbe verosimilmente dovuto passare dal nuovo record nazionale (infatti la Germania, sorprendente terza, ieri ha chiuso in 41’’97, mentre l’attuale primato svizzero è di 42’’05). Il disastro, nella fattispecie, riguarda piuttosto i cambi: uno più pasticciato dell’altro, e il peggiore dei tre è l’ultimo, quando Mujinga Kambundji – la quarta staffettista, oltretutto al rientro in squadra dopo molto tempo – è costretta a pazientare a lungo col braccio proteso all’indietro e a rallentare, nella vana attesa che Léonie Pointet le cedesse il testimone. Poi, quando l’operazione più o meno riesce, tutte le avversarie se ne sono già andate. E pur se grazie alle poderose falcate della bernese la Svizzera riesce comunque a risalire al sesto posto, verrà squalificata di lì a poco per cambio scorretto.

E la frustrazione è ancor maggiore se si pensa che non è certo la prima volta che le staffettiste elvetiche incorrono in problemi simili: basti pensare alla squalifica di un anno fa ai Mondiali di Budapest per un errore al primo cambio tra Natacha Kouni e Salomé Kora, oppure al pasticciaccio tra la stessa Kora e la nostra Ajla Del Ponte ai Mondiali di Eugene dell’anno prima, per non parlare poi del testimone perso addirittura per strada da Mujinga Kambundji agli Europei di Zurigo, dieci anni or sono. «Quando le ho passato il testimone, Sarah (Atcho, ndr) non mi ha sentita, è stato un disastro – dice Salomé Kora ai microfoni di Rts –. Credo di averle persino pestato un piede». Mentre la vodese non sapeva più cosa fare. «A un certo punto mi sono detta che avrei dovuto allungare il braccio all’indietro, sperando che fosse arrivata e aspettando che mi mettesse il testimone in mano, e a quel punto ho sentito che mi stava camminando sui piedi, e a quel punto era tardi – spiega Sarah Atcho –. Il problema è che in situazioni del genere ti devi inventare qualcosa, non puoi voltarti all’indietro e perdere altro tempo...».

Per la cronaca, oltre alle tedesche, sul podio sono finite le britanniche (41’’85) e le inarrivabili americane, che hanno vinto il titolo in 41’’78. Al maschile, invece, oro al Canada (37’’50) davanti a Sudafrica e Gran Bretagna.

La maledizione del numero quattro

Non le è bastato superarsi, ritoccando di ben 120 punti (6’639 punti) il primato nazionale dell’eptathlon: nonostante una prova olimpica davvero da incorniciare, Annik Kälin è l’ennesima atleta rossocrociata a doversi accontentare del quarto posto ai Giochi di Parigi: un’autentica maledizione.

Tuttavia, la ventiquattrenne grigionese può rallegrarsi, per aver offerto una prova straordinaria, lasciandosi alle spalle ad esempio l’americana Anna Hall, che l’anno scorso aveva sfiorato quota 7’000 punti. Ciò che fa male è senz’altro che la portacolori del Tv Landquart era terza prima dell’ultima gara, gli 800 m, pur se con soli cinque punti di margine sulla belga Noor Vidts, che però, per sua sfortuna, è una specialista sul doppio giro di pista. «Sapevo che, anche se fosse andato tutto bene, sarebbe stato difficile riuscire ad arrivare sul podio, infatti il mio obiettivo era quello di ottenere il diploma olimpico – dice la grigionese ai microfoni di Srf –. Poi ho capito che ero davvero ben piazzata, ma non ho mai perso la serenità, sono sempre stata rilassata, ben sapendo che nei concorsi multipli non puoi sempre essere al top, perché certe discipline ti riescono benissimo e altre meno. Sono davvero fiera di essere arrivata a 6’639 punti, in una gara in cui il livello era davvero alto, e se mi avessero detto che sarei arrivata quarta, avrei firmato».

Warholm costretto alla resa da Benjamin

Il venerdì sera a Saint Denis si conclude con lo scatto imperioso di Rai Benjamin, che lascia di stucco Karsten Warholm prendendosi la rivincita sul norvegese che l’aveva preceduto nei 400 ostacoli alle Olimpiadi di Tokyo, con un sontuoso 46’’46. Per l’occasione si tratta dell’undicesima medaglia d’oro conquistata dagli statunitensi a questi Giochi sulla pista dello Stade de France.