Il fondatore della Lega scatenò una guerra contro i dispositivi di rilevazione della velocità. Ora il direttore del Di viene accusato di ‘far cassetta’
Ogni tanto vale la pena fare un salto indietro nel tempo, per riscoprire come eravamo. L’occasione questa volta ce la offrono due esponenti del Centro ticinese, il presidente Fiorenzo Dadò e il suo collega in Gran Consiglio Marco Passalia. I quali, in un atto parlamentare, se la prendono con il Dipartimento istituzioni e con il suo direttore Norman Gobbi, per l’eccessiva presenza di radar sulle strade cantonali. I due deputati adombrano il sospetto che l’obbiettivo dei controlli di velocità sia più quello di far cassetta che di prevenire. Insomma, un esponente della Lega, di quella "dura e pura" dei Bignasca, dei Pantani, dei Quadri e dei Maspoli, viene sostanzialmente sospettato di aver abbandonato uno dei cavalli di battaglia di quel movimento un po’ anarcoide, di essere sceso dalle barricate per indossare la grisaglia e comportarsi di conseguenza. Soprattutto, e questo equivale a una bestemmia per un leghista doc, di utilizzare i radar per mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Anche se, dobbiamo sottolinearlo, all’origine della politica di tolleranza zero nei confronti degli automobilisti indisciplinati c’è il pacchetto di misure Via Sicura, approvato dal parlamento federale nel 2012. Via Sicura che, è indubbio, ha avuto un ruolo non indifferente nella diminuzione delle vittime della strada nel nostro Paese.
Resta il fatto che il fondatore della Lega dei ticinesi, Giuliano Bignasca, scatenò una vera e propria guerra ai radar, arrivando addirittura a mettere una taglia sui dispositivi di rilevazione della velocità, attraverso il Mattino della Domenica, promettendo 500 franchi a chi gli portava la scatola e 1’500 per l’intero dispositivo elettronico. Ciò gli costò, nel 2008, una multa di 6’000 franchi "per pubblica istigazione a un crimine". "È vergognoso, con tutti i ticinesi che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, che i radar fissi siano usati solo per fare cassa", affermò Bignasca dando il via alla caccia a quegli apparecchi che, con il loro implacabile flash, erano diventati un incubo per molti automobilisti.
Con i doverosi distinguo e a una quindicina d’anni di distanza, sembrerebbe che il duo Dadò-Passalia si sia sintonizzato su quel Bignasca d’antan. Lo stesso Bignasca che, sabato 26 luglio del ’91, insieme a Flavio Maspoli e a Michele Foletti, si inventò la cosiddetta "Carovana della libertà", dando vita a un interminabile serpentone di auto che intasò il traffico da Airolo a Chiasso, in segno di protesta contro un decreto anti-inquinamento del Consiglio federale che limitava a 100 all’ora la velocità in autostrada. "Ul bel vedée l’è poc distant", il grido di battaglia di Maspoli che risuonò durante la carovana. Chi scrive si ricorda bene di quel giorno, con il Ticino praticamente in stato d’assedio, mentre sui cavalcavia della A2 una folla di persone applaudiva la bravata del Nano. Nano che i partiti storici continuavano a prendere sottogamba mentre, quello stesso anno, la neonata Lega dei ticinesi mandò in Consiglio nazionale Flavio Maspoli e Marco Borradori.
Cosa direbbe, oggi, Giuliano Bignasca della Lega che, dopo essere diventata maggioranza in Consiglio di Stato, tappezza il cantone di radar, ricavando un jackpot multimilionario solo da quello di Balerna? Difficilmente in pubblico smentirebbe Gobbi. Poi non è detto che in via Monte Boglia non volerebbero gli stracci.