L’esercito per difendere la sicurezza e l’indipendenza della Svizzera? Sì (purché diventi efficiente), ma anche leggi per impedire le infiltrazioni straniere che minacciano i settori economici più critici e strategici del Paese. Così è stato deciso recentemente dal Consiglio nazionale, approvando il progetto di legge federale sull’esame degli investimenti esteri. Già in febbraio di quest’anno la Commissione per l’ambiente, per la sistemazione del territorio e per l’energia del Consiglio degli Stati, come il Nazionale, aveva auspicato di impedire l’acquisizione incontrollata di infrastrutture energetiche critiche da parte di imprese straniere. Infatti, si tratta di uno dei settori strategici che dovranno finalmente essere protetti contro le infiltrazioni da parte di imprese che sono controllate da Stati totalitari.
Grazie a questo progetto di legge, gli investitori stranieri statali saranno ormai sottoposti all’obbligo di inoltrare una domanda di approvazione quando chiedono di acquistare un’impresa svizzera che sia attiva nell’ambito di un settore strategico, come le infrastrutture della sanità, delle telecomunicazioni, della produzione di elettricità, delle reti elettriche e per la distribuzione del gas. Il progetto di legge menziona quali siano i settori economici che devono essere considerati come strategici e che, di conseguenza, meritano di essere sottoposti a una protezione accresciuta. Questa legge è stata battezzata come ‘Lex Cina’. Il motivo di questa denominazione è chiaro: grazie al fatto che il Partito comunista cinese domina ogni struttura statale e l’intera struttura economica della Cina, ogni investimento cinese comporta sempre il rischio di una dipendenza economica e politica da parte di questo Paese, che non smette di proclamare i suoi obiettivi imperialisti. Questo rischio ha già raggiunto un livello straordinario per la Svizzera, a causa del fatto che la Cina è diventata il terzo partner economico per importanza del nostro Paese. Si tratta manifestamente della conseguenza dell’applicazione dell’Accordo di libero scambio fra la Svizzera e la Cina approvato nel 2013. Ora il Consiglio federale propone di approvarne una nuova versione. Questa iniziativa è in contraddizione flagrante con l’adesione da parte della Svizzera alle condanne, pronunciate da numerose organizzazioni internazionali, del genocidio e dei lavori forzati praticati dal Partito comunista cinese ai danni delle comunità musulmane e tibetane sia in Cina che in Tibet.
Mentre il parlamento si appresta ad approvare la Legge federale per le misure di controllo sugli investimenti (‘Lex Cina’), si annuncia una battaglia riguardo all’approvazione di questa nuova versione dell’Accordo di libero scambio: questa volta, la minaccia di referendum è concreta. Una recente petizione contro il rinnovo di questo Accordo con il Partito comunista cinese ha raccolto 14’000 firme. L’Udc deve ora scegliere: l’indipendenza della Svizzera oppure la dipendenza dalla Cina. Il consigliere nazionale Udc Roger Köppel ha già scelto: “Amicizia con la Cina. Dobbiamo sviluppare ancora maggiormente le relazioni con la Cina” campeggia sulla copertina della sua Weltwoche. E ancora: “La Cina è un’occasione, per la Svizzera, per tutto il mondo” (…) “Per la Svizzera ciò significa: ritorno alla neutralità” (Die Weltwoche, Nr. 36/2024, pag. 3). E mentre le forze armate cinesi si esercitano con quelle russe in Bielorussia e minacciano continuamente l’indipendenza di Taiwan, l’Udc da che parte si mette?
Questo articolo è stato pubblicato in francese sulla ‘Tribune de Genève’