Il 24enne di Tenero ci racconta come sta vivendo la pausa forzata lungo il cammino che si spera lo porterà verso quel sogno olimpico più volte sfumato di un soffio
Anche la stagione di Marco Tadè è stata troncata in anticipo (seppur di poche settimane) dall’emergenza sanitaria legata al coronavirus, ma senza rovinare più di tanto i suoi piani. Già, perché il suo vero obiettivo dell’inverno il freestyler ticinese lo aveva già raggiunto nel mese di gennaio, quando dopo due anni di attesa e tanto duro lavoro in seguito all’ennesimo grave infortunio della sua giovane carriera (rottura del legamento crociato del ginocchio destro che tra le altre cose lo aveva costretto a rinunciare all’ultimo momento ai Giochi di Pyeongchang 2018) era tornato a gareggiare a livello internazionale. Dapprima sulle nevi di casa, nella tappa di Coppa Europa di Airolo e in seguito in Coppa del mondo, proprio sui pendii canadesi di Mont Tremblant, dove per l’ultima volta prima dello stop forzato il 24enne specialista delle gobbe si era confrontato con l’élite mondiale di moguls.
«È stato bello tornare ad allenarsi, a gareggiare e in generale ad accumulare chilometri in pista, era il mio obiettivo e in questo senso la stagione è stata positiva - ci racconta Marco dalla sua Tenero -. Sarei già dovuto rientrare a Ruka nella prima tappa di Cdm ma visto che avevo accumulato davvero pochi giorni di allenamento abbiamo deciso di aspettare, saltando anche la seguente trasferta in Cina. È stato bello tornare a gareggiare proprio ad Airolo e mi ha aiutato a rompere il ghiaccio, tanto che poi ho preso parte a tutte le tappe successive di Cdm. I risultati non sono forse stati quelli sperati visto che il mio miglior piazzamento è stato un settimo posto (centrato in dual moguls il primo marzo in Kazakistan, ndr) e ammetto che anche per come sono fatto è stata dura accettare di dover vedere questo inverno come una stagione di transizione, ma sono contento di aver preso parte alla maggior parte delle gare e di essere arrivato alla fine senza problemi».
Fine che come detto è arrivata con qualche settimana di anticipo a causa del Covid-19… «Dopo la tappa di Coppa del mondo in Russia (il 7 marzo, 24, ndr) siamo andati in Svezia, dove erano in programma le ultime due gare, ma dopo un giorno di allenamento hanno annullato tutto, chiudendo anzitempo la stagione. In realtà lì l’emergenza non era ancora esplosa e sulle piste, nelle città e persino in aeroporto la situazione era piuttosto normale, però visto quanto stava succedendo nel mondo e che molte altre Federazioni avevano già deciso di annullare tutto, anche la nostra si è allineata. In ogni caso rispetto ad altri sport ci è andata ancora bene visto che eravamo praticamente alla fine della stagione, calcolando che dopo la chiusura della Cdm ci sarebbero ancora stati solo i Campionati svizzeri».
Come dire che anche senza Coronavirus, il locarnese in questi giorni sarebbe comunque stato a casa… «In un certo senso sì visto che per me sarebbe stato un periodo di scarico e relativamente tranquillo, con la “vera” preparazione che solitamente inizia un po’ più tardi, ma di certo non sarei stato recluso all’interno come adesso. Come tutti purtroppo non posso fare granché, la maggior parte del tempo sto a casa e ammetto che non è proprio scontato visto che praticamente tutte le mie passioni e le attività che mi piacciono si svolgono all’esterno. La prendo però con filosofia e finché si può un giro in bici cerco di farlo almeno 2-3 volte a settimana. In ogni caso speriamo che questa situazione si risolva il più presto possibile».
Anche perché seppur ancora piuttosto lontana c’è un’altra stagione da preparare e si sa quanto conti la preparazione (in questo caso estiva), in particolare se alle spalle si hanno infortuni importanti… «Quest’anno avrei voluto cominciare a prepararmi per la nuova stagione piuttosto presto, ossia svolgendo da subito quattro o cinque sessioni (tra le due e tre ore ciascuna) settimanali in palestra fino a metà-fine aprile, quando saremmo andati a sciare sui ghiacciai. Con la situazione attuale però è logicamente tutto bloccato e vista l’incertezza è praticamente impossibile fare delle previsioni e stabilire un programma. Mi sento costantemente con gli allenatori, vedremo, per il momento mi arrangio con i pochi elastici che ho ancora a casa, ma prima potremo ricominciare meglio sarà. In ogni caso fortunatamente nel nostro sport un po’ di margine lo abbiamo visto che la Coppa del mondo come al solito dovrebbe iniziare solo a inizio dicembre».
Una stagione importante che include i Mondiali previsti proprio in Cina (ricordiamo che Tadè ha già in bacheca un bronzo iridato conquistato nel dual moguls nel 2017 in Sierra Nevada, ndr) ma nella quale anche stavolta più che i risultati conteranno le sensazioni, nella speranza di salire un altro scalino verso quel sogno olimpico (in questo caso Pechino 2022) che in passato per ben due volte ha visto sfumare per un soffio… «Sì, tutto è focalizzato verso l’obiettivo olimpico e per quanto come detto sono uno che fatica a digerire risultati discreti in gara, anche il prossimo inverno sarà se non proprio di transizione - ci sono comunque i Mondiali, ai quali non si va mai solo per partecipare -, di avvicinamento al 2022, anno nel quale spero di presentarmi al top. La strada è quella giusta, ma ne manca ancora tanta da percorrere per tornare ai massimi livelli. In questa stagione ho sentito i due anni persi, in particolare nella tecnica e nella sciata. Su alcune piste ho avuto dei problemi ai quali riuscivo a trovare soluzioni solo dopo molte discese. Per non parlare dei salti, esercizio che negli ultimi due anni ho limitato al minimo e a evoluzioni semplici ma nel quale ora dovrò provare ad andare oltre. Quindi la ricetta è sempre quella, lavorare sodo. Spero di poterlo tornare a fare al più presto».