Dopo un oro e un argento mondiali con il compagno Alexis Charrier, Sabrina Rapelli punta a una medaglia iridata nella categoria femminile
Trentadue chilometri e settecento metri, 27,4 dei quali da effettuare di corsa, i restanti 5,3 a nuoto. Il tutto suddiviso in 21 settori di running e 20 in acqua. Da un isola all’altra (ö till ö in svedese, da cui la denominazione Ötillö) nell’arcipelago di Stoccolma, a una novantina di minuti a sud della capitale svedese. È ciò che attende la ticinese Sabrina Rapelli sabato 17 giugno nella gara denominata “merit race”, valida quale tappa qualificativa per i Mondiali di swimrun, in programma nel mese di settembre sempre in Svezia, da Sandön a Utö lungo il tracciato (percorso affrontato al contrario) che ha dato vita a questa disciplina sportiva.
Nato nel 2002 quale “scommessa ubriaca” di quattro amici al bar e formalizzato in una vera competizione soltanto quattro anni più tardi, lo swimrun è una disciplina ancora poco conosciuta alle nostre latitudini e che abbina tratti di nuoto e corsa lungo percorsi che possono essere pianeggianti, come pure presentare dislivelli importanti. Se nelle prime due edizioni al via vi erano soltanto 11 coppie e solo due tagliavano il traguardo entro i limiti di tempo, al giorno d’oggi in gara si presentano anche 200-300 coppie e le competizioni sono spuntate come funghi un po’ in tutto il mondo, in particolare in Europa, con tappe negli Stati Uniti, Australia, Sudafrica e Canada. «In Svizzera, ad esempio, nel mese di luglio si gareggia in Engadina – afferma Sabrina Rapelli –, con partenza e arrivo a Silvaplana, passando attraverso i laghi di Champfèr, Silvaplana e Sils. In totale 43,4 km, suddivisi in 37,5 a corsa e 5,9 a nuoto, con 1280 metri di dislivello, ma partendo già da un altitudine di 1800 m s/m».
Se quella grigionese è stata la prima swimrun organizzata al di fuori del territorio svedese (era il 2014), la disciplina è nata tra laghi e boschi della Scandinavia ed è lì che Sabrina Rapelli è pronta a cimentarsi sabato prossimo, alla ricerca di un ticket per i Mondiali… «Biglietto che, a dire il vero, già ho in tasca. La prima gara stagionale, infatti, l’ho disputata in Francia ed era una “merit race”, una delle prove disseminate lungo l’anno che, in caso di vittoria, garantiscono l’accesso diretto ai Mondiali. Il successo colto in quell’occasione mi ha dunque tolto il peso di dovermi conquistare la qualifica passando dalle altre gare dell’estate. Quella di sabato sarà una tipica prova di swimrun, con moltissimi cambi tra corsa e nuoto, tuttavia ogni gara è diversa dall’altra, dipende dal territorio sul quale ci si trova. In Francia, ad esempio, la lunghezza complessiva era di 47 km, con un dislivello di 1800 metri. Io ho vinto con il tempo di 6h31’, nuovo record femminile del tracciato. Il bello di questa disciplina è che ognuno può programmarsi una stagione “à la carte”, scegliendo le gare in base alle sue caratteristiche: chi preferisce le distanze lunghe, chi le corte, chi va meglio a nuoto, chi a corsa. In Svezia sarò al fianco di una compagna francese, con la quale ho già gareggiato e che conosco bene. Tuttavia, rimane aperto il discorso legato ai Mondiali: per il momento non so ancora con chi li disputerò».
In effetti, questa è una stagione un po’ particolare per Sabrina Rapelli. Negli ultimi anni ha sempre gareggiato al fianco del compagno Alexis Charrier, ma per questa stagione la coppia ha deciso di prendersi una pausa… «Alexis ha trovato un compagno francese molto forte e ha deciso di prendere parte alla categoria uomini, per cui io gareggio a livello femminile. Nella prova vinta in Francia, ho avuto quale compagna di squadra una ragazza svedese, la quale, però, per i Mondiali è già impegnata con una connazionale, per cui io sono tuttora alla ricerca della partner ideale. Settembre è dietro l’angolo, quindi per me il tempo è un po’ tiranno. In linea di massima, dovrei partecipare in coppia con la francese con la quale gareggerò sabato, tuttavia è permesso cambiare compagno fino a poche settimane prima dell’inizio, in modo da poter tamponare un’eventuale defezione, ad esempio a seguito di un infortunio. Il regolamento impone un solo obbligo: bisogna gareggiare nella categoria per la quale si è ottenuta la qualifica, nel mio caso quella femminile, per cui non posso trovarmi un compagno maschio e passare nella categoria mista».
