I primi segnali di inversione del trend demografico negativo ci sono, ma la città continua a invecchiare più di altre realtà urbane ticinesi e svizzere
Cauto ottimismo, segnali positivi, inversione di rotta, forse un nuovo ciclo. Non sono mancate le belle parole giovedì scorso a Palazzo civico a Lugano. E d’altra parte la notizia all’apparenza è effettivamente positiva: dopo cinque anni di decrescita, durante i quali la città ha perso oltre 2’000 abitanti, nel 2021 si è registrato un timido aumento, ossia 95 unità in più. Uno 0,1% in più che non compensa certamente le 1’150 persone perse per strada solo nei due anni precedenti e che appare ancor più magro rispetto ai quasi 500 in più di Bellinzona e ai 375 in più di Locarno.
Ma non vogliamo certamente smorzare la soddisfazione del Municipio o sminuire un dato che resta positivo. Il punto è che ora sembra veramente giunto il momento di riflettere su come correggere la politica di sviluppo della città, perché dietro questo leggero balzo in avanti si celano una realtà in chiaroscuro. A cominciare dal confronto con i due poli sopracenerini. Bellinzona non è solo cresciuta il quintuplo in termini assoluti e ancor di più in percentuale, è anche cresciuta grazie alla somma dei due principali saldi demografici, entrambi positivi: quello migratorio, ossia la somma di arrivi e partenze, e quello naturale, cioè il rapporto fra nascite e decessi. In altre parole, nella capitale che ha ormai superato i 44’000 abitanti la popolazione crescerebbe anche senza movimenti migratori, grazie alle sole nascite. «Ma Bellinzona era già in una fase di crescita» si è detto. Vero. Ma guardiamo allora a Locarno, che come Lugano era in una fase negativa – seppur da minor tempo –, ma che è passata dal segno meno al più con disinvoltura e con un impatto percentuale, visti i suoi ‘solo’ 16’000 abitanti, decisamente più forte.
Chiariamoci: Lugano con oltre 66’000 abitanti rimane saldamente la città più grande del cantone e il Luganese, che da solo ha la stessa popolazione dell’intero Sopraceneri, ne è il suo cuore demografico. Ma la città tutto sommato continua ad arrancare. Perché? Una risposta chiara durante la presentazione dei dati non è arrivata, e d’altra parte le letture sarebbero molteplici e le analisi sono ancora in corso, hanno spiegato. Ma un’ipotesi noi ce l’abbiamo, ed è la stessa di sempre: Lugano è troppo poco attrattiva per le famiglie, in particolare per le giovani coppie che fanno figli e comprano casa. Non in termini assoluti, ma nel contesto ticinese, naturalmente. Lo si intuisce dall’andamento anno su anno di determinate fasce d’età, dove a registrare diminuzioni sono quelle sotto i 10 anni e quelle fra i 30 e i 50 anni. In altre parole, la città invecchia e le famiglie sembrano scegliere altri lidi.
E qui entra in gioco la politica. Questo Municipio, come quelli precedenti, si rallegra del fatto che numerosi residenti diversamente giovani sono anche solidi contribuenti. Una valutazione che ci sta, considerato che Lugano è il comune ticinese che ospita il maggior numero di persone in assistenza sociale. L’impressione però è che sin qui, in anni di crisi finanziaria, si sia accarezzata di più quella parte di popolazione più agiata e più matura. Ma questo non può e non deve bastare, se si ha cuore il futuro di una città. E ci vuole equilibrio. L’invito pertanto è ad attuare politiche di sviluppo che tengano maggiormente in considerazione volontà e necessità di chi questo futuro lo rappresenta: giovani e famiglie.