Di eroi, da tempo, non si sente più parlare ed è sintomatico di una società in cui ognuno pensa al proprio tornaconto e al proprio orticello, egoisticamente. Potremmo parlare di un foltissimo stuolo di eroici operatori sanitari che si prodigano per prestarci le cure mediche in tempo di pandemia e non finiremo mai di ringraziarli! Ma si tratta di un’eroicità di gruppo che comprende l’insieme dell’operato di più persone, senza elogiarne una in particolare. Ai nostri giorni, nella martoriata terra d’Ucraina, vanno sempre crescendo consenso e stima per l’operato del presidente Zelensky, per l’impegno e coraggio mostrati nella difesa del suo Paese. È sempre presente a sostenere il suo popolo, a tenere contatti con il mondo esterno per sollecitare aiuti e non si risparmia di apparire fra la sua gente, seppur consapevole dei rischi di attentato alla sua vita... Egli non veste una qualsiasi divisa, né aspira ad apparire qualcosa di diverso se non "L’uomo che lavora", con una maglietta che sembra essere sempre la stessa dall’inizio delle ostilità. Un portamento umile, dimesso (magari volutamente!), ma tutto protratto a farsi carico dei bisogni di un Paese in guerra e in parte sotto occupazione, senza curarsi di ostentare un’immagine esteriore. Il presidente ucraino ha anche ricevuto recentemente il "Winston Churchill Award". Boris Johnson, consegnandogli il riconoscimento, lo ha gratificato dicendogli: "Tu sei come lui e sono certo che Churchill avrebbe esultato e probabilmente avrebbe anche potuto... piangere!". E si riferiva a quando il presidente ucraino, all’inizio dell’invasione, insisteva di aver solo bisogno di "munizioni e non di un passaggio", rifiutando la richiesta dei servizi di sicurezza che pensarono di poterlo trasferire in luogo più sicuro.