Insegnare ai propri figli a dire di no per difenderli da ladri virtuali
Quando il primo amore adolescenziale nasce con un boyfriend virtuale, c’è il rischio di farsi davvero male. Succede e continua a succedere. È difficile immaginare che un giovane, nativo digitale, ignori i rischi della rete e l’unica vera regola d’oro, ossia che si perde il controllo di ogni foto e video postati.
Se ne parla a scuola, in famiglia, sui media, a serate tematiche. Eppure vari ragazzini continuano a inviare i loro scatti a luci rosse per soddisfare un partner insistente («Ti amo, mandami una foto dove sei nuda») o uno sconosciuto, che tra complimenti e promesse, guadagna la loro fiducia e diventa l’amico del cuore virtuale.
Si agisce di impulso per piacere ed essere amati, per la pressione del ‘presunto’ partner, per la paura di perderlo… poi quando la frittata è fatta, c’è chi non esce più di casa dalla vergogna. Si arrossisce al pensiero di avere le proprie foto erotiche in rete, magari finite su siti pornografici, accessibili a tutti. Anche andare a scuola diventa pesante. Per non parlare di chi si è tolto la vita o ha tentato di farlo.
Proteggere i propri figli da tutto questo non è facile, come ha dimostrato un recente processo contro un trentenne del Locarnese, che, barando sulla sua età – si spacciava per un 15enne facoltoso di bell’aspetto – ha adescato negli ultimi 8 anni venti ragazzine (tra 11 e 15 anni) tramite social o app.
Le agganciava su Fb o Instagram e una volta ottenuto il numero di telefono, le chiamava via Skype, iMessage, Wup o Facetime. Il finto ‘teenager’ faceva il primo passo, inviando filmati delle sue pratiche erotiche. Con l’inganno ha convinto 17 ragazzine a mostrarsi in atti di masturbazione o a spedire foto o video di nudo. Intimità rubate che l’uomo poi spediva ad altri.
Abbiamo incontrato i genitori di una delle 17 vittime, una timida 13enne, che fatica a parlare col compagno di banco, ma ha messo la sua intimità nelle mani di uno sconosciuto nella rete. Come è possibile tanta ingenuità e fiducia mal riposta? Eppure non è la sola ad averlo fatto.
Abbiamo trovato una famiglia normale, dove c’è dialogo, dove si discute a cena anche dei rischi della rete. Eppure nella sua cameretta, nell’intimità del suo smartphone, la figlia adolescente è rimasta invischiata nella ragnatela di un predatore sessuale che l’ha adescata, sedotta e indotta a postare sue immagini erotiche. Per gli ignari genitori è stato devastante, la prima reazione è stata la delusione, poi è subentrata la rabbia, infine i dubbi: «Ci sentiamo in colpa per non essere riusciti a proteggere nostra figlia da un ladro che è entrato nella sua vita e le ha rubato l’innocenza». Questa famiglia pensava che queste ‘brutte cose’ succedono agli altri. Dice la madre: «Nessuno è al riparo da questi abili professionisti della seduzione che agganciano i nostri figli online». Controllare i loro smartphone serve a poco, infatti sanno far sparire ogni traccia.
Per la ragazzina, una giovane molto introversa, c’è stata l’umiliazione di doversi raccontare e svelare in polizia. Insomma un gesto d’impulso, uno scatto e un ‘invia’, che ha pesanti ripercussioni anche sull’intera famiglia creando un vero e proprio inferno.
Vietare non sembra servire a molto. Come spiega a pagina 2 lo psicologo Pierre Kahn, la migliore prevenzione è allenare i nostri figli a pensare, a vedere i rischi, a soppesare costi e benefici.