Il Consigliere federale ticinese ha mostrato di saper interpretare la neutralità in modo ben diverso rispetto a quando i nazisti invasero la Polonia
Ignazio Cassis va alla guerra. Intendiamoci, senza elmetto, tuta mimetica e tanto meno armi. Semmai nell’ultimo mese si è concesso una deroga all’abito scuro d’ordinanza con cravatta, ad esempio durante la visita in Polonia, visibilmente impressionato dal trovarsi a due passi dal fronte durante una puntata al confine ucraino. Fatto sta che la determinazione con cui l’esponente governativo ticinese ha affrontato la prima vera grossa grana del suo anno presidenziale gli offre l’opportunità di uscire bene da una crisi che, inizialmente, il Consiglio federale aveva affrontato in modo balbettante, non adottando integralmente tutte le sanzioni contro la Russia fatte proprie dall’Unione europea. Anche se i soliti trafficoni sarebbero riusciti ugualmente a dirottare su altre piazze più compiacenti i beni di qualche oligarca.
Comunque sia il 28 febbraio è una data che, probabilmente, entrerà nella storia di questo Paese, grazie a una svolta che cambia i termini della sua plurisecolare storia di neutralità. Berna, lo si voglia o no, si è schierata e i russi gliene stanno facendo pagare le conseguenze. Pensiamo solo alla razzia nel negozio Audemars Piguet di Mosca, da cui sono stati sottratti orologi per milioni. L’adesione totale alle misure adottate da Bruxelles, dagli Stati Uniti e dal Regno Unito nei confronti di Putin e dei suoi gerarchi non è comunque totalmente cieca. Cassis e il Consiglio federale ci hanno ad esempio risparmiato un caso Alessandro Orsini, dal nome dell’esperto italiano bandito dalla Rai in quanto ritenuto filo-Putin. Così non sono state oscurate le reti Sputnik e Russia Today, perché l’opinione pubblica svizzera viene ritenuta in grado di non farsi circuire dalla propaganda.
In conclusione possiamo dire che il nostro governo sta compiendo un enorme salto di qualità rispetto all’atteggiamento assunto nel ’39 quando i nazisti invasero la Polonia, l’episodio che diede il via alla Seconda Guerra mondiale. Allora la Svizzera si guardò bene dal prendere posizione, pensando piuttosto alla propria autodifesa, dando il via alla mobilitazione generale, che preservò il Paese dalla belligeranza. La neutralità era salva e nessun consigliere federale si sognò di far proprio il discorso, pronunciato da Winston Churchill il 4 giugno del 1940, in cui l’allora premier britannico invitava a una lotta senza quartiere contro la tirannide hitleriana. Ecco, possiamo dire che Ignazio Cassis, esponendosi in prima persona contro Putin e schierandosi a fianco di Zelensky, ha mostrato molto più coraggio, anche prendendosi qualche rischio politico visto che il prossimo anno si giocherà la rielezione in governo, partendo da una posizione che fin qui era di debolezza. Certo, la sua presenza il 19 marzo a Berna, in occasione della manifestazione a sostegno dell’Ucraina e del collegamento con Zelensky, ha fatto infuriare l’Udc, il partito che si era rivelato fondamentale per la sua entrata in Consiglio federale nel 2017, che oggi lo accusa di lesa neutralità. E se invece proprio questa sua determinazione a ritenere che di fronte ai despoti non c’è neutralità che tenga, che bisogna prendere posizione di fronte ai prepotenti, consacrasse Ignazio Cassis al rango di statista?