Salvini e noi, ostaggi dell'ignoranza e dell'incompetenza, della politica dei rancori e dei muri
Salvini ha deciso che la visione teocratica dei detestati musulmani può tornargli utile e infatti davanti ai tifosi plaudenti ha invocato e baciato a sostegno della causa leghista il crocifisso e la madonna. La novità: non è la gestione della politica che deve conformarsi alla volontà divina, ma è il contrario. In ogni modo dubito che il Padreterno abbia apprezzato, anche perché a ben guardare non è che la salviniana concezione del mondo – disseminata di muri e frontiere, di porti chiusi e lager libici con il Mediterraneo a far da cimitero – si accordi con i precetti del Vangelo.
Il rosario reinterpretato
Aderiscono alla predicazione salviniana tanti devoti cattolici dalle idee confuse, fra di loro porporati, che non sembrano in odor di santità: ritengono che la politica dei respingimenti, del primanostrismo ad oltranza, della frontiera invalicabile fra noi e gli altri, sia perfettamente compatibile con l’apostolato evangelico. E pazienza per gli effetti secondari, i lager e i morti in mare: ci sono, ma si vedono poco, e quindi per noi non esistono.
Salvini, ancor prima di fare del crocifisso uno strumento di propaganda al servizio del livore e della discriminazione, calpesta con indecenza e senza ritegno la carta dei diritti dell’uomo e scardina tutti i principi a garanzia dello Stato di diritto. Esibizioni come le sue, solo pochi decenni orsono, sarebbero state considerate uno sgarbo inammissibile ai principi cardine della liberaldemocrazia, ma oggi vi è la tendenza a “normalizzare” ciò che un tempo era impensabile.
L’inquietante normalizzazione
In un saggio del 2017 due studiosi americani, Knobe e Baer, dimostrano con inoppugnabili argomenti che se il comportamento del presidente Trump inizialmente era guardato con sospetto e indignazione – diciamo una sorta di cedimento al cattivo gusto del tutto casuale –, oggi rientra nella normalità: non è più oggetto di generale biasimo; ha numerosi emuli e la rielezione non è da escludere. Noi oggi abbiamo “normalizzato” la brutalità di trattamento dei migranti, abbiamo “normalizzato” i morti in mare, abbiamo “normalizzato” i lager, abbiamo “normalizzato” comportamenti xenofobi e razzisti e c’è perfino chi assicura, fra gli intellettuali della “normalizzazione”, che non bisogna confondere certe violente esuberanze con empatie di stampo fascista. I populisti dell’ultradestra – ci dicono – non rinnegano la democrazia come faceva il fascismo. Vero: ma quando la democrazia è invocata per limitare le libertà degli altri, è ancora democrazia? Avverte il filosofo Jason Stanley che la “normalizzazione” trasforma ciò che è moralmente straordinario in ordinario. Ci consente di tollerare ciò che un tempo era intollerabile. La “normalizzazione” in corso accredita la discriminazione fra “noi” e “loro”, e pericolosamente legittima la pratica diffusa del“pregiudizio linguistico intergruppi”: è “uno di noi” a rubare la mela dal cesto? Niente di grave: ha rubato solo una mela. È “uno di loro” a rubare la mela? Il giudizio cade inesorabile: l’ha fatto perché è un delinquente. In virtù di questo processo di “normalizzazione”, il populismo dei cosiddetti sovranisti alla Salvini insegna ai nostri figli che il senso di identità nazionale è fondato sulla marginalizzazione degli altri: di quegli “altri” che a causa dei conflitti armati, dei cambiamenti climatici, degli effetti delle disparità economiche saranno sempre più numerosi; e quindi urgono le barriere contro i “criminali stranieri”, così li ha definiti Trump.
La politica che nega il suo fine
Oggi inquieta il rapido processo di disumanizzazione della politica a cui abbiamo assistito ovunque e che ci porta a trattare gli altri come essere umani incompleti, sui quali è lecito compiere azioni inaccettabili in un contesto normale. La diversità etnica, secondo questa visione, è sinonimo di delinquenza, carenza morale, inaffidabilità. E per loro non valgono certi diritti.
Non molto tempo fa anche da noi un sedicente esponente delle forze dell’ordine ha dato, con disinvolta dimestichezza, dimostrazione pratica del concetto invitando i “nostri” a buttar fuori i maiali (migranti) dal paese e pure una sedicente rappresentante del popolo (quale popolo?) ha avuto da ridire sulla cattiva abitudine di portare in chiesa a servir messa i ragazzini di colore.
