Come ha reagito la popolazione di fronte alla crisi energetica? I consumi sono diminuiti, e sono aumentate le richieste di fonti rinnovabili
Mesi fa la popolazione è stata messa in guardia riguardo all’aumento dei costi dell’energia, che durante l’inverno si sarebbero potuti tradurre in fatture particolarmente salate. Le tariffe, è un dato di fatto, sono aumentate sì, ma i costi finali sono stati più contenuti di quanto si era previsto, e questo grazie a una fenomenale riduzione dei consumi da parte della popolazione. Con la stagione dei riscaldamenti ormai alle spalle, è possibile ora tirare le somme di quello che è stato un inverno perlopiù mite. Per capire come i cittadini luganesi e i momò hanno trascorso i mesi più rigidi, e per scoprire le loro reazioni all’aumento dei prezzi, abbiamo interpellato le diverse aziende distributrici del Sottoceneri. Da Chiasso e Stabio a Massagno, da Mendrisio a Lugano, il trend è confermato: le tariffe dell’energia sono cresciute, e i consumi calati.
L’Azienda acqua gas ed elettricità di Chiasso (Age) ha visto i costi del gas crescere del 25%. Se nel 2022 la tariffa sul consumo era di 6,30 cts/kWh nel 2023 è salita a 7,90 cts/kWh. L’elettricità è invece cresciuta del 4%. «L’incremento a livello del gas – ci spiega Moreno Mordasini, vicedirettore di Age – è dovuto principalmente all’aumento dei costi di approvvigionamento scaturiti dal conflitto bellico in Ucraina». Aumenti corrispondenti sono stati riportati anche dalle Aziende municipalizzate di Stabio (Ams): stesso importo per quanto riguarda il gas e per l’elettricità il costo complessivo passerà da 20 a 25 cts/kWh. Come Age «essendo distributori e non produttori di energia di per sé ha impattato indirettamente sui prezzi di mercato. A ogni modo nel nostro comprensorio gli aumenti sono stati moderati».
Per le Aziende industriali di Mendrisio (Aim) le tariffe del gas sono invece praticamente raddoppiate. Si è passati dai 5,45 cts/kWh del 2022 ai 10,95 cts/kWh nel 2023. «Comunque – ci illustra Filippo De Gottardi, responsabile del servizio clienti – a livello svizzero non sono ancora tra le più elevate». Gli aumenti delle tariffe elettriche si situano tra il 25 e il 50%, a seconda delle categorie tariffali. Nel 2023 «abbiamo fatto una tariffa unica di 12 centesimi, non c’è più differenza tra giorno e notte. È un vantaggio in generale perché siamo riusciti a ridurre l’aumento. È uno svantaggio invece per chi ha la doppia tariffa, che anche di notte non troverà più la tariffa notturna».
L’incremento, ci racconta De Gottardi, è dovuto all’aumento dei prezzi dell’energia elettrica e del gas sui mercati all’ingrosso a termine. «L’energia viene comprata in borsa e in borsa si può comprare oggi per il 2025 (o qualsiasi anno). Sono i mercati chiamati ‘Forward’, o a termine. Oppure comprarla sul mercato ‘Spot’, in cui il prezzo dell’energia viene definito ogni ora. La scelta dipende dal cliente». Aim, per i piccoli clienti (che consumano meno di 50’000 kw/h all’anno), utilizza il mercato a termine. «Si tratta di definire oggi il prezzo per l’energia del 2025».
Stando ai dati fornitici dalle Aziende industriali di Lugano (Ail), in generale, durante l’inverno si è verificato un consumo inferiore del 20%. Durante il trimestre ottobre-dicembre, ossia prima dell’incremento dei prezzi, c’è stato dunque un effettivo risparmio. Da gennaio a marzo i prezzi sono aumentati di circa il 30%, mentre per il gas l’aumento è stato addirittura del 40%. C’è stato un leggero aumento della spesa. «Negli anni precedenti – illustra Carlo Cattaneo, vicedirettore Ail – sia il livello dei consumi sia quello dei costi è stato grossomodo stabile».
L’incremento della spesa sul fronte elettricità, stima Cattaneo, per una famiglia che consuma circa 4’000/kWh – ossia un’economia domestica di medie dimensioni che vive in un appartamento – è di circa 200 franchi sull’arco dell’anno. Un aumento simile si è riportato anche dall’Azienda elettrica di Massagno (Aem) e dalle Aziende municipalizzate di Stabio. «Per le economie domestiche è impossibile quantificare un aumento in franchi – spiega Gianpaolo Pontarolo, responsabile di Ams –, in quanto il costo per abitazione è determinato da diversi fattori (se il riscaldamento è a gas, termopompa oppure, nafta ecc…). Ma per semplificare si può dire che un’abitazione con un consumo elettrico di 5’000 kWh all’anno passerà da circa 1’000 a 1’250 franchi all’anno».
