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Il centro(sinistra) di Mirante e il pragmatismo che serve al Ps

L’addio dell’economista non stupisce nessuno, ma mette i socialisti davanti al rischio di perdere consensi ed eletti in Gran Consiglio. E la destra ride

In sintesi:
  • L'area rossoverde dovrà interpretare davvero i bisogni delle persone fragili
  • La strada è stata tracciata da una stragrande maggioranza in più occasioni
  • Il futuro di Amalia Mirante è tutto da scrivere. E anche da pensare
Rischi e azzardi
(Ti-Press)
24 novembre 2022
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L’ultimo episodio della miserevole telenovela che ha visto protagonisti Amalia Mirante e il Ps ha portato all’unico finale possibile. Non stupisce infatti nessuno l’addio dell’economista a un partito che, dalla direzione alla base, ha mostrato in più occasioni democratiche – Comitato cantonale, Conferenza cantonale, Congresso – di non volerla sulla lista rossoverde per il Consiglio di Stato. Ma, allo stesso tempo, è un addio che misura una temperatura ben al di sopra dei livelli di guardia che nessuno a sinistra può permettersi di ignorare.

Un impatto da non sottovalutare

Ieri sera a ‘Detto tra noi’ Mirante ha fatto sapere che darà vita a un partito o a un movimento e che sarà di centrosinistra. Quel centrosinistra che invero di sinistra ha ben poco nella visione, e nei temi, di Mirante. Per non dire niente. Ha candidamente aggiunto che non vuole danneggiare nessuno, e che questo nuovo partito o movimento che dir si voglia vuole essere propositivo, non contro. Ebbene, se presenterà le liste per il Gran Consiglio e per il Consiglio di Stato è molto probabile che andrebbe a danneggiare e, forse, provocherebbe conseguenze a livello di numeri in parlamento proprio a quel Partito socialista da cui è uscita. Una buona dose di pragmatismo dovrebbe suggerire alla dirigenza del Ps due cose. La prima, è di comunque non sottovalutare l’impatto che avrà l’addio di Mirante nell’elezione del prossimo Gran Consiglio. Perdere due o tre seggi, per il Ps, potrebbe comportare ad esempio lo scendere da tre commissari a due in Gestione, la commissione più importante del parlamento. E ridurrebbe ancora di più un’efficacia e un’influenza già non entusiasmanti a causa della sproporzione a livello di eletti con il fronte borghese.

Il secondo aspetto su cui il Ps si deve concentrare – ‘cum grano salis’ – è il continuare a percorrere la strada tracciata e confermata dalla stragrande maggioranza dei propri iscritti. Vale a dire lavorare sul serio a un polo progressista unito, senza inseguire né polemiche personali che hanno fatto il loro tempo, né programmi e idee lontani dalla propria piattaforma di governo costruita assieme ai Verdi.

La sinistra e il farsi male da soli

La sinistra, non solo ticinese, ha una propensione innata a farsi del male da sola e a scindersi in modi che spesso non sono ben capiti da chi compone l’elettorato di riferimento della sinistra stessa: le persone più fragili. Per questo motivo il compito cui adesso è chiamato il Partito socialista è più gravoso, ma non meno motivante, rispetto a quanto immaginava: creare davvero un programma a sinistra capace di raccogliere un consenso che a volte sembra essere o salpato per altri lidi, o dormiente. Prova ne è il pessimo risultato raccolto col referendum contro il ‘Decreto Morisoli’. Una campagna elettorale battente e con toni drammatici non ha portato neanche vicino al risultato auspicato, e qui non c’entra nulla Amalia Mirante. C’entra un’interpretazione della società e dei suoi bisogni che in questo momento non sempre porta a risposte capaci di motivare gli elettori. Il Ps, se vuole continuare a essere rappresentativo, deve invertire quella che pare essere una tendenza.

Dove porterà la scissione di Mirante forse non lo sa di preciso neanche lei. Se l’obiettivo sarà quello di fare uno sgambetto al Ps, il rischio per l’area è che a beneficiarne sarà ancora una volta una destra che i panni sporchi li lava in casa. E che i mal di pancia sa nasconderli, mostrandosi compatta pure quando un presidente di partito dichiara di ambire a un seggio governativo del movimento con cui si è alleato. Il pragmatismo, si diceva.

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