L’intervento a cura di Y. Demaria su laRegione del 30.11.2023, mi fornisce lo spunto per sfatare una volta per tutte la metafora, ingannevole, del “Buon padre di famiglia”.
Lo Stato non è un’azienda, tantomeno una famiglia.
In effetti si muovono su piani economici differenti: macroeconomico lo Stato e microeconomico le aziende. A livello economico, oltre che a essere una “macchina” infinitamente più complessa di un’azienda o di una famiglia, lo Stato agisce all’interno di un sistema chiuso, mentre le aziende si muovono in un sistema aperto, cosa che comporta contesti di riferimento differenti da affrontare con logiche di ragionamento distinte.
Che questa semplice verità non sia conosciuta da chi ha lanciato e sostenuto il “famigerato” decreto Morisoli giustificandolo con la metafora sempliciotta del “Buon padre di famiglia” è assolutamente imbarazzante! Significa prendere in giro i cittadini; prenderli per stupidi raccontando storielle soltanto a prima vista di buon senso.
Perché se è vero che il “Buon padre di famiglia” cerca di “non fare il passo più lungo della gamba”, il “Buon padre di famiglia avveduto” non si limita semplicemente a tirare la cinghia, ma cerca anche di incrementare le entrate familiari, magari svolgendo degli straordinari o cercando un lavoro accessorio, oppure grazie all’aiuto della moglie che incrementa la sua quota di part-time, o ancora chiedendo ai figli di svolgere un apprendistato affinché anche loro possano contribuire a migliorare il bilancio familiare ecc.
Se lo Stato vuole applicare la logica del “Buon padre di famiglia” lo faccia dunque in maniera avveduta, agendo anche sulle entrate e non solo sulle uscite. Proprio come fanno tutti i padri di famiglia avveduti di questo cantone.