Se i prezzi sono aumentati, a calare sono stati invece i consumi. Ma cosa ha spinto le economie domestiche a risparmiare? Dati alla mano, secondo Ail, non si è trattato unicamente delle temperature miti. «Da studi fatti su campioni di clientela – spiega Cattaneo –, e facendo un’analisi storica neutralizzando l’effetto temperature, emerge che circa il 10% del calo di consumo non è dovuto al clima caldo». Difficile però dire quanta di questa percentuale sia da ricondurre alle economie domestiche e quanta alle industrie. In ogni caso, sembra che le campagne di sensibilizzazione abbiano avuto la loro efficacia. Lo sostiene anche il direttore di Aem, Rolf Endriss: «Sicuramente anche la campagna di sensibilizzazione federale ‘L’energia è scarsa. Non sprechiamola’ ha contribuito, più per l’abbassamento generale delle temperature in casa sui 19° che per le docce in comune».
Stessa opinione anche a Stabio e Chiasso: «Oltre al fatto che si è trattato di un inverno piuttosto caldo – ci indica il vicedirettore di Age –, ciò che ha spinto le economie domestiche a consumare meno energia è la sensibilizzazione fatta da parte del Consiglio federale per spingere la popolazione ad adottare misure di risparmio». Un altro fattore che ha spinto a ridurre il consumo di energia «è il rincaro dei prezzi». Per Aim, le ragioni della diminuzione dei consumi è dovuta esclusivamente alle temperature più miti dell’inverno appena trascorso.
Un settore che ha sicuramente beneficiato dell’incremento dei costi dell’energia è quello del fotovoltaico. L’energia solare viene infatti vista come una valida alternativa alle fonti più classiche, molto più che in passato. «Abbiamo avuto un aumento significativo ed esponenziale delle richieste d’impianti fotovoltaici – conferma Cattaneo –. Al punto che facciamo fatica a stare dietro alla domanda, perché gli installatori e gli elettricisti sono saturi. L’esplosione della domanda, riteniamo sia dovuto essenzialmente alla maggiore sostenibilità economica». Una tendenza confermata anche da Aem, specialmente in combinazione con la termopompa, così come a Mendrisio e Stabio dove il numero d’impianti solari rispetto al 2022 è aumentato del 50 per cento.
Un’impennata di richieste che poco ha a che fare con l’ecologia, almeno secondo Aim. «Rispetto al fotovoltaico credo ci sia meno interesse negli ecoprodotti (energia verde) la cui energia deriva da centrali idroelettriche per esempio. Questo non sta andando benissimo. Ogni anno mandiamo volantini con queste proposte ma al cliente ticinese difficilmente piace, a causa del costo d’investimento. In Ticino è stato prodotto il 40% in meno di energia idroelettrica rispetto al 2022. Quindi la maggior sensibilità che imputo al maggior fotovoltaico potrebbe essere dovuta non tanto all’attenzione verde ma al borsellino».
Dal punto di vista di Age, la maggior sensibilità per l’energia di natura rinnovabile è anche dovuta «alla spinta del Regolamento sull’utilizzo dell’energia (Ruen)». In sintesi, questo regolamento definisce le condizioni quadro atte a favorire l’utilizzazione razionale e parsimoniosa dell’energia, l’impiego delle energie rinnovabili e lo sfruttamento del calore residuo.
Stando alle informazioni forniteci, per ammortizzare l’investimento dell’installazione dei pannelli solari sono necessari da 10 ai 15 anni secondo Ail, mentre per Aim la stima scende fino a sei anni, «dopodiché si inizia a risparmiare», afferma De Gottardi. Chiaramente, tra i fattori che influiscono sul risparmio, vi sono la posizione dell’abitazione (e dei pannelli), così come le condizioni meteorologiche. Va detto inoltre che non tutte le giornate soleggiate sono uguali: anche con pieno sole, un pannello solare in inverno produce circa il 20 per cento di quanto produrrebbe in estate nelle stesse condizioni. Questo a causa della diversa inclinazione del sole.
Ma quanto può durare un pannello? «Almeno 20 anni – dichiara Cattaneo –, ma può arrivare anche a 30 nelle giuste condizioni. Va detto, che si stima un calo dell’efficienza di circa l’1 percento annuo: in altre parole, dopo 20 anni la produzione energetica sarà del 20 percento inferiore rispetto a un panello nuovo».
