Mentre alcuni denunciano preoccupati l’aumento del disagio giovanile e il conseguente necessario aiuto psicologo, altri vedono in questa tendenza un segno paradossalmente positivo dello sviluppo e della crescita spirituale della società. “I problemi personali sono la forza motrice della nostra evoluzione spirituale” scrivono ad esempio Phil Stutz e Barry Michels nel loro “Il Metodo” (Editore Sperling&Kupfer). E proseguono: “Se fino a tempi recenti [...] era accettabile in un percorso psicoanalitico parlare dei propri problemi [...] senza mai fare nulla per risolverli [...] oggi vogliamo reagire da creatori alle avversità”. Non sono gli unici a trattare di questi temi mettendo al centro l’individuo e la sua presa di responsabilità consapevole per rispondere a quel bisogno che tutti abbiamo dentro. Una risposta di ognuno che avviene attraverso una scelta dall’approccio nuovo, che comincia dall’introspezione in contrapposizione all’overdose di stimoli esterni della società attuale. È una sorta di rivoluzione silenziosa dove ogni individuo consapevole di essere parte del Tutto sceglie – non perché costretto, bensì volontariamente – di dare il meglio di sé. La Mente ci è stata utile – e lo è ancora – per sviluppare una società tecnologica e di benessere materiale, ora sembrerebbe però giunto il tempo di spostare l’accento sull’essenza spirituale. Lo dicevano già gli antichi e questa metamorfosi degli individui sembra sia positivamente in atto ora. Perlomeno stando alla moltitudine di testi come quello citato e ai molti segni riscontrabili dietro e oltre il tam tam della cronaca mainstream quotidiana.
Comprendo gli scettici che ne sorridono come di una mania momentanea: “Noi abbiamo la scienza” e la spiritualità in quest’ottica non di rado viene vista come sinonimo di superstizione. Perché è vero che del “sentire” spirituale non si può dimostrare né la sua esistenza né la sua non esistenza e sul tema si può disquisire senza fine. Oppure farsene un idea da sé, provare e poi decidere, senza intermediari, senza condizionamenti.
A questo proposito c’è un famoso aneddoto relativo a uno dei fisici più celebri del Novecento, Niels Bohr, che narra di un giovane studente che gli fece visita e vedendo un ferro di cavallo appeso sopra il caminetto esclamò: “Non crederà che un ferro di cavallo possa portarle fortuna, Professore!”. “Certo che no!”, rispose Bohr. “Ma ho sentito dire che non c’è bisogno di crederci, perché funzioni”.
Solo una brillante risposta? Forse, ma se ci pensi però…