Con Borradori il movimento ha perso un altro mediatore tra le anime sempre più conflittuali. Ora il cammino si fa impervio, con Udc e Plr che scalpitano
Alle esequie di Marco Borradori ha partecipato, schierato e commosso, tutto ciò che la Lega ha sempre contrastato e combattuto. Il Consiglio federale, rappresentato dal ticinese Ignazio Cassis. La radiotelevisione pubblica che, tanto vituperata dal movimento di via Monte Boglia, dagli aeroplanini che per il Nano andavano fatti con il canone in avanti, ha dedicato speciali di ore e ore alla scomparsa del sindaco di Lugano. Le autorità tutte, così lontane dalla fu carovana della libertà e dalle foto di Bignasca e Maspoli sulla Foca a Bellinzona. Una Lega delle origini che, non certo da martedì mattina, con una supernova è diventata il grande insieme dei suoi resti. Un movimento che, orfano dei fondatori storici e ora del suo esponente più trasversalmente amato, deve interrogarsi una volta per tutte su cosa fare da grande nonostante sia già un trentenne robusto.
Gli applausi deferenti a Borradori dipendono da fattori ineludibili come il decesso di un sindaco in carica, nonché ex membro del governo, e dalla sua vasta popolarità. Ma anche dal fatto che il movimento di protesta è diventato un partito istituzionalizzato a ogni livello, dal Consiglio di Stato alle poltrone nei Consigli d’amministrazione passando per le cariche in magistratura. Con un dettaglio non da poco: se la guida di Giuliano Bignasca era netta, ora anche la nuova organizzazione che la Lega ha deciso di darsi – il Consiglio esecutivo di sette persone con a capo un coordinatore – non sembra dare un grande stimolo verso una gestione più ‘partitica’. Questo organo rappresenterà ai vertici quello che è la Lega adesso: un insieme di anime e di interessi che spesso sono addirittura in conflitto tra di loro. Il problema è che sono sempre meno i mediatori capaci, a vari livelli di influenza nel movimento, di trovare una sintesi. Chi potrebbe per carisma, polso e conoscenza della materia prendere in mano la situazione siede in Consiglio di Stato, e l’opportunità sconsiglierebbe un impegno, almeno sotto i riflettori, maggiore di quello attuale.
Di Marco Borradori è stata lodata a più riprese, dentro e fuori la Lega, la grande capacità di mediare, gestire, valutare con attenzione, esercitare la nobilissima arte del dubbio. Durante le esequie è stato detto che emularlo sarà difficile se non impossibile, considerata la sua unicità. Ma che ispirarsi al suo lascito politico e umano si può e si deve. La prima tappa dovrebbe essere quindi seguire il suo esempio per quanto riguarda la gestione interna, soprattutto guardando alle sfide difficilissime che le si pongono davanti nel prossimo futuro.
La recente flessione tra elezioni cantonali, federali e comunali va di pari passo con la crescita dell’Udc. Il discorso che tutto va bene finché i voti restano nell’area, nell’alleanza che in questi appuntamenti è andata a braccetto alle urne, non è più sufficiente. Primo, perché l’alleanza per i prossimi appuntamenti è da definire e non sarà facile. Secondo, perché l’Udc essendo un partito nazionale ha dalla sua molto più carburante e l’intenzione, celata dietro i “vogliamo migliorare”, è di mettersi in rampa di lancio per un aggancio nel minor tempo possibile.
Con la svolta a destra del nuovo corso liberale radicale, e il non nascosto intento di Speziali di andare a pescare lì i voti e il sostegno per la sua ‘offensiva liberale’, la Lega decida la strada che vuole prendere. Ma attenzione: prima di scegliere il sentiero da percorrere bisogna dotarsi dell’attrezzatura giusta. E quella di oggi non pare essere adatta ai cammini più impervi. I tempi cambiano.