Chi desidera dei media accomodanti non si faccia illusioni: questo giornale continuerà a praticare le libertà riconosciute dalla Costituzione e dalla Cedu
Sintomo dei tempi che corrono: con una decisione imbarazzante presa in tempi straordinariamente brevi, il pretore del Distretto di Bellinzona Marco Ambrosini ha sposato in modo acritico le tesi di Claudio Zali e ha accolto la sua istanza cautelare che prevede il divieto per laRegione di riferire i contenuti dell’allegato di petizione con cui il consigliere di Stato prova a giustificare la sua richiesta di impedire al nostro giornale di scrivere alcunché in merito al dibattimento che lo vedrà comparire il prossimo 20 marzo in qualità di presunta vittima di tentata estorsione, tentata e consumata coazione, diffamazione e ingiuria. La misura cautelare accolta da Ambrosini ci proibisce pure di riportare i vomitevoli dettagli contenuti nell’atto di accusa promosso nei confronti della donna rinviata a processo.
Effetto pratico della decisione di Ambrosini: nullo. Prevedendo che le cose potevano andare in questo modo in una prima istanza di giudizio (ticinese), laRegione aveva anticipato nelle scorse settimane tutte le informazioni degne di interesse pubblico rispetto a una vicenda nella quale un’alta carica dello Stato risulta essere stata minacciata e limitata nella sua capacità di esercitare con la necessaria lucidità la sua funzione governativa.
C’è poi l’effetto simbolico grave, particolarmente grave, della cautelare accolta dalla Pretura. Una decisione immotivata – che impugneremo – e condita da tutta una serie di gratuite lezioni deontologiche che rispediamo al mittente: ci rassicura ben poco il fatto che Ambrosini ammetta che il provvedimento cautelare non anticipi il giudizio di merito. Staremo a vedere. Nel frattempo Zali porta a casa un’autentica vittoria di Pirro: una decisione inutile che getta ulteriore discredito sulla già infangata giustizia ticinese.
Ma siamo sempre lì, a quella “certa stampa”. Fastidiosa, supponente, oltraggiosa. Perché non si accontenta del comunicato-velina, della verità ufficiale. Perché approfondisce e, mettendosi nei panni del comune cittadino, solleva dubbi e interrogativi. Perché… esercita una libertà scolpita nella Costituzione federale, non in qualche ricettario di cucina: la “libertà d’opinione e d’informazione” sancita dall’articolo 16. E poi c’è l’articolo, il 17, sulla libertà dei media (secondo capoverso: “La censura è vietata”). Eppure, a proposito dei tempi che corrono, di “certa stampa” parla il Consiglio della magistratura nella recente sentenza (pagina 35) di destituzione di due giudici penali. Quella “certa stampa” che, secondo l’organo di vigilanza sull’apparato giudiziario, avrebbe intaccato, nel riferire del cosiddetto caos Tpc, “l’immagine intera” della magistratura. Un rimprovero, peraltro del tutto fuori luogo in una sentenza, che respingiamo. Comunque nulla di nuovo: di “certa stampa” aveva già scritto nel rendiconto 2020 del Tribunale penale il suo presidente, poiché certi media avevano osato criticarlo per i famosi Sms nella procedura di rinnovo dei mandati in Procura.
Ora, chi desidera una stampa accomodante e anestetizzante non si faccia illusioni. Questo giornale continuerà a praticare le citate libertà riconosciute dalla Costituzione e dal Tribunale federale. E anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. In una sentenza del luglio 2023, la Cedu ha ribadito che “la libertà d’espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica” e questa libertà “vale non soltanto per le informazioni o le idee accolte con favore o considerate come inoffensive o indifferenti, ma anche per quelle che urtano, scioccano o inquietano”. Quante volte però bisogna ricordarlo?