Lontano mille miglia dove ora vive, uno dei miei due figli mi scrive: “No, non voglio sentire niente delle polemiche che infuriano in Ticino sul diario scolastico e l’identità di genere. Crescere gay è stato già difficile in sé e diventa molto peggio con il senso di umiliazione e di solitudine creata da genitori, insegnanti e politici ignoranti, intolleranti e bigotti”.
Mio figlio fa parte di quel 10% di popolazione che nasce gay. La scuola media per lui è stata un inferno. Non è giusto che un allievo venga sottoposto a frizzi e scherni, dileggiato, bullizzato. La Scuola, in qualche modo, avrebbe dovuto difenderlo e proteggerlo; lui e quelli come lui, ma non l’ha fatto, non lo fa. Si sentiva solo nella sua problematica. In tanti contro.
Era solo un bambino.
Insegnavo alle elementari. Quante volte ho sentito alunni insultare il compagno dicendogli “sei un gay”. A quell’età neanche sanno bene cosa significhi, eppure la parola gay, sovente appioppata a sproposito, assume il significato del peggior insulto.
Per aiutare i bimbi a difendersi dagli abusi degli adulti c’era un bel programma intitolato: “Sono unico e prezioso”. Credo e spero ci sia ancora.
Credo e spero che il prossimo passo possa essere un ulteriore programma intitolato “Anche il mio compagno è unico e prezioso”, perché tutti, proprio tutti, hanno diritto a una crescita serena e senza vessazioni gratuite.
Questo nuovo diario scolastico parte in salita e di certo da solo non basta. Ma per fare un lungo cammino serve un primo passo. Ringrazio i vertici scolastici ticinesi per il coraggio e la sensibilità espressa.
Ai politici che si mettono di traverso, ricordo solo che nel 10% di gay potrebbero esserci i loro figli o nipoti!