In Svizzera la biodiversità versa in pessime condizioni: circa la metà degli ambienti naturali è minacciata, e oltre un terzo delle specie animali e vegetali è in pericolo o già estinto. Questo non è solo un problema per la tortora selvatica e altre specie minacciate, ma per noi tutte e tutti. Una natura sana e diversificata sta infatti alla base della nostra vita: fornisce acqua e aria pulita, garantisce la fertilità dei suoli, ci protegge contro le catastrofi naturali e regola il clima. Il Consiglio federale stima che la perdita di questi e altri servizi (i cosiddetti “servizi ecosistemici”) costerà sempre di più, fino a raggiungere 14-16 miliardi (!) all’anno a partire dal 2050.
La necessità di agire per preservare le nostre risorse vitali appare dunque come un’evidenza. Non l’hanno pensata così una manciata di senatori che in dicembre dell’anno scorso hanno affossato un controprogetto indiretto sostenuto da più parti, e non la pensa così neanche il ministro dell’Ambiente democentrista Rösti, che a suon di tagli sta massicciamente indebolendo la protezione della natura e del paesaggio.
Un sì all’Iniziativa biodiversità non permette solo di correggere la politica negligente che viene portata avanti sulle spalle nostre e delle generazioni future, ma anche di rafforzare le regioni periferiche. Questo dato emerge con chiarezza da un’analisi socioeconomica del 2019 dell’Ufficio federale dell’ambiente sugli effetti degli investimenti nella protezione della natura e del paesaggio. L’esecuzione di lavori di manutenzione (gestione di biotopi come torbiere, paludi, zone golenali, prati secchi, muri a secco e siepi), in particolare, crea occupazione per imprese edili e forestali, per agricoltori e per studi di progettazione. Altro che “addio regioni di montagna”, come sostengono i contrari: l’Iniziativa biodiversità crea valore aggiunto e prospettive future sul nostro territorio, costituendo così un’opportunità per combattere lo spopolamento delle nostre valli.