Salari a confronto tra Ticino e la città sulla Limmat, dove laureati incassano paghe del 40 per cento più alte. Ecco perché i giovani se ne vanno
Fuga di cervelli dal Ticino, se ne vanno in 800 l’anno circa. Anche giovani molto preparati che, partendo, indeboliscono il potenziale economico del cantone. Se ne vanno per trovare un posto di lavoro che corrisponda alle loro capacità, in altri cantoni dove i salari sono più elevati. Ma quanto elevati? Ad ingegneri, architetti, informatici laureati al Poli di Zurigo vengono offerti in Ticino salari sui 3’500/4mila franchi, mentre a Zurigo girano paghe sui 9mila franchi. Un abisso segnalato nelle ultime settimane alla redazione da diversi lettori. Un divario che anche la statistica inizia a leggere come ci spiega Maurizio Bigotta, responsabile settore economia all’Ufficio di statistica del dipartimento finanze ed economia.
In Ticino si guadagna meno che nel resto della Svizzera, ma quanto meno?
Le statistiche più recenti relative ai salari percepiti nel 2018 riportano salari più bassi del 20% rispetto al livello nazionale. Questo è vero per tutti i livelli salariali, partendo da quelli più bassi a quelli più alti.
È un trend costante nel tempo, siamo un’eccezione in Svizzera?
Effettivamente il divario tra Ticino e Svizzera è presente e relativamente costante nel tempo. Essendo il dato nazionale il riassunto di quello delle grandi regioni, c’è chi registra valori superiori al livello svizzero e chi, come il Ticino, valori inferiori. In particolare, Zurigo risulta sempre al primo posto di questa graduatoria mentre il Ticino la chiude. Le altre regioni si situano un po’ nel mezzo con risultati allineati a quelli nazionali.
Tra i salari elevati, quale differenze avete riscontrato tra Ticino e Zurigo?
Effettivamente le differenze più importanti tra le due regioni si riscontrano nei salari più elevati. Il 25% dei salariati meglio pagati di Zurigo percepisce un salario al di sopra di una soglia che è del 40% più elevata rispetto a quella ticinese.
È possibile, come ci segnalano i lettori, che ad esempio un ingegnere diplomato al poli di Zurigo trova salari da 4mila franchi in Ticino, e il doppio a Zurigo?
È importante segnalare che i confronti sopra sono fatti nel complessivo e non basati sulla singola persona. La struttura e composizione dell’economia cantonale sono fattori che influenzano l’osservazione dei livelli inferiori. Un confronto tra profili più simili, ad esempio tra giovani ingegneri alle prime esperienze lavorative, mostra comunque delle differenze anche se meno marcate di quelle riportate.
In quali settori ci sono differenze più marcate di salari tra Ticino e resto della Svizzera?
Si osservano differenze in quasi tutti i rami economici, in particolare nelle attività manifatturiere e nei servizi che richiedono profili più elevati, come le attività professionali, scientifiche e tecniche, le attività finanziarie e assicurative e le attività dei servizi di informazione e comunicazione.
I premi cassa malati in Ticino possono anche essere superiori al resto della Svizzera e gli affitti sono aumentati in Ticino del 60%: i diversi costi della vita giustificano davvero questi divari?
Ci sono diversi fattori che influenzano il livello salariale regionale, uno è sicuramente il costo della vita che risulta inferiore in Ticino. Ma ci sono anche altri fattori importanti come la diversa struttura economica e la presenza significativa di lavoratori frontalieri con salari inferiori.
Nel 2014, un laureato guadagnava 910 fr in meno rispetto al 2006, è un trend che continua?
Anche nello studio più recente sull’evoluzione si registrano salari in calo tra chi ha una formazione terziaria. Tra il 2008 e il 2018 il calo è stato di poco più di 120 franchi ed è causato in prima parte dal cambiamento strutturale di questi lavoratori. Questo non significa che un laureato percepisce salari inferiori rispetto a dieci anni fa, bensì che più laureati occupano ora posizioni remunerate meno.
In Ticino, i lavoratori elvetici guadagnano più degli stranieri e fra gli stranieri quelli che guadagnano meno sono i frontalieri (sono il 30% degli occupati, erano il 17% nel 2002). La vicinanza con la Lombardia condiziona i salari della manodopera residente e li porta al ribasso?
Come detto prima, la presenza di manodopera frontaliera che può permettersi salari inferiori è sicuramente uno dei motivi che sta dietro alle distorsioni salariali presenti sul mercato del lavoro ticinese. A riprova, nelle altre regioni transfrontaliere svizzere il divario salariale tra residenti e frontalieri è inferiore o addirittura inesistente, questo anche perché le regioni di confine francesi e tedesche sono più simili, in termini economici, a quelle svizzere.
