Lo Stato, nel 2020, ha costituito un comprensorio “Tamaro-Lema-Gambarogno” per proteggere e gestire la popolazione dei camosci. Le aspettative non hanno dato l’effetto sperato anzi, nel 2022, la caccia al camoscio si è dovuta chiudere per un periodo di tre anni in quanto i capi censiti nei periodi invernali non lo permettevano più. Lo Stato ha di seguito appoggiato uno studio scientifico volto a chiarire le cause di questa rapida diminuzione. L’areale dei camosci di questa zona è piuttosto piccola e isolata dal resto del territorio in quanto ostacoli naturali e artificiali non permettono loro qualsiasi espansione. Il problema della diminuzione della specie è noto da anni in Europa e la principale causa è data dal surriscaldamento del clima. Nel caso specifico un ulteriore elemento perturbatore può essere individuato nella forte pressione venatoria, seguìto dalla rilevante concorrenza del cervo, l’aumento del turismo in genere, gli alpeggi ecc. In attesa delle risultanze del citato studio scientifico qualche accorgimento potremmo tuttavia sollecitarlo da subito a costo zero senza intaccare più di quel tanto i portatori d’interesse. Ad esempio limitare al di sotto dei 1’000 m s/m la caccia invernale a cervi e cinghiali. Informare e sensibilizzare di questa tematica ambientalista chi pratica qualsiasi attività sportiva all’aperto in questa zona. Tuttavia sarà compito degli addetti ai lavori trovare i giusti compromessi. Solo limitando le fonti di disturbo e stress alla popolazione di quei pochi camosci ancora rimasti potremmo un giorno sperare di osservare l’aumento di questo magnifico selvatico sulle pendici delle nostre stupende montagne a sud-ovest del Monte Ceneri.