Il costo globale del riscaldamento è composto dall’investimento (costo dell’impianto) e dall’energia. Per riscaldare le abitazioni esistono diverse fonti di calore. Le principali sono categorizzabili in: gasolio, gas, teleriscaldamento, energia solare termica e pellet.
Il riscaldamento a gasolio, che costa circa tra i 15mila e i 30mila franchi, dipende dai combustibili fossili e di conseguenza dal petrolio. E, da un punto di visto ecologico, il gasolio ottiene risultati negativi, date le grandi quantità di CO2 che libera.
Ci sono poi i riscaldamenti a gas, più ecologici rispetto a quelli appena menzionati. Emettono il 25-30 per cento di CO2 in meno. È il turno poi delle pompe di calore, nettamente più care: i costi di investimento oscillano infatti tra i 30 e i 60mila franchi. Questo sistema è più sostenibile in quanto basato su energia ambientale disponibile gratuitamente e senza emissioni di sostanze nocive. «Il riscaldamento a gas – ci dice De Gottardi – ha dei costi d’installazione minori rispetto alla termopompa. Quest’ultima però ha un rendimento maggiore rispetto ai bruciatori a gas, soprattutto se installata quale fonte di calore in edifici termicamente isolati secondo gli standard attuali».
«I sistemi di riscaldamento più utilizzati (nel territorio di Chiasso perlomeno, ndr) – illustra Mordasini di Age – sono quello a gas e quello con oli combustibili in circa ugual misura. Segue la termopompa». Rispetto agli anni passati, «abbiamo ricevuto maggiori richieste per l’installazione di sistemi ecologici quali impianti fotovoltaici e termopompe. Sia da parte di privati che di aziende». Anche Aim ha riscontrato un incremento della volontà d’installare pannelli solari termici. «Comunque – precisa De Gottardi – sono soprattutto i privati a richiedere questi sistemi di riscaldamento».
Il teleriscaldamento deriva invece da fonti di energia rinnovabili. È un calore che viene distribuito sotto forma di acqua calda, attraverso una rete di condutture. Il riscaldamento elettrico presenta costi decisamente più contenuti, dipende dall’elettricità e implica consumi elevati.
Non solo energia e gas sono aumentati di costo, ma anche il pellet sembra aver subito un incremento del prezzo. Questo però presenta dei vantaggi rispetto al gas. «Il pellet è innanzitutto un sistema di riscaldamento a impatto zero di emissioni CO2 – spiega Aem –, per cui sicuramente interessante dal profilo ambientale, meglio ancora sarebbe se si riuscisse a sfruttare maggiormente il nostro patrimonio boschivo per la produzione della materia prima in modo avvicinarci anche al chilometro zero. Va ricordato che per funzionare, anche se in minima parte, i sistemi a pellet necessitano anch’essi di corrente elettrica, in pratica il sistema non permette l’indipendenza dall’energia elettrica».
Gasolio più costoso e inquinante
E dopo i sistemi più virtuosi, abbiamo cercato di capire quali fossero le fonti energetiche che portassero i minori vantaggi ai cittadini. Senza dubbio, una grossa parte del prezzo è influenzata dall’isolamento e dalla modernità dell’impianto di riscaldamento. «I riscaldamenti elettrici di vecchia generazione hanno sicuramente un consumo superiore rispetto alle altre tipologie di riscaldamento – spiega Pontarolo di Ams –, ma più in generale bisogna considerare che il consumo può essere determinato anche dalla qualità dell’isolamento della casa».
Per Endriss invece il discorso è più complesso, e andrebbe fatta una distinzione tra il prezzo effettivo della materia prima, che certamente influisce fortemente sui costi, e quello dell’installazione dell’impianto. «Si pensi ad esempio che al momento il prezzo del gas – spiega il direttore di Aem – è elevato, ma in considerazione della media pluriennale dal profilo economico è un vettore interessante tenendo conto dell’investimento tendenzialmente contenuto dell’impianto. I sistemi di termopompe aria-acqua o geotermia richiedono degli investimenti importanti ma l’aumento della domanda e i programmi d’incentivazione permette di renderli sempre più concorrenziali».
Sembra invece non avere dubbi il vicedirettore di Ail: «Il sistema di riscaldamento che consuma e costa di più è probabilmente il gasolio – dice Cattaneo –, sicuramente a causa anche dell’effetto della tassa sul CO2. Inoltre è anche molto inquinante. La soluzione più vantaggiosa invece è la termopompa, specie se abbinata al fotovoltaico».