Dopo le dichiarazioni del procuratore generale Pagani, attendiamo con interesse l'esito degli approfondimenti della Commissione parlamentare d'inchiesta
Nessun illecito penale. Né corruzione né concessione e accettazione di vantaggi. Ma nella gestione, da parte del Cantone, del mandato alla Argo 1 ci sono state “carenze amministrative manifeste”. Che ora a dirlo – in maniera esplicita – sia il Ministero pubblico, non è cosa da poco. Ciò che il procuratore generale Andrea Pagani ha dichiarato nella conferenza stampa di ieri, a proposito delle citate carenze, è musica per le orecchie della Cpi. Quantomeno suona come un invito a scavare a fondo rivolto alla commissione d’inchiesta istituita dal Gran Consiglio proprio per chiarire gli aspetti amministrativi del dossier Argo 1.
Quando un paio di settimane fa il pg aveva prospettato l’abbandono del procedimento a carico dei funzionari del Dipartimento sanità e socialità che avevano avuto a che fare con il controverso incarico assegnato alla ditta di sicurezza (la sorveglianza dei centri per richiedenti l’asilo), c’è stato chi ha sparato a zero sulla Cpi, definendola inutile. Come se bastasse il verdetto assolutorio della magistratura inquirente per valutare l’agire del Cantone in relazione all’affaire Argo 1. Ma il funzionamento di una pubblica amministrazione e quindi il comportamento dei propri collaboratori non possono essere giudicati solo sfogliando il Codice penale. Ci sono anche delle norme amministrative da rispettare. E delle regole deontologiche, scritte o non scritte, da osservare. Regole che sono al riparo dalla prescrizione e che, come abbiamo già avuto modo di scrivere, permettono o dovrebbero permettere al funzionario, come al politico, di distinguere quello che è opportuno fare da quello che non lo è, anche se una certa decisione non viola il Codice penale.
Per tutto questo attendiamo con interesse di conoscere le conclusioni del lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta, dato che unicamente a lei – e non al Ministero pubblico, come ha ancora ricordato ieri il procuratore generale – tocca approfondire quelle “manifeste” disfunzioni amministrative che l’indagine (penale) del pg ha fatto emergere. Ma dalla Cpi ci aspettiamo pure valutazioni politiche. Vorremmo sapere per esempio come mai il deputato e presidente cantonale del Ppd Fiorenzo Dadò non abbia informato la commissione Gestione del Gran Consiglio, di cui era (ed è) membro e sotto la lente della quale era da mesi il fascicolo Argo 1, della cena offerta nell’ottobre 2014 a Bormio a lui e alla sua compagna, responsabile al Dipartimento sanità e socialità del Servizio richiedenti l’asilo, dall’allora capo operativo della ditta Marco Sansonetti. O come mai non abbia informato la stessa Gestione dell’incontro con il direttore, in seno al Dss, della Divisione dell’azione sociale Renato Bernasconi, tenutosi nel giugno 2017 (il caso Argo 1 era ‘scoppiato’ nel febbraio di quell’anno) e al quale aveva partecipato anche la compagna del granconsigliere e un ausiliario del Dipartimento. Cena e incontro: due circostanze venute a galla grazie a indiscrezioni giornalistiche.
Nell’ambito dei propri accertamenti la Cpi ha sentito anche Dadò. Attendiamo con interesse di leggere le conclusioni del rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta su tutti i capitoli, inclusi quelli concernenti il dopo febbraio 2017, della vicenda Argo 1.