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Valli

1 ottobre 2024
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Confesso il mio crimine: non sono figlio di contadini di montagna e non ho mai fatto il pastore. L’unica mia esperienza “primaria” sono le fantastiche estati passate – un po’ lavorando e parecchio divertendomi – da zii e cugini nel Canton Turgovia. Mi siano però consentiti delusione e sconcerto, ancora maggiori per la stima vera che ho per l’estensore, alla lettura dell’intervento di Orazio Martinetti a proposito delle valli. Mi limito a un paio di brevi osservazioni su temi che mi stanno a cuore.

La prima – La montagna (al pari del resto del globo) è patrimonio e palcoscenico esistenziale di tutti i viventi e non certamente luogo sul quale l’uomo possa vantare alcun diritto prioritario, e meno di tutti il diritto assoluto di vita e di morte; contesto la tesi di alfieri del cattolicesimo integralista – Robi Ronza e soci – i quali ritengono che il genere umano (opportunamente autoproclamatosi “creato a immagine e somiglianza di dio”) è invece legittimato a qualsiasi sfruttamento, uccisione e distruzione. Possiamo tutti toccare con mano le orrende ferite che l’uomo sta infliggendo alla natura in tutte le sue forme e manifestazioni, al punto che il motto del movimento agrario locale (“Salviamo le Alpi”, urlano senza nemmeno rendersi conto del paradosso) dovrebbe condurre a limitare la presenza dell’uomo – predatore principe –, non ad aumentarla.

La seconda – Ci viene detto che chi difende i lupi lo fa “umanizzandoli”. È invece proprio l’opposto che si vuole, cioè si rivendica per loro il rispetto della loro natura di predatori. Agli altri il lupo andrebbe magari bene solo se… non facesse il lupo e fosse diverso da come la natura lo ha fatto; lo vorrebbero canide rispettoso e gentile, forse vegano e magari debitamente succube del dominatore umano. Ben dice Martinetti che altrove si sono trovati modi adulti per convivere con orsi linci e lupi, ma nulla ci dice sul motivo per il quale questo sarebbe (stato) impossibile nella ricca e civilissima Svizzera; non so, non abbandonare i capi in quota come fossero nel tinello di casa, assicurare loro minima sorveglianza e riparo, prendersi qualche maremmano a tutela delle greggi, trasferire gli esemplari problematici. La conseguenza che qui da noi si trae dalla “naturale predisposizione” del lupo è che bisogna ammazzarlo e basta, non c’è altro modo; e ci si mette anche la grancassa politico-mediatica che ogni giorno soffia sul fuoco, ammorbandoci con narrazioni ansiogene e allarmistiche. Tutto questo al netto delle aspirazioni allo sterminio che animano nostrane inclite doppiette (in fondo perché fare la tremenda fatica di addormentare e di trasferire il predatore, quando si può allegramente farlo fuori tra amici e appendere il trofeo nel grottino?), delle lacrime di coccodrillo che alcuni versano sulle tragiche sorti di capretti e agnelli destinati comunque a essere sgozzati e finire in tavola, e del fatto che – almeno mi pare – a ogni capo ucciso corrisponde un (adeguato?) risarcimento.

Mi consola comunque sapere che, al di là del palesemente incongruo calibro del suo cervello, la specie umana riuscirà a scomparire prima del tempo non perché uccisa da orsi o lupi, ma dalla propria plateale stupidità e ansia autodistruttiva. E, a quel momento, la natura non umana riprenderà il suo corso e il suo ritmo; la presenza umana non sarà che un’irosa, arrogante e terribile parentesi nel fluire del tempo.