La recente decisione del Presidente Macron di sciogliere l’Assemblea Nazionale ha suscitato, ovunque, specie tra gli Alleati della Francia, lo sconcerto e il timore che degenerasse in una rivolta popolare peggiore di quella che hanno suscitato i “giubbotti gialli”; quindi, il blocco delle Istituzioni; quindi, il caos. Il Generale De Gaulle avrebbe detto “c’est l’inondation”. Ha torto. Questo perché le sue conseguenze hanno risuscitato e consolidato il Fronte repubblicano, il cui scopo, tradizionalmente, è di arginare la destra estrema, oggi per fermare la Le Pen, questa opportunista spregiudicata, come lo attesta tutto il suo percorso politico; in particolare, il suo intervento delirante all’Assemblea di Bruxelles nel 2016 per celebrare la vittoria della Brexit, auspicando persino che gli altri Stati seguano, per prima la Francia. Ora, però ha messo tanta acqua in quel vino, tant’è vero che il fenomeno Bardella (il suo primo Ministro, in pectore) ha accettato il principio dell’offerta dell’economia di mercato, cavallo di battaglia di sempre di Macron, il quale ha così potuto creare un ecosistema favorevole all’innovazione e al progresso, attirando pure capitali esteri, dal quale sono scaturiti due milioni di nuovi posti di lavoro. Non penso che possa tornare indietro, senza perdere totalmente la faccia, diversamente l’economia, ossia la sottostruttura che comanda perentoriamente la soprastruttura, lo richiamerebbe all’ordine: l’importanza dell’economia! (Raymond Aron, il più grande filosofo politico del dopoguerra, diceva che chi non conosce l’economia non può fare politica). E questo non è tutto, perché la situazione politica che ne risulta, attenua molto il ruolo della coalizione, fondamentale nel regime parlamentare. Ciò è provvido perché, notoriamente, la coalizione precostituita è caratterizzata da un duro settarismo politico, muro contro muro (ne sappiamo qualche cosa noi, con la coalizione radico socialista “di triste memoria”, come l’ho chiamata, una volta in Gran Consiglio e poi sul Popolo e Libertà, per contestare i grandi vantaggi che, secondo l’onorevole Canevascini, avrebbe avuto, il quale però non ha minimamente reagito, come non hanno reagito gli altri artefici). In definitiva, tutto questo ha riavvicinato il parlamentarismo al regime assembleare il nostro, più democratico, più liberale, in una parola, ragionevole (la Ragione, la dea della Rivoluzione francese, che ha consentito cose meravigliose, in particolare la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino; il giudice istruttore, intermediario tra il procuratore pubblico e il giudice; i giurati; la presunzione di innocenza; tant’è vero, che Robespierre, in quel tempo (ossia prima del Terrore) ha definito Luigi XVI, l’uomo predestinato dalla Provvidenza per attuare la Rivoluzione). In tutto questo, è possibile intravedere, ragionevolmente, un miglioramento, lento ma evolutivo, come in tutte le grandi riforme politico-culturali, delle mentalità, quindi una vita pubblica meno giacobina, più coesa e oggettiva, quindi responsabile. Vi è quindi da augurarsi che Macron sappia spezzare la maledizione (che grava tuttora sul secondo mandato, da De Gaulle a Hollande) e che possa continuare a operare per la Francia, in definitiva per l’Unione Europea e, più generalmente, per l’Occidente. Il momento è propizio, perché, ora Macron può contare sul Primo ministro britannico, il laburista Starmer, il quale, nel suo discorso di investitura, ha proclamato “che è giunto il momento delle riforme”, per il progresso economico quale principio fondamentale dello Stato e il rinnovo delle relazioni con l’Unione Europea, alla quale “siamo vincolati dagli stessi ideali, dalla stessa storia e dalla stessa cultura”, per cui “Francia e Regno Unito, assieme, possono rendere il mondo più giusto e più sicuro”, quindi il nostro sostegno all’Ucraina non deve deflettere. Come Macron, quindi Churchill e De Gaulle a braccetto per difendere ancora una volta l’Occidente.