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Come tenere i ‘cervelloni’ in Ticino o farli rientrare

Questa emorragia di giovani preparati indebolisce il potenziale economico del cantone

10 settembre 2021
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Il Ticino è meno attrattivo, la popolazione non cresce più, e ogni anno 800 giovani emigrano. Osservando chi va e chi viene, ma soprattutto chi se ne va... analizzando la demografia cantonale si scoprono tendenze preoccupanti che purtroppo stanno mettendo radici: il Ticino è rifuggito sia dai giovani che emigrano a studiare e lavorare in altri cantoni, sia dai pensionati svizzero tedeschi che ‘snobbano’ la ‘Sonnenstube’, prediligendo altre destinazioni, probabilmente dove la vita costa meno. In più le statistiche mostrano che negli ultimi decenni il motore della crescita della popolazione è stato l’immigrazione dall’estero, in un cantone dove i decessi superano sistematicamente le nascite. 

Insomma, il Ticino non cresce più. Premesso che non si deve crescere per forza, a preoccupare è soprattutto la fuga di cervelli verso altri cantoni. Giovani (dai 20 ai 39 anni) se ne vanno a lavorare a Zurigo, Basilea, Ginevra o all’estero: negli ultimi 30 anni se ne sono andati in 9’500. Mica pochi! Questa emorragia di giovani preparati indebolisce il potenziale economico del cantone. Si perde creatività, capacità manageriali, contributi culturali. Il Ticino ha investito per formare profili che poi vanno a lavorare per aziende delle regioni metropolitane elvetiche. E non c’è un flusso inverso in arrivo a compensare le perdite.   

Che cosa fanno, o possono fare, le autorità per trattenere questo ‘capitale’ in Ticino? A noi sembra che le misure prese fino ad ora non abbiano dato i risultati sperati. La politica deve fare di più. La realizzazione di due università ha creato più posti di lavoro nell’insegnamento universitario, nella ricerca, e ha sicuramente trattenuto più studenti in Ticino, ma non ha frenato l’esodo di cervelli.  

Sicuramente c’è una componente generazionale, i ‘Millennials’ (nati tra il 1980 e il 1990) sono per loro indole più tecnologici, più mobili, più fluidi, pronti a fare i bagagli per fare carriera, per trovare impieghi e salari allettanti. Il punto è che Ticino e Grigioni sono quelli messi peggio di tutti. La fuga di cervelli fotografata nella Svizzera italiana non ha eguali nel resto delle regioni elvetiche. Lo dimostra uno studio federale (ne parliamo sul giornale) fatto su 40mila giovani (tutti 19enni) che evidenzia una preoccupante spaccatura: quasi un ticinese su due dichiara che molto probabilmente lascerà il Ticino (contro il 7% dei cugini svizzero tedeschi e il 12% dei cugini francofoni).

Chi parte ha un chiaro obiettivo in testa, aspira a fare carriera e vuole salari più alti di quelli che trova in Ticino. Il frontalierato (a fine giugno ha superato quota 71’500) probabilmente ha un tale impatto sul mercato del lavoro che sembra allontanare i giovani formati alla ricerca di salari adeguati. Oppure i profili dei ticinesi non sono adeguati alle richieste del mercato locale. Che sia un problema di formazione inadeguata rispetto al mercato, di concorrenza dei frontalieri, di salari troppo bassi o altro ancora, è tempo di reagire. Come tenersi i cervelloni o farli rientrare in Ticino?

Altri cantoni si stanno mobilitando con task force anti spopolamento; con esperti di marketing acchiappa domiciliati; con ambasciatori per facilitare il ritorno dei laureati nel cantone di origine; con riduzioni di imposte per chi ha alti livelli di specializzazione. Se l'emorragia continua non si intravvede un futuro roseo considerando il contesto in cui ci muoviamo: i nati nel periodo del ‘baby boom’ (negli anni Sessanta) si stanno avviando verso la pensione. E sono davvero tanti. Questo significa che Svizzera e Ticino dovranno affrontare grosse sfide nei prossimi dieci anni: possibili squilibri intergenerazionali, più anziani e dunque più costi della salute, una ridefinizione del finanziamento di Avs e secondo pilastro. Le sfide sono tante, le soluzioni non facili, la concorrenza forte. Meglio fare qualche passo avanti. 

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