Commento

Le metamorfosi di Mendrisio

Mendrisio (e i mendrisiensi soprattutto) tanti mutamenti in così poco tempo, di certo, non se li aspettava

7 novembre 2018
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Mendrisio (e i mendrisiensi soprattutto) tanti mutamenti in così poco tempo, di certo, non se li aspettava. È vero, il salto più grande è stato quello dell’aggregazione e del passaggio da Borgo a Città. Ma i riferimenti politici (e ancor più partitici), quelli, erano rimasti granitici negli anni, con il Ppd a tenersi stretto il sindacato e, a tratti, le maggioranze. E neppure il succedersi di volti e politici aveva turbato più di tanto la routine. Poi è successo qualcosa, si è insinuato il cambiamento: nella guida del Comune (passata a un sindaco Plr) e (persino) nei suoi punti cardinali. Tutta ‘colpa’ di un paio di dimissioni a sorpresa.

Sta di fatto che nello spazio di meno di un anno, prima è uscito di scena l’ex sindaco Carlo Croci, poi (giusto ieri), ha confermato le sue dimissioni il collega di partito (il Ppd) Piermaria Calderari. Un municipale alla testa di due dicasteri chiave per la Città di Mendrisio: le Finanze e la Pianificazione. Nel mezzo, certo, vi è da registrare l’elezione di un nuovo sindaco, Samuele Cavadini, che dopo 46 anni torna a essere liberaleradicale. E vi è altresì l’ingresso di un nuovo municipale (Ppd) come Paolo Danielli, che ha contribuito ad abbassare l’età media dell’esecutivo. Ma c’è di più, la partenza (a gennaio) di Calderari aprirà la porta del Palazzo a una donna (Francesca Luisoni), giovane (ha 37 anni) e «capace», come annota lo stesso uscente. E anche qui non succedeva da un po’; senza trascurare il fatto che sarà la prima della nuova Città. A qualche mendrisiense potrebbe cominciare a girare la testa per i troppi cambiamenti, e da metabolizzare in qualche manciata di mesi. Per Calderari, invece, questo era il «momento giusto» per andarsene, come ha detto ieri dando l’annuncio. Anche perché, ci ha confidato, se avesse voluto restare e ricandidarsi nell’aprile del 2020, avrebbe anche accettato la carica di vicesindaco. Ora, al di là delle motivazioni personali, che meritano assoluto rispetto, l’impressione è che al suo ‘addio alla politica attiva’ non sia estranea l’assenza di Croci. Alla domanda diretta Calderari ci ha risposto che, sì, le dimissioni di Croci l’hanno colpito («è stato il pioniere di questa città»), ma non sono la ragione della sua scelta. Semmai, «hanno influenzato la mia maniera di essere in Municipio», ci ha confermato. Almeno una riflessione, insomma, si imponeva.

È giunto, quindi, il momento di una metamorfosi per il Municipio di Mendrisio? Nel Ppd si preferisce parlare di transizione, che si vuole leggere in modo positivo, come ha dichiarato l’attuale vicesindaco Paolo Danielli (che ieri Calderari ha voluto al suo fianco). In ogni caso, nella tempistica delle dimissioni del municipale popolaredemocratico non sembra avulsa una certa strategia da pre-campagna elettorale (quella del 2020). Come dire, meglio preparare il terreno. Tanto più avendo sotto mano la subentrante adatta. Adesso al Ppd non rimane che trovare il profilo giusto per contendere (di nuovo) il sindacato al Plr. E su questo fronte, per ora, ci si muove nel campo delle ipotesi (visto anche lo stallo sulla lista per le Cantonali). Volendo azzardare e tentando di completare la rosa – perno i futuri tre uscenti, con Danielli e Luisoni, Marco Romano – tra i papabili si potrebbero annoverare Gianluca Padlina, capogruppo in Consiglio comunale, e Maurizio Agustoni, capogruppo in Gran Consiglio. Si vedrà. Comunque la si pensi, è vero, come ci ha fatto notare ancora Calderari, non gliel’ha detto nessuno di lasciare, ma anche questo è essere uomo di partito, in stile un po’ vecchio stampo.

Il sindaco Cavadini ha ragione (anzi, ci ha tolto le parole di bocca): Calderari esce di scena in ‘punta di piedi’, con discrezione e garbo. Così come ci era entrato. Chi lo conosce da qualche anno, sa che la politica di oggi, a volte un po’ caciarona e spesso sopra le righe (soprattutto sui social), non l’ha cambiato. E con i tempi che corrono non è poco.