Fino a due generazioni fa chi partiva per studi accademici poi rientrava a lavorare in Ticino, oggi si fatica a tornare (infatti se ne vanno in 800 l’anno circa) anche per una questione di salari: chi studia al Politecnico di Zurigo, se resta sulla Limmat trova salari del 40% più elevati. Per un ingegnere o un informatico ticinesi significa guadagnare anche 4mila franchi in più. Non sarà sempre una questione di salario, ma spesso lo è. Se il trend continua non si rischia di indebolire il potenziale economico del Cantone? Quali ripercussioni; quali rimedi? Ci risponde il professor Spartaco Greppi che alla Supsi dirige il Centro competenze lavoro, welfare e società. «Il criterio salariale è sicuramente importante ed ha un’incidenza preponderante sulla scelta del luogo di lavoro. Se dovesse persistere, o addirittura peggiorare, il fenomeno dei bassi salari, favorendo nuove emorragie di cervelli, il Ticino sarà destinato a perdere in dinamismo, in innovazione, in vivacità economica, sociale, culturale. Pensiamo ad esempio ai giovani che fondano startup, imprimendo dinamismo alla società in cui vivono. Tutte risorse che il Ticino vede emigrare verso i centri urbani elvetici», spiega il professore.
Un ruolo determinante per invertire questa tendenza ce l’ha la politica. «Altri Cantoni stanno investendo per attuare strategie virtuose che attraggono cervelli mobili, mentre in Ticino il contesto non sembra favorevole per fare investimenti. Prevale il pareggio di bilancio, il freno alla spesa pubblica mentre i bisogni sociali crescono. Per attirare cervelli occorre investire e offrire salari adeguati mentre il dibattito politico sembra concentrarsi prevalentemente su come attirare i contribuenti facoltosi».
Per il professore, il fenomeno non è solo ticinese ed è multidimensionale. «Sicuramente il contesto ticinese - incuneato in una realtà lombarda dinamica che offre un enorme bacino di manodopera anche specializzata - è più fragile di quello nazionale. Ma tutta la società è più mobile: anche la Svizzera approfitta della fuga dei cervelli dalla Francia, dalla Germania».
Inoltre le scuole ticinesi sfornano più lavoratori specializzati di un tempo e non tutti trovano impiego in una realtà piccola come quella ticinese. «Formiamo molti più profili specializzati e c’è chi parte per poter trovare un posto all’altezza delle personali aspettative. Ambizioni e stili di vita sono cambiati».
C’è anche una lettura storica. Il Ticino ha già vissuto fasi di emigrazione in passato, quello che manca oggi sono i posti ‘sicuri’ ben retribuiti. «La forte crescita economica degli anni 60 ha celato vari scompensi del sistema. Allora i ticinesi lavoravano in banca o alle regie federali ed i frontalieri in fabbrica. I posti federali assorbivano parecchia manodopera specializzata offrendo salari elevati.
Un esempio sono le Officine: da 700 dipendenti siamo passati a circa 400. Restano poche grandi imprese in grado di assorbire molta manodopera specializzata pagando buoni salari. Oggi gli scompensi vengono a galla».
Ad aumentare sono le realtà economiche che sfruttano la manodopera a basso costo, come dimostra la struttura del mercato del lavoro in Ticino, dove il 30% degli occupati sono frontalieri (erano il 17% nel 2002). «È irrealistico pensare che il Ticino, con la sua economia ricca di export, possa ‘fare da sé’.
Occorre piuttosto capire come superare certe fragilità che vengono da lontano, in una realtà che accanto ad alcune eccellenze vede ancora una forte dipendenza dalla manodopera a basso costo».
La presenza massiccia di manodopera frontaliera - rappresenta il 30% degli occupati in Ticino - che può permettersi salari inferiori vivendo in Italia è sicuramente uno dei motivi che sta dietro alle distorsioni salariali presenti sul mercato del lavoro ticinese. A dirlo è il ricercatore Maurizio Bigotta, responsabile settore economia all’Ufficio di statistica del Dipartimento finanze ed economia, che ha analizzato i tre mercati di lavoro transfrontalieri elvetici. Quello che succede in Ticino è un’anomalia e non accade nelle altre regioni, dove il divario salariale tra residenti e frontalieri è inferiore o addirittura inesistente. Il motivo è presto spiegato: le due regioni svizzere a forte presenza di frontalieri sono più simili, in termini economici, a quella francese e tedesca; c’è inoltre una struttura differente del mercato del lavoro locale e una minore pressione dalle regioni limitrofe, caratterizzate da una popolazione più ridotta rispetto a quella Lombarda.
Nello studio del 2017 ‘Il differenziale salariale tra residenti e frontalieri in Ticino’ (redatto da Bigotta quando era ricercatore all’Università di Neuchâtel) si precisa ad esempio che nella regione del Lago Lemano i gap salariali sono positivi, quindi i frontalieri in questa regione guadagnano più dei residenti, mentre nella regione basilese del Nord Ovest i gap salariali sono negativi, ma relativamente ridotti. I livelli di formazione e qualifica dei lavoratori sono maggiori in queste due regioni rispetto a quanto osservato in Ticino, dove i frontalieri ricevono salari nettamente inferiori ai residenti (vedi grafica).
Nelle sue conclusioni, il ricercatore precisa che “il Ticino vive una situazione di particolare fragilità rispetto alle altre regioni a forte presenza di frontalieri”. Un crescente sentimento di vulnerabilità, espresso dalla popolazione anche tramite le votazioni popolari in materia, che è sintomo di una situazione reale e complessa che richiede, scrive il ricercatore, controlli maggiori da parte dell’amministrazione cantonale in materia di dumping salariale e protezione dei lavoratori indigeni, in particolare quelli più vulnerabili.