laR+ IL COMMENTO

Tra Mosca e Kiev prove di dialogo dietro le bombe

La speranza è che, con l’arrivo del freddo, si calmino gli spiriti e si giunga a un cessate il fuoco, prologo di un negoziato estremamente ‘muscolare’

In sintesi:
  • Non bisogna farsi impressionare dalle apparenze di queste ultime ore
  • Con l’incursione di Kursk, Zelensky mira a fare degli scambi territoriali
  • Su Russia e Ucraina le pressioni politiche ed economiche vengono dall’intera comunità internazionale
(Keystone)
29 agosto 2024
|

Russi e ucraini continuano a combattere duramente sui campi di battaglia, ma – dietro le quinte – i contatti diplomatici non si fermano. Lo scambio dei 230 soldati prigionieri (115 per parte) appena conclusosi e realizzato grazie alla mediazione degli Emirati Arabi Uniti ne è una testimonianza. Assolutamente non bisogna farsi impressionare dalle apparenze suscitate dalle rispettive dichiarazioni propagandistiche e dai pesanti bombardamenti di queste ultime ore. La speranza è invece che presto – con l’arrivo del freddo – si calmino i bollenti spiriti e si giunga a un cessate il fuoco, prologo di un negoziato che, per forza di cose, sarà estremamente ‘muscolare’.

Prioritario è quindi tentare di capire cosa stia succedendo dietro le quinte. In secondo luogo bisogna cercare di immaginare quale tipo di intesa possa portare a una composizione definitiva della tragedia russo-ucraina, e che non sia solo un momento di intervallo – leggasi accordi di pace di Minsk 2 del 2015 – prima di un nuovo scontro. Ufficialmente i contatti pre-negoziato bilaterali – tenuti in segreto a lungo – sono stati interrotti dopo l’incursione ucraina nella regione russa di Kursk, iniziata il 6 agosto. Kiev ha giustificato tale azione offensiva (la prima invasione della Russia da parte di truppe straniere dopo la Seconda guerra mondiale) come una maniera per “ammorbidire” le posizioni del Cremlino, le quali – in pratica – sono le stesse dell’autunno 2021. Tali posizioni, è bene ribadirlo, non sono accettabili da uno Stato sovrano e in esse riecheggiano concezioni come le ‘sfere di influenze’, anacronistiche al tempo della globalizzazione nel XXI secolo.

Con l’incursione di Kursk, dove gli ucraini hanno occupato un’area estesa quanto la provincia di Milano, Zelensky mira a fare degli scambi territoriali, ottenendo indietro parte del 20% delle regioni ucraine, oggi in mano ai russi. Quando, tempo fa, a Putin è stato chiesto da dove partire per un negoziato, il capo del Cremlino avrebbe indicato proprio “dalla terra”. Ecco perché Zelensky ha attaccato Kursk. E, chissà, potrebbe farlo ancora a breve in altre regioni di confine. Per i russi, che ancora sperano in un crollo militare degli ucraini, si sa, le pre-intese della tarda primavera 2022 – concordate (e mai firmate!) con Kiev – potrebbero essere la base del nuovo negoziato. Per gli ucraini, forse no.

Sul piano geopolitico l’Occidente ha già messo le mani avanti: come succede con Israele, l’Ucraina otterrà la sua diretta protezione militare. Il Cremlino se ne dovrà fare una ragione. L’allentamento delle sanzioni contro la Russia – o la loro tenuta in essere – sarà utilizzato come metro di misura sui progressi della pace a Est. Su Russia e Ucraina le pressioni politiche ed economiche per chiudere questa tragedia vengono ormai dall’intera comunità internazionale. Mosca si ritrova gran parte delle transazioni finanziarie con l’estero bloccate; Kiev dipende dagli aiuti militari e monetari dell’Occidente. L’indiano Modi, l’ultimo in ordine di tempo, ha indicato in luglio a Putin e in agosto a Zelensky la via d’uscita dal presente pantano: “dialogo” e “diplomazia”. E se Mosca e Kiev hanno bisogno di un’ulteriore mediazione, Nuova Delhi è disponibile a dare una mano.