La richiesta del procuratore generale. La disponibilità del governo: un segnale incoraggiante
Alla magistratura si possono chiedere tutte le riorganizzazioni interne di questo mondo per ottimizzare, come amano ripetere gli aziendalisti, i flussi di lavoro, ma alla fine la giustizia è amministrata da giudici e procuratori. Cioè da uomini e donne, non da algoritmi (almeno per ora). Uomini e donne chiamati a indagare, a valutare e a decidere, firmando decreti e atti d’accusa o d’abbandono oppure pronunciando sentenze. Pertanto quando le statistiche dicono che in Ticino in appena sette anni le inchieste pendenti al Ministero pubblico riguardanti i reati finanziari – illeciti che possono avere conseguenze devastanti per i privati vittime di malversazioni, per lo Stato e per l’economia – hanno superato quota mille, dalle 1’509 del 2010 alle 2’518 del 2017, la politica non può restare indifferente. Crescono le entrate, cresce il numero dei procedimenti penali evasi, lievitano però anche gli arretrati. “Continuiamo a imbarcare acqua”, avverte Andrea Pagani, da luglio procuratore generale. Parole, quelle del pg, che dovrebbero indurre una classe politica responsabile ad attribuire in tempi brevi le necessarie risorse umane all’autorità giudiziaria inquirente.
Un primo segnale incoraggiante è arrivato ieri al termine dell’incontro fra il Consiglio di Stato e la direzione del Ministero pubblico. Ovvero la disponibilità del governo a prendere in considerazione quanto sollecita l’ufficio guidato da Pagani: la nomina di un procuratore pubblico straordinario per cinque anni, incaricato di chiudere procedimenti datati concernenti appunto reati economico-finanziari. In seno all’Esecutivo, per citare il capo del Dipartimento istituzioni Gobbi, lo scetticismo iniziale si è infatti attenuato. E ciò grazie (anche) alle argomentazioni e ai dati esposti al governo da Pagani e dai sostituti pg Balerna e Respini. La speranza è che l’apertura del Consiglio di Stato si traduca presto in un chiaro sì alla designazione di un procuratore straordinario: ne sapremo di più allorché il governo varerà il Preventivo 2019. Confidiamo in un sì al rinforzo temporaneo per i motivi menzionati dal procuratore generale. Perché risponderebbe a un’esigenza di tutti i cittadini: avere una giustizia possibilmente celere (“Se è lenta, non è giustizia”). Perché sarebbe non una spesa, bensì “un investimento”: un messaggio indirizzato a quei politici che indugiano in ragionamenti da ‘contafagioli’ nonostante le casse del Cantone comincino a registrare avanzi d’esercizio di una certa consistenza. Un investimento poiché i procedimenti sugli illeciti finanziari sfociano non di rado nella confisca di somme di denaro, le quali alimentano le suddette casse.
Se il Consiglio di Stato darà, come ci auguriamo, il proprio assenso alla nomina di un magistrato inquirente straordinario, ci sarà tuttavia un nodo da sciogliere. Chi dovrà designarlo? Il governo? Oppure l’autorità costituzionalmente preposta all’elezione delle toghe, ossia il Gran Consiglio, ammesso e non concesso che quest’ultimo sia favorevole al potenziamento temporaneo? I vertici del Ministero pubblico suggeriscono una norma – da inserire, previo comunque via libera del parlamento, nella Legge sull’organizzazione giudiziaria – secondo cui il governo, su preavviso del Consiglio della magistratura, può nominare un pp o un giudice straordinario qualora vi sia un comprovato sovraccarico di lavoro in un determinato ufficio giudiziario. È una valida soluzione, che permetterebbe di reagire rapidamente alla richiesta di rinforzi e di farlo con una chiara base legale. E poi quale avvocato affermato si metterebbe a disposizione della magistratura dovendo sottostare al Manuale Cencelli del Gran Consiglio?