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‘Il caso del docente Spai? È solo la punta dell’iceberg’

Nell'esperienza del responsabile Ocst Gianluca D'Ettorre le situazioni problematiche si sono moltiplicate.‘Mancano dispositivi di controllo’

‘ I docenti oggi sono soli’
(Ti-Pess/Archivio)
22 agosto 2024
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Gli esami non finiscono mai, anche per l’istituzione scolastica. Di recente il ‘caso’ del docente della Spai di Mendrisio sta mettendo alla prova, infatti, il mondo della scuola e chiamando la politica a riflettere. Soprattutto davanti alla sentenza del Tribunale cantonale amministrativo (Tram), che ha annullato il provvedimento di sospensione pronunciato a livello cantonale nei confronti del professore di elettrotecnica e reso attente l’una (la scuola) e l’altra (la politica) al rispetto dei diritti, in primo luogo degli insegnanti. Ieri, come ci conferma, interpellato da laRegione, il Servizio dell’informazione e della comunicazione del Consiglio di Stato, anche il governo ha preso atto della decisione del Tram e ora si attendono i risultati della Commissione conciliativa, la quale giusto oggi affronterà il dossier. Del resto, la vicenda che ha visto come protagonista Roberto Caruso «non è che la punta di un iceberg», ci dice a chiare lettere Gianluca D’Ettorre, presidente dell’Organizzazione cristiano sociale ticinese (Ocst) nonché responsabile del sindacato Ocst-Docenti. Una realtà trasversale a scuole di ogni ordine e grado: «Mi piacerebbe poter dire che quello del docente di Mendrisio è un caso unico, ma non è così – ribadisce D’Ettorre –. Di sicuro in questo momento è il più evidente e il più noto, ma è sintomatico di problemi che non si possono più definire circoscritti o accidentali, ma che ci sembrano essere piuttosto generali e diffusi ed espressione di dinamiche all’interno degli istituti scolastici».

Una quindicina di casi

Volendo quantificare, solo nell’ultimo anno scolastico, ci fa capire D’Ettorre, al Sindacato si sono presentate oltre una quindicina di situazioni. «E si è andati dalla consultazione telefonica a questioni più impegnative. E qui spesso il docente si arrende – annota il responsabile sindacale –. Spesso, d’altro canto, gli insegnanti sono soli, sia nell’errore sia quando le cose vanno bene. In altre parole, non c’è un altissimo tasso di professionalità, di accompagnamento e sostegno nei loro confronti. Certo come categoria hanno goduto in passato, tradizionalmente, di condizioni più agevoli rispetto al settore privato, ma adesso il vento sta cambiando, proprio come qualità del clima di lavoro. Emergono problemi di ogni genere, non solo di carattere tecnico formale ma pure legati ad aspetti personali». Quali sono i nodi nei rapporti tra direzione e corpo docente? È una questione di comunicazione? «È difficile tracciare un confine netto. La comunicazione c’entra sempre, come i rapporti interpersonali, da cui non si può prescindere. Spesso – spiega D’Ettorre – vengono definiti dai vertici come difficoltà soggettive imputabili alle caratteristiche del singolo docente. Anche il Servizio linea, che esiste dal 2012 ed è nato dopo l’istituzione di un gruppo di lavoro, incaricato di creare misure a sostegno di insegnanti in difficoltà, nonostante il rapporto indicasse di intervenire anche su aspetti oggettivi, alla fine ha messo in atto misure che vertono su aspetti soggettivi. La nostra impressione come sindacato è che, al di là delle diverse sensibilità, vi siano dei problemi oggettivi di impostazione del sistema scolastico». Volendo esemplificare? «Sono problemi che spesso nascono da richieste della direzione all’indirizzo dei docenti, il cui senso non è sempre chiaro – ci spiega il responsabile –. Quindi l’insegnante chiede ulteriori spiegazioni o giustificazioni e questo viene visto dalla direzione o dal Consiglio di direzione, quindi da membri eletti dallo stesso Collegio docenti, come una sorta di attestazione di mancanza di fiducia, se non addirittura di ostilità. E queste sono dinamiche che vediamo spesso e che facilmente portano a una sorta di circolo vizioso, che polarizza e divide l’istituto».

