Il rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla controversa gestione del settore asilo si concentra su lacune, cause e singole responsabilità
Non c’è la ‘pistola fumante’, ma ci sono senz’altro i ‘colpi’ nel rapporto conclusivo della Cpi, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Argo 1. Con ogni probabilità non sapremo mai il motivo per cui proprio a quella ditta di sicurezza, la Argo 1, il Dipartimento sanità e socialità (Dss) abbia assegnato il compito di sorvegliare i centri per richiedenti l’asilo, con un mandato diretto attribuitole nel 2014 e rinnovato negli anni, sino agli inizi del 2017, ma senza la necessaria risoluzione governativa. Tuttavia le oltre 130 pagine scritte dalla Cpi e consegnate ieri alla storia, con la loro pubblicazione sul sito dell’Amministrazione cantonale, elencano “lacune” prima, e “cause e responsabilità” dopo, che permettono di capire come sia stato possibile, in un settore tanto delicato quanto quello della gestione dei migranti, un “pasticcio amministrativo” di tali proporzioni. Un pasticcio emerso nel febbraio di due anni fa con gli arresti del responsabile operativo della Argo 1 per atti di violenza contro un asilante e usura e di un agente dipendente di quella società per terrorismo. Un “pasticcio amministrativo” che, contrariamente a quanto affermato più volte dal direttore del Dss Paolo Beltraminelli, ha portato la Divisione dell’azione sociale (Dasf) a “trascurare gli aspetti qualitativi della gestione del settore”. Il funzionamento è stato sì garantito, ma – scrive la Cpi – “non possiamo giustificare la violazione di leggi e regolamenti unicamente con un risultato pratico positivo nell’operatività quotidiana dei centri”.
Le responsabilità. Del politico (il consigliere di Stato) e dei funzionari del Dss. “L’errore grave” che la Commissione addebita a Beltraminelli “è stato l’aver sottovalutato il problema e sopravvalutato le capacità dei suoi collaboratori: l’assunzione di un compito così delicato avrebbe richiesto un sistema di controllo più efficace”. Quale direttore di Dipartimento “dovrebbe essere il primo responsabile di verificare la legalità di tutte le decisioni dei suoi funzionari, anche quelle in delega. Ma già prima della firma del contratto con Otenys/Argo 1 erano state violate leggi e regolamenti nell’ambito della gestione del settore dei richiedenti l’asilo”. Ed eccoci ai funzionari. Claudio Blotti, all’epoca capo della Divisione dell’azione sociale? “È la persona – annota la Cpi – che ha le maggiori responsabilità di quanto accaduto”. Anzitutto “non ha vigilato sul rispetto di leggi e regolamenti” (ad esempio “è lui che ha fatto firmare il contratto di Argo 1 a Beltraminelli in violazione del Regolamento sulle deleghe”). Blotti “ha sempre sostenuto che ci si trovasse davanti a un’emergenza”: il grande afflusso di asilanti. Se lo stato di emergenza, rileva la Cpi, “può essere giustificato nel luglio 2012 con la chiusura delle pensioni” dove venivano alloggiati i migranti, “non si può sostenere che questo sia durato fino alla sottoscrizione del contratto con Argo 1” (era il 2014). Renato Scheurer? L’allora capo dell’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (Ussi) “è stato l’artefice di questa vicenda”. Ha fatto affermazioni “e poi le ha ritrattate (anche davanti al pg) in merito alla consapevolezza della necessità di una risoluzione governativa”. Renato Bernasconi? Dopo lo scoppio del caso Argo 1, l’attuale capo della Divisione “ha preso iniziative che appaiono perlomeno dubbie”. Come “la collaborazione con Blotti” nella ritrattazione di Scheurer davanti alla Sottocommissione ‘Vigilanza’ o il non aver informato Beltraminelli dell’incontro nel suo ufficio con Carmela Fiorini e il compagno di lei Fiorenzo Dadò sulla cena di Bormio pagata alla coppia da Sansonetti.
Il governo ha nel frattempo adottato alcune misure per scongiurare un nuovo caso Argo 1, fra cui l’avvio della riorganizzazione dell’Ussi, l’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (sarà un altro ufficio, “un ufficio a sé stante”, ad avere la responsabilità della gestione dei richiedenti l’asilo). La Cpi tuttavia avanza una serie di puntuali raccomandazioni all’indirizzo del Consiglio di Stato. Eccone alcune. Occorre valutare “in maniera più selettiva” le candidature a posti dirigenziali in seno all’Amministrazione e “questo facendo capo alle competenze interne della Sezione delle risorse umane o affidandosi ad analisi esterne da parte di specialisti del settore”. In caso di sospetto di reati penali, lo Stato “non dovrebbe limitarsi a segnalare la fattispecie alla Magistratura, ma dovrebbe anche prendere in seria considerazione la possibilità di costituirsi sin dall’inizio accusatore privato in forza del possibile danno, anche solo di immagine”. La Cpi invita inoltre il Dipartimento istituzioni a considerare la possibilità di una modifica della legge (la Lapis) “che meglio disciplini” il settore delle agenzie di sicurezza private.
