Nulla o giù di lì. Che siano messi su per convenienza, legati all’elemosina della chiesa o all’esperienza socialdemocratica, il risultato non cambia, come nelle moltiplicazioni quando s’inverte l’ordine dei fattori. Il tutto sotto l’occhio vispo del padronato che può disporre della manodopera come vuole. Tiritera da anni 70? Mica tanto. Il sindacato, a prescindere dalla volontà di lotta dei lavoratori, non può essere un consulente giuridico che indica fin dove sia possibile andare secondo il diritto vigente. I nostri si sono scordati che le leggi possono cambiare? Certo, il supporto istituzionale è utile ma le cose mutano con le forzature, non con i canapè e gli spritz dopo “approfondite discussioni fra le parti sociali”. Se si affida la presenza in azienda solo a chi distribuisce volantini ai cancelli, pronto a levare le tende alla vista dei gorilla padronali, è difficile far alzare la testa a chi dentro la fabbrica sgobba e sopporta. L’esempio è importante, la determinazione di più. Sterile è invece attribuire alla scarsa disponibilità operaia gli esiti sempre al ribasso delle trattative. I padroni l’hanno capito e vincono, aiutati dal “soccorso statale” per non far montare la protesta. Con chi lavora devi conviverci, sentire l’odore della terra, del grasso che ne impregna le mani, sono loro che fanno muovere tutto, dalla raccolta di pomodori fino alla robotica spaziale, senza di essi le idee dei geni rimangono tali e il potere dei padroni un imbroglio verbale, esattamente come il capo senza sudditi o i furbi senza i polli. Se volete che le cose cambino, datevi una scossa, la vita è breve, fatta di pochi sogni, numerosi incubi e un mare di sterili abitudini. Sostanziate i primi, non gli altri, anche in un paese dove si dà il gelato ai cigni e si fa l’aspirapolvere sui marciapiedi.