Questione di potere e lesa maestà

In questi casi il Decs, il Dipartimento educazione, cultura e sport non interviene? «Agli occhi del docente il Dipartimento è rappresentato dalla direzione, che è arduo scavalcare, dunque difficilmente si va oltre. Di conseguenza un direttore ha un grande potere – fa capire D’Ettorre –. Non svelo nulla se dico che negli ultimi anni in Ticino nella scuola si fa sempre più fatica a trovare dirigenti con titoli, formazione e percorso professionale adeguati. Quindi sempre più spesso in vari settori scolastici sono stati assunti direttori e vicedirettori ed eletti collaboratori di direzione che non sempre soddisfano tutti i requisiti ideali da cui si era partiti. Del resto, una cosa è avere capacità di leadership e gestione, un’altra è insegnare. E questo ha delle ricadute. La tendenza è sotto gli occhi di tutti coloro che lavorano in questo ambito: dalle Elementari ai Licei». La preoccupazione, insomma, non manca. «Posso dire che ieri (martedì per chi legge, ndr) abbiamo tenuto una seduta di Comitato ed esaminato d’urgenza casi che hanno delle analogie con quelle del professor Caruso. Docenti, spesso donne (e lo sottolineo), che intervengono nel Collegio docenti e dicono cose che non sono in linea con la direzione (senza essere irrispettosi), vengono visti come rei di lesa maestà – va al punto il sindacalista –. E poi ci sono le conseguenze. Il famigerato posto fisso a volte può diventare un luogo di sofferenza». Chi dice la sua, detto altrimenti, paga pegno. «Ci sono mille modi. Il più frequente è assegnare un orario scomodo o far lavorare su più sedi. Il tema del ‘burnout’ non è estraneo a questo tipo di fenomeno».

‘C’è disparità di trattamento’

Quindi si crea una disparità di trattamento fra i docenti. «È una delle cose che vengono lamentate di più, infatti. E non mi scandalizza che questo accada, ma piuttosto l’ingenuità e l’assenza di anticorpi nel sistema. Occorre mettere in atto dei dispositivi di controllo, verifica e riequilibro, che di fatto non ci sono». Tornando al caso del docente della Spai, l’Ocst ha raccolto le segnalazioni di una decina di insegnanti sul clima a scuola e le ha portate all’attenzione del capo della Divisione della scuola, Emanuele Berger. A corroborarle il corposo dossier presentato nel 2022 dallo stesso Caruso e da altri colleghi. A livello cantonale si è aperta un’inchiesta amministrativa: come Ocst ne avete saputo più nulla? «Non c’è stato nessun seguito. Tra l’altro gli insegnanti che sono venuti da noi sono i più coraggiosi o comunque coloro che vantano anni di esperienza o hanno un’altra attività lavorativa e indipendenza. Alcuni non hanno voluto, per paura. Paradossalmente la sospensione del professore permetterà a questa azione e alle stesse testimonianze rilasciate da taluni allievi di essere valorizzate e capite per quello che valgono».

Gruppo di docenti Cpt

‘Nessun malessere’

Sono 49 docenti e collaboratori del Cpt e ieri hanno voluto far sentire la loro voce a difesa della scuola. L’intento dello scritto, annotano in una missiva al giornale, non è quello di “fomentare ulteriori polemiche, ma semplicemente ricontestualizzare la questione, partendo da dati oggettivi, che illustrano la percezione del clima di lavoro all’interno del nostro istituto. Infatti, in base agli ultimi dati rilevati, relativi ad aspetti qualitativi e al benessere percepiti nella sede scolastica, una larga maggioranza degli allievi e delle allieve, così come del corpo docenti, si dichiara soddisfatta del clima scolastico e della direzione”. Non solo, l’istituto, ricordano, è da anni attivo nell’ambito della promozione del benessere all’interno della scuola.

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