Dopo aver ottenuto la medaglia d’argento nel 2021 e quella di bronzo nel 2022, sempre in compagnia di Alexis Charrier, Sabrina Rapelli punta a salire di nuovo sul podio, ma deve avere il tempo per affinare l’intesa con la nuova compagna di team… «Alexis ha pianificato la stagione con il collega francese, per me è un po’ più difficile: vorrei trovare una persona che conosco, possibilmente con la quale ho già gareggiato e che so essere pronta per puntare a una medaglia. Affrontare una gara così lunga come il Mondiale (75 km complessivi, 65 dei quali a corsa, ndr) è certamente un’esperienza affascinante, ma se il team si è appena formato è difficile puntare subito a un risultato di prestigio. Una buona dose di affiatamento faciliterebbe notevolmente le cose. Per quanto riguarda l’allenamento, potersi preparare assieme è senza dubbio un atout, ma non è determinante a priori. La ragazza svedese con la quale ho vinto in Francia, la conoscevo solo di vista, tuttavia l’avevo già affrontata in competizione e sapevo, bene o male, cosa aspettarmi: d’altra parte, con l’esperienza è possibile colmare eventuali gap e aiutarsi a vicenda».
Anche perché, vale la pena ricordarlo, i due membri di una squadra hanno l’obbligo di rimanere a un massimo di dieci metri l’uno dall’altro e per riuscirci spesso si legano con una fune… «Legarsi non è obbligatorio, è una scelta. Con Alexis, gareggiando in una categoria nella quale, ovviamente, l’uomo è più forte della donna, ci legavamo per non perderci di vista nelle tratte a nuoto. Uno stratagemma che mi permetteva di non sprecare energie fisiche e mentali a cercare di continuo la posizione di Alexis. Per contro, quando i membri di un team hanno una capacità fisica molto simile, di solito si fa a meno della corda, in quanto nuotando alla stessa velocità rimarranno comunque a contatto».
Sabrina Rapelli è diventata swimrunner nel 2018… «In gioventù ho praticato ginnastica artistica e attrezzistica. Una volta terminata l’università, per motivi di tempo mi sono dovuta inventare qualcosa di nuovo. Ho iniziato a correre, a nuotare e ad andare in bicicletta e sono approdata in modo naturale al triathlon, con il sogno di partecipare a un Ironman. Poi, ho conosciuto Igor Nastic, che lo swimrun già lo praticava e che mi ha introdotto a questa disciplina, con l’obiettivo di allenare la resistenza in vista di un Ironman. La prima competizione l’ho affrontata con la compagna di Igor e da lì si è sviluppata una passione che, a cinque anni di distanza, non si è ancora spenta».
Qualunque sia il chilometraggio da percorrere, lo swimrun è una disciplina avida di allenamento… «Per poter mantenere il livello degli ultimi anni e rincorrere risultati importanti, mi alleno due volte al giorno, sei volte alla settimana. Al mattino presto vado in piscina e alle 8.00 sono al lavoro (insegna alle scuole medie di Mendrisio, ndr), poi finita la scuola mi dedico alla corsa. Inoltre, in settimana inserisco due sedute di forza in palestra. È uno sport impegnativo, ma il livello internazionale è molto alto e sono tanti gli atleti con un passato da sportivi d’élite, per cui se non ti prepari in maniera seria e scrupolosa potrai partecipare per il piacere di farlo, ma non arriverai mai a ottenere risultati importanti».
Quella di Sabrina e Alexis è una preparazione speso in solitaria, ma non “fai da te”... «Prima di iniziare con lo swimrun, in Francia Alexis era un nuotatore di alto livello. Così, abbiamo deciso di ricontattare il suo ex allenatore e adesso è lui che ci prepara le tabelle per la preparazione in piscina. Per quanto riguarda la corsa, siamo affiliati a una società italiana, il Gruppo sportivo Villa Guardia, fondato dall’ex ciclista professionista Manuel Molteni ed è lui che cura le nostre tabelle. Di fatto, abbiamo due allenatori che ci preparano i piani, ma la messa in pratica spetta soltanto a noi due».
Come per tutte le discipline di resistenza, anche nello swimrun il numero di competizioni alle quali si prende parte è piuttosto esiguo… «Dipende da come ci si riesce a gestire. Nel 2022 abbiamo disputato sette prove, tutte di distanza diversa. Il chilometraggio della prima era molto elevato e ci ha rifilato una bella mazzata, forse avremmo dovuto evitarla. Se voglio praticare questo sport non posso certo pretendere di gareggiare tutti i weekend, occorre del tempo per ricaricare le batterie, sia a livello fisico, sia nell’aspetto mentale, perché il fatto di dover rimanere per tanto tempo in acque fredde ti prosciuga le energie del corpo, ma anche e soprattutto della testa. Se durante l’anno continui a mettere il tuo mentale sotto stress, ne consegue che in occasione dell’appuntamento più importante – i Mondiali – non potrai presentarti nelle migliori condizioni psicofisiche».