Le prossime settimane saranno tese, piene di bluff e minacce. Ma attenzione: i rischi di uno scontro tra Russia e Nato sono alti non dal 2022, ma dal 2014
È giunto il momento di tenere i nervi saldi. È iniziata – forse – la mano finale della angosciante partita di poker ucraina: una mano che durerà fino al 20 gennaio, quando Trump si insedierà alla Casa Bianca. Fino ad allora, purtroppo, ne vedremo di tutti i colori. Oggi l’obiettivo dei contendenti è quello di ritrovarsi tra due mesi nella migliore condizione possibile per cominciare a negoziare da una posizione di forza. Sia i russi sia gli ucraini hanno ormai il fiato corto. Concludere una tragedia, che non sarebbe mai dovuta cominciare, diventa una necessità urgente. Il cambio di presidente negli Stati Uniti viene percepito come un’occasione. Nel frattempo, però, bisogna augurarci che nessuno dei contendenti perda il controllo degli eventi.
L’aspetto mediatico dello scontro tra Russia e Occidente è uno dei più delicati e cruciali. Il Cremlino, lo si è compreso, giocherà ora tutti gli assi a disposizione per influenzare a proprio vantaggio le opinioni pubbliche europee e nordamericane. Occhio alle “intimidazioni” è il monito di Kiev, che evidenzia come il lancio del nuovo missile abbia anche altri scopi, non solo militari. “Ma è vero che siamo in guerra con la Russia?”, è stato chiesto ieri al premier britannico Starmer, che ha cercato di tranquillizzare i connazionali. “Sto tenendo un briefing”, ha risposto al telefono Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo a un interlocutore misterioso che la invitava a non commentare il lancio della nuova arma. E poche ore dopo, nella fascia di massimo ascolto, Putin ha letto un messaggio alla nazione in tivù come fa solo nei crocevia della sua presidenza. Mosca, ha detto, si riserva di colpire i Paesi che forniscono le armi usate contro il territorio russo.
Domanda: come hanno fatto Iran e Israele vicendevolmente di recente, voleranno adesso missili tra Est e Ovest? Una delle maggiori preoccupazioni delle leadership del G7 è che le proprie opinioni pubbliche non sono pronte ad affrontare una sfida mediatica del genere. E la vittoria di Trump in America è un’ulteriore conferma che siamo entrati in una realtà di post verità; di lotta tra opposte narrative. Per di più i social media occidentali sono infestati da fake news di origine varia. Anche provenienti dalla Russia, dove da tempo sono state scoperte le “fabbriche di trolls” che producono industrialmente post, poi inseriti nei luoghi giusti.
A questo vizio contemporaneo va aggiunto che la “disinformatsija”, la cui scuola ebbe i natali in epoca zarista, poggia le sue alte capacità su studi sofisticatissimi riguardanti il controllo dei popoli. Del resto, se si vuole costruire un impero diversamente non si può fare. Oggi colpisce che anche professionisti dei media occidentali, a volte inconsapevolmente, ripetano certi concetti, facendo da grancassa a narrative altrui, non verificabili.
Le prossime settimane, in sintesi, saranno tese, piene di bluff e minacce. Ma attenzione: i rischi di uno scontro tra Russia e Nato sono alti non dal febbraio 2022, quando si è aggravata la tragedia russo-ucraina, bensì dal 2014 – dall’Euromaidan a Kiev –. Per otto anni le rincorse tra bombardieri strategici e le sfide nei mari sono state continue e silenziose. Allora non facevano notizia. I toni bassi avevano, però, aiutato a non provocare l’irreparabile.