Dalle elezioni potrebbe uscire un Gran Consiglio ancor più polarizzato. Il ruolo di una maggioranza di centrodestra e una sinistra di opposizione realista
La speranza che le Elezioni cantonali del 2 aprile mettano un po’ di ordine, con il rinnovo di un Gran Consiglio che in questa legislatura è parso fin troppo disorientato e disorientante, è una speranza vana benché lecita e giustificata. Il rischio che dalle urne esca una composizione del parlamento ancora più frammentata è concreto, e in tempi difficili come quelli che aspettano al varco il nuovo legislativo non sarebbe una notizia confortante.
Il presidente del Centro Fiorenzo Dadò al Comitato cantonale del suo partito pochi giorni prima di Natale ha detto che "la necessità di un centrodestra politico forte che desideri costruire, innovare, realizzare con pragmatismo qualcosa di utile per questo Paese, è più impellente che mai". Sono parole importanti – cui ovviamente dovranno seguire i fatti in primis da Dadò stesso – che segnano quello che dovrebbe essere il percorso del prossimo Gran Consiglio. Un parlamento che, verosimilmente, sarà ancora composto da una maggioranza di centrodestra. Questa maggioranza sarà confrontata con la manovra di rientro che si fa sempre più vicina, con la crisi del potere d’acquisto, con sempre più persone che faticano ad arrivare a fine mese, con i problemi di approvvigionamento energetico. E davanti a queste emergenze servono risposte chiare, definite, nette. Non è più il tempo di pasticciare e cincischiare in commissione e in aula nel vanaglorioso tentativo di attaccarsi qualche medaglia al petto. È il tempo di proporre ricette che abbiano il più vasto consenso parlamentare possibile, e che indichino una direzione.
Se il fronte borghese sarà chiamato a essere davvero maggioranza, la sinistra avrà il compito prima di parare gli urti di possibili perdite di seggi e, poi, di avere la forza – anche comunicativa – necessaria per portare davanti al popolo le decisioni parlamentari che non riterrà adatte alla situazione. Con un principio di realtà che, va detto, non sempre è peculiarità della casa. Servirà un grande sforzo, infatti, per spiegare alla popolazione come una deduzione di 1’200 franchi per i premi di cassa malati per ogni figlio non vada bene. Certo, i motivi li hanno già detti e ogni occasione sarà buona per ricordarli: per i socialisti sono sgravi che favoriscono chi è più ricco, mentre chi ha meno reddito avrà un minor vantaggio. Non sempre però una persona pensa ai massimi sistemi prima di votare: se sa che risparmierà qualcosa di tasse, non è detto che gli interessi di qualcun altro che risparmierà di più. Ognuno, alla fine, le fatture le paga con i soldi che ha.
La frammentazione colpirà più a sinistra che a destra. Se la Lega perderà ancora qualcosa, sarà probabilmente a vantaggio dell’Udc in una lotta fratricida. Se il Plr migliorerà, avrà comunque pescato nell’area. Ma se il neonato movimento ‘Avanti’ di Amalia Mirante otterrà seggi in Gran Consiglio, a svantaggio di chi li occuperà? Se i Verdi liberali riusciranno a raggiungere il loro obiettivo di entrare in parlamento, sarà a discapito di chi? Sarebbero posti ‘presi’ ai piccoli come Mps, Pc e Più donne? O a mancare all’appello saranno invece voti di lista di Ps e Verdi?
Sono domande che a sinistra echeggiano in segreterie e direzioni, ma devono tradursi in riflessioni e progetti per la campagna elettorale. Perché se il problema del seggio d’area in governo non si pone minimamente (e nemmeno è in dubbio chi entrerà nel collegio), a porsi con emergenza è il risultato del Gran Consiglio. E i segnali non sono tutti incoraggianti.