“Le Feste svizzere del genocidio”: dal 1º luglio Berna festeggia il decimo anniversario dell’Accordo di libero scambio (Als) con il Partito comunista cinese; il 17 gennaio 2025 Berna festeggerà il 75esimo anniversario del riconoscimento della Repubblica popolare cinese da parte della Confederazione. Dopo l’entrata in vigore dell’Als del 1º gennaio 2014, il dittatore Xi Jinping ha accelerato il genocidio delle minoranze etniche e religiose in Cina e della popolazione tibetana. Persino la missione elvetica all’Onu, in gennaio, aveva menzionato gli arresti arbitrari nello Xinjiang che “potrebbero rappresentare dei crimini contro l’umanità”. Rispondendo alle interrogazioni parlamentari, il Consiglio federale si dichiarava “vivamente preoccupato per la situazione dei diritti dell’uomo nello Xinjiang”. Ciò malgrado, la nuova versione dell’Als preparata dal governo non prevede ancora nessuna clausola di protezione dei diritti umani, né contro i lavori forzati.
Per evitare procedure penali per complicità in genocidio (punibile anche dall’articolo 264 del Codice penale svizzero), numerose aziende occidentali si sono già ritirate dalla Cina. Lo studio dell’Università di San Gallo del 5 ottobre 2023 conferma comunque l’interesse economico svizzero per questa nuova versione dell’Als, ma il suo contenuto rimane segreto: perché? È stato esaminato il rischio per le aziende svizzere dovuto alle sanzioni economiche contro lo Stato-partito comunista che sono state evocate in occasione del G7 del 15 giugno 2024 in Italia?
Il progetto di Legge federale sugli investimenti finanziari, che verrà sottoposto prossimamente alle Camere federali, si preoccupava anzitutto dell’economia dei Paesi dittatoriali, di cui la Cina è il modello più pericoloso. In effetti, in occasione della consultazione, il partito dei Verdi aveva sottolineato la dipendenza economica tale da compromettere la sicurezza dell’approvvigionamento di materie prime ed energia con conseguenze limitative della politica estera svizzera, dal momento che la Cina è diventata il nostro terzo partner commerciale. Il partito del Centro aveva sottolineato che “i regimi politici autoritari cercano, mediante investimenti esteri, di imporsi e di far progredire la loro potenza geopolitica, ma anche di attaccare e indebolire le altre economie”. Da parte del partito comunista cinese, ci si affretta a sottolineare che la buona reputazione della Svizzera rappresenta una piattaforma ideale per le imprese high-tech cinesi e a felicitarsi per la distanza politica che la Svizzera mantiene in rapporto alla posizione più critica degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Così facendo, l’economia del partito comunista cinese potrà sommergere ancora maggiormente i mercati occidentali dei suoi prodotti, continuando nel contempo la politica aggressiva di mondializzazione, d’intesa con le dittature nemiche della democrazia come la Russia e l’Iran. Infatti, Xi Jinping sostiene l’aggressione russa dell’Ucraina da parte di Putin, al punto da inviare i reparti militari comunisti cinesi alle manovre militari in Bielorussia al confine con la Polonia. Questi due dittatori praticano gli stessi crimini: Putin è stato condannato dal Tribunale penale internazionale per aver organizzato la deportazione di 20’000 bambine e bambini rapiti in Ucraina, Xi Jinping viene accusato da parte degli esperti delle Nazioni Unite per avere deportato un milione di bambine e bambini tibetani portandoli via dalle loro famiglie, sottoponendoli al lavaggio del cervello nelle scuole cinesi.
Dopo aver riconosciuto e condannato il genocidio cinese (in particolare nel documento intitolato ‘Strategia della Svizzera nei confronti della Cina’, del marzo 2021), oggi il Consiglio federale preferisce salvaguardare i profitti di qualche azienda svizzera piuttosto che l’indipendenza economica e politica del nostro Paese. Pagheremo un caro tributo: l’ostilità dei nostri partner economici occidentali.
Questo articolo è stato pubblicato in francese sulla ‘Tribune de Genève’