Atletica

‘Tuteliamo le donne’. L'atletica mondiale ferma i transgender

Per quanto il bando sia più teorico che pratico allo stato attuale delle cose, la Federazione internazionale opta per il no. ‘Ma studieremo soluzioni’

La neozelandese Laurel Hubbard
(Keystone)

L'atletica mondiale dice no alla partecipazione di transgender donne alle gare internazionali femminili. Per quanto il bando sia più che altro teorico («Non esistono atlete transgender di livello mondiale», precisa il presidente della Federazione internazionale d'atletica, Sebastian Coe) la decisione di mettere una barriera riapre la questione. «È sempre difficile prendere una posizione quando confliggono i diritti di due gruppi, ma noi abbiamo scelto di tutelare le donne» ha spiegato Coe, nello stesso giorno in cui la Federatletica mondiale ha ribadito pure l'esclusione dalle competizioni di russi e bielorussi, piazzando un bell'ostacolo sull'intenzione del Cio di ammetterli a Parigi 2024 in qualità di atleti neutrali.

Quello delle questioni di genere è un altro tema che attraversa lo sport mondiale: lo scorso novembre il Cio aveva invitato tutte le federazioni a definire linee guida sulla partecipazione di atleti transgender, un tema sulla quale campioni ed ex campioni sono divisi, e chiedono che la scienza possa chiarire la questione. Tra i più fervidi oppositori del sì ai transgender c‘è anche Martina Navratilova, già paladina dei diritti omosessuali, la cui opposizione aveva scatenato polemiche e dibattiti. Non si tratta solo di questioni come quella della bambina della West Virginia che, da transgender, ha chiesto di partecipare alle gare di atletica con le compagne, un caso finito alla Corte suprema statunitense: il mondo dello sport professionistico si è trovato davanti al bivio a Tokyo, quando la neozelandese Laurel Hubbard, prima atleta nata uomo, aveva preso parte al torneo olimpico femminile di sollevamento pesi. Uno spartiacque che ha chiamato tutte le principali discipline, specie quelle in cui prevalgono forza, resistenza e capacità anaerobica, a interrogarsi su una questione ben precisa: fino a che punto il diritto di una transgender di competere cozza con quella delle rivali a non confrontarsi con i vantaggi fisici legati alla transizione?

Lia Thomas, un caso che fa discutere

Il ciclismo mondiale, dal canto suo aveva deciso di allungare da 12 a 24 mesi il periodo di transizione durante il quale le donne transgender devono presentare un livello di testosterone basso, prima di allinearsi «nella categoria corrispondente alla loro nuova identità di genere». Il nuoto invece ha limitato l'accesso delle categorie femminili alle nuotatrici diventate donne prima della pubertà, esattamente come ora ha deciso di fare l'atletica. Una soluzione che esclude la quasi totalità degli atleti transgender, la cui transizione solitamente inizia più tardi. Questione che ha fatto molto discutere negli Usa, dove Lia Thomas - campionessa transgender - ha infranto tutti i record dei campionati universitari candidandosi al ruolo di prossima stella olimpica. La Fina ha peraltro previsto la creazione di una categoria aperta, una proposta che nasce a sostegno dell'inclusione di genere, ma che secondo alcuni corre il rischio di una ghettizzazione.

«Noi non diciamo di no per sempre», ha aggiunto Coe. Finora la federatletica mondiale chiedeva alle atlete transgender di ridurre la quantità di testosterone nel sangue a un massimo di 5 nmol/L e di rimanere sotto questa soglia ininterrottamente per un periodo di 12 mesi prima della competizione. Ma ora il bando è completo. Di fissare nuove regole si occuperà una commissione ad hoc, guidata da un'autorita’ indipendente, con la partecipazione di scienziati dello sport e di un rappresentante transgeder. «Saremo guidati in questo dalla scienza sulle prestazioni fisiche e sul vantaggio maschile che inevitabilmente si svilupperà nei prossimi anni - ha aggiunto lord Coe -. Man mano che saranno disponibili ulteriori prove, rivedremo la nostra posizione, ma crediamo che l'integrità della categoria femminile nell'atletica sia fondamentale"

E su questa linea, l'atletica ha anche rivisto i criteri di partecipazione tra le donne di atlete iperandrogine, come Caster Semenya: dovranno ridurre il loro livello di testosterone nel sangue al di sotto di 2,5 nanomoli per litro, e devono rimanere sotto questa soglia per due anni se vorranno competere a livello internazionale nella categoria femminile in qualsiasi evento di atletica leggera. Finora, le limitazioni riguardavano solo le gare dai 400 metri in su.