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Il genocidio culturale nei musei svizzeri

(Ti-Press)

I musei svizzeri come si lavano la coscienza? L’Ufficio federale della cultura finanzia le ricerche condotte dai musei svizzeri per stabilire la provenienza di opere trafugate durante il nazismo oppure nel periodo coloniale: 2 milioni per il periodo 2023-2024 e 1,1 milione per il periodo 2025-2026. Scavare nel passato non crea problemi. Scavare nel presente, per esempio riguardo al genocidio culturale praticato dal Partito Comunista Cinese (Pcc), invece, crea problemi.

Shen Yun è una compagnia artistica di danza e di musica classica cinese che offrirà uno spettacolo a Losanna nel prossimo febbraio. Shen Yun ha per missione “far rivivere cinquemila anni di civiltà cinese”, insistendo sulla spiritualità dei valori tradizionali minacciati dal Pcc, che, pertanto, continua a ostacolare le sue tournée internazionali mediante pressioni diplomatiche, campagne di disinformazione e sabotaggio tecnico. Infatti, come ogni dittatura, anche il Regime cinese necessita di una narrazione, nel tentativo di legittimare il sistema del Partito unico e del Pensiero unico. Non sfugge alla persecuzione culturale nemmeno il Taoismo: in occasione del settimo Dongyue Forum un dirigente dichiarò che ogni taoista “doveva praticare con diligenza e assimilare lo spirito della Terza Sezione Plenaria del 20° Comitato centrale del Pcc”. Nell’ultimo convegno della Patriotic Catholic Church della Provincia di Gansu si è stabilito che la formulazione contenuta nella preghiera del “Padre Nostro” andava intesa come “onora il Pcc”. Monaci e suore buddhisti sono forzati a giurare lealtà al Pcc e a provvedere esclusivamente a una “educazione patriottica”.

Ma torniamo ai musei. Ultimamente a Lugano, promossa dalla compagnia nazionale Air China, era stata programmata una conferenza culturale con finalità di promozione turistica. Essendo focalizzato esclusivamente sulla cultura Han, a esclusione di tutte le altre culture rappresentate in Cina, questo avvenimento si è rivelato uno strumento governativo di promozione culturale. Pertanto, il Musec annullò questo evento. Infatti, ogni manifestazione riguardante la cultura millenaria cinese in tutte le sue espressioni non può ignorare il genocidio culturale praticato dal Pcc in Cina e in Tibet: distruzione delle chiese, delle pagode e delle moschee e spesso “sinicizzazione” (“cinizisation”) di questi monumenti, rivestendoli con caratteri della cultura Han. Il centro storico di Kashgar nello Xinjiang è stato distrutto. Larung Gar nello Sichuan, il più grande centro monastico buddhista nel mondo, è stato incendiato. All’inizio del mese scorso è stato inaugurato a Lhasa il Centro Internazionale di Comunicazione dello Xizang (il nome che secondo il Pcc deve sostituire la parola “Tibet”), allo scopo di ristabilire l’egemonia cinese riguardo a ogni comunicazione relativa allo Xizang (Tibet). Centinaia di migliaia di bambini tibetani e uiguri vengono strappati dalle loro famiglie per essere sottoposti al lavaggio del cervello nelle scuole Han, con divieto di parlare nella loro lingua materna, denigrazione sistematica dei costumi e delle culture tradizionali praticate dai loro genitori e dalle loro famiglie, con effetto disastroso sul loro sviluppo psichico. Le proteste da parte delle Organizzazioni internazionali di protezione dell’infanzia non hanno prodotto nessun effetto. Medesima sorte per le proteste da parte delle Organizzazioni internazionali, come pure del Governo svizzero, contro il genocidio praticato dal Pcc a danno delle minoranze etniche in Cina e in Tibet: lavori forzati, internamenti sistematici, tortura, stupro, assassinio.

Di questi tempi a Zurigo, capitale economica svizzera, il Kunsthaus espone le meraviglie della collezione Bührle, ricordando in dettaglio, in ogni sala, la connivenza di questo industriale con il nazismo e i guerrafondai. Analoga iniziativa al Museo Nazionale Svizzero, nell’ambito dell’esposizione “Colonialismo: una Svizzera implicata”. Lo stesso sentimento di colpa si respira anche negli altri musei svizzeri, sotto il motto “restitution”, nel solco del rimpatrio dei beni culturali saccheggiati durante il colonialismo. Per contro, nessuna iniziativa riguardante le personalità e le imprese svizzere che intrattengono lucrose relazioni con il Pcc. Si dovranno aspettare 50 anni per visitare al Kunsthaus, al Landesmuseum o al Museo Rietberg le esposizioni sul genocidio culturale praticato in Cina e in Tibet? L’Associazione Svizzera dei Musei (Asm) come pure le fondazioni culturali preparano queste esposizioni per i visitatori di questo nuovo anno o solamente per quelli del 1° ottobre 2049, in occasione del centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, quando Xi Jinping avrà annunciato la riunificazione militare con Taiwan?

Questo articolo è stato pubblicato in francese sulla ‘Tribune de Genève’