La forza dell’ignoranza e dell’incompetenza
Salvini, demagogo sfrenato, a cui non interessa capire le ragioni dei disagi, ma i rancori li alimenta e li coltiva con passione e li dilata a dismisura, ha la forza dell’ignoranza semplificatrice e dell’incompetenza. E parte cospicua dei cittadini lo osanna, perché l’ignoranza sorretta dal linguaggio sgangherato e semplificatore, condito dal rosario reinterpretato, è ritenuto un valore che consente di mirare diritti alla soluzione dei problemi che l’odiata élite non risolve.
La regressione morale e l’obnubilamento della ragione su cui fa leva il populismo di destra sono tali che vien da pensare, a proposito di chi confida in questi personaggi, che è inutile cambiare i governi se non cambiano i cittadini, e infatti corre la convinzione aristotelica che ogni popolo ha il governo che si merita. Converrebbe allora seguire il consiglio di Bertolt Brecht: eleggiamo un nuovo popolo e finalmente avremo un nuovo governo.
In fondo anche da noi – sebbene i buoni politici ancora non siano estinti – la “normalizzazione” di atteggiamenti politicamente indecenti è in atto: gli accenni xenofobi, i comportamenti razzisti non sono più casi isolati e pure certe adesioni entusiastiche alla croce uncinata non mancano. Il pensiero critico (ossia la capacità di analizzare le informazioni, discernere priorità, elaborare soluzioni) è sempre meno prevalente, e ignoranti e incompetenti seminano il loglio nel campo della politica. È in atto un’impressionante regressione civile e morale, e la nostra risposta è l’indifferenza e la rassegnata assuefazione al peggio.
Il medico e il giornalista
Un recente assaggio di questa brutta politica l’abbiamo avuto con la solita deputata. Si è scagliata contro Reto Ceschi, ottimo giornalista che sa il fatto suo, accusato di avere intervistato Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, che ha descritto le immani sofferenze dei morti ammazzati nei lager e affogati nel Mediterraneo, ha mostrato le conseguenze dei diritti calpestati e della cinica mancanza di umanità di un certo modo di intendere la politica, e ha impietosamente smascherato la narrazione menzognera dell’ultradestra salviniana. Ma alla solita deputata la cosa non è piaciuta perché la destra leghista ha un’altra versione e per i migranti è gradito un trattamento alternativo.
A proposito: Le leggi vanno rispettate? Certo! Ma ci sono delle condizioni. E per verificarle si rilegga, la deputata, gli articoli 7 e seguenti della costituzione federale, e utile è pure una rapida incursione nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Dopo di che una domanda: come la mettiamo quando una legge positiva viola i diritti fondamentali? La rispettiamo o la rifiutiamo come fecero, tanto per restare a casa nostra, il pastore Guido Rivoir negli anni Settanta o quei cittadini eminenti a cui Lugano ha dedicato un Giardino dei Giusti? Vorrei ricordare che lo Stato di diritto non è lo Stato delle leggi, è molto di più: è lo Stato dei diritti fondamentali, dove certe tentazioni malsane non trovano spazio.
Non pensare all’elefante!
Ma fino a quando staremo zitti e indifferenti, fino quando riterremo leciti certi vergognosi atteggiamenti che offendono la dignità delle persone? Fino a quando resteremo ostaggi dell’ignoranza e dell’incompetenza, dell’analfabetismo democratico di troppi eletti? Fino a quando resteremo sordi ai moniti della memoria? Fino a quando accetteremo che la politica dei ponti e della solidarietà sia mortificata dalla politica dei rancori e dei muri? Il sociolinguista George Lakoff ci raccomanda di cambiare linguaggio, di cominciare a parlare di ponti e solidarietà, di diritti di uomini e donne e di rispetto della dignità di ogni essere umano. E di dimenticare i muri e le frontiere evocati ad arte per alimentare divisioni e rancori. “Non pensare all’elefante!” ci dice Lakoff perché se lo fai continuerai a rappresentarlo nella mente: se pensi ai muri e alle barriere ti convincerai che ci sono, quindi cancellali e adotta un nuovo modo di pensare. Usa parole nuove e sii propositivo. E ricorda che non tutti i politici pensano con il cervello; parecchi danno l’impressione di pensare con altre parti del corpo: non conviene assecondare le cattive abitudini. Lo fanno già in troppi.