Già nella ‘Premessa’, a pagina 3 delle 132 di cui consta il rapporto, la Commissione parlamentare d’inchiesta non usa giri di parole. “Pur sollevata dal fatto che non sia stata provata la corruzione – scrive la Cpi riferendosi al decreto d’abbandono del pg Andrea Pagani nei confronti dei funzionari che si sono occupati del mandato alla Argo 1 –, la nostra Commissione non può non sottolineare come in questa vicenda siano state ripetutamente violate le principali regole alla base della gestione della cosa pubblica: la Legge sulle commesse pubbliche e il relativo regolamento; il Regolamento sulle deleghe; nonché la Legge sulla gestione finanziaria dello Stato e il relativo regolamento, segnatamente per quanto attiene al controllo interno”.
Niente di penale, come appurato dalla magistratura inquirente, ma manifeste carenze amministrative per citare le parole pronunciate dal procuratore generale, spiegando lo scorso dicembre le ragioni dell’archiviazione del procedimento a carico degli ex funzionari del Dss interessati dal caso Argo 1. E ancora: “Dal rapporto che presentiamo oggi emerge un quadro preoccupante e desolante circa la superficiale conduzione del settore dell’asilo negli scorsi anni (le nostre verifiche partono dal 2012)”, annota la Cpi. E poi l’affondo: “Omissioni, segreti, reticenze, versioni concordate, ritrattazioni sono spesso stati al centro degli interrogatori compiuti dalla Cpi per far luce su una vicenda per la quale, se tutti avessero detto la verità con umiltà e trasparenza sin dall’inizio, si sarebbero risparmiati molto tempo e molto denaro, e si sarebbero evitate molte parole inutili e molti sospetti”.
«Non abbiamo ancora letto la risposta del governo». Taglia corto da noi raggiunto il leghista Michele Foletti, coordinatore della Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi) incaricata di far luce sull’affaire Argo 1. «Stando al poco che ho appreso, mi pare che l’unica cosa che ci viene contestata dal Consiglio di Stato è il fatto di aver criticato l’Esecutivo, rilevando di aver lasciato solo il Dipartimento della sanità e della socialità nella gestione del caso» continua Foletti. Precisamente, la critica che si legge nel rapporto della Cpi è che “l’Esecutivo continua a privilegiare una sorta di rinuncia alle responsabilità, lasciando ai singoli Dipartimenti il compito di risolvere problemi anche complessi”. Tesi, questa, negata dal Consiglio di Stato ribadendo che la Cpi “omette di considerare la situazione puntuale d’urgenza” verificatasi. Ad ogni modo, la risposta del governo è stata ricevuta sì martedì, «ma non l’ho fatta distribuire contestualmente. Il 12 febbraio ci troveremo a livello di Cpi, per discuterla». Di più non dice Foletti, se non che «abbiamo deciso di non rilasciare dichiarazioni fino a dopo il dibattito». Dibattito che avrà luogo nella seduta di Gran Consiglio del 18 febbraio, dove la Cpi illustrerà il proprio rapporto.
Istituita il 6 novembre 2017 per decisione del Gran Consiglio, la Cpi – composta, oltre che da Foletti, da Giorgio Galusero (Plr), Claudio Franscella (Ppd), Carlo Lepori (Ps), Michela Delcò Petralli (Verdi) e Tiziano Galeazzi (Udc) – aveva un compito preciso: approfondire e valutare, sia sul piano amministrativo sia sul piano politico, la gestione cantonale del settore dell’asilo. Va da sé, alla luce di quanto successo con Argo 1, la ditta di sicurezza cui il Dss aveva affidato il mandato, senza la necessaria risoluzione governativa, di sorvegliare i centri per profughi. Il mandato, tra 2014 e 2017, è costato 3,4 milioni. Il lavoro della Cpi si è dovuto confrontare anche con una fuga di notizie. Nell’edizione del 13 gennaio, il domenicale ‘il Caffé’ ha pubblicato stralci del rapporto commissionale. Fatto, questo, che ha portato a una denuncia penale contro ignoti per violazione del segreto d’ufficio. Denuncia inoltrata al Ministero pubblico dalla stessa Cpi, dopo aver preso questa decisione